Ottimo finale per questa serie, che per l'occasione abbandona in parte il canovaccio tenuto fin qua: il mondo reale irrompe nell'idillio impossibile dOttimo finale per questa serie, che per l'occasione abbandona in parte il canovaccio tenuto fin qua: il mondo reale irrompe nell'idillio impossibile della nostra coppia di investigatori clandestini, e lo fa sotto forma di OVRA con un'offerta che non si può rifiutare (letteralmente, perché se sei fascista accetti felice, se ti tiri indietro vuol dire che hai qualcosa da nascondere...).
Abbiamo l'OVRA che incalza, e le maglie della sua rete si stringono sui nostri (anche se non per i motivi che si sarebbero potuti supporre), abbiamo un matrimonio ormai in arrivo (e con un Corrado che malgrado sia un tontolone e un fascista e non sia Sebastiano, ogni volta che parla è una badilata di sensi di colpa nello stomaco di Anita). L'orologio ticchetta, che noi lettori sappiamo cosa sta per arrivare per tutti quanti.
E alla fine si arriva all'unico epilogo possibile, la via d'uscita da questi vicoli ciechi in cui si gira da un bel po'.
Solo che qualcuno decide di fare una mossa a sorpresa, difficile e dura, getta via la pelle del lupo e combatte come può, con le armi rimaste a disposizione finché la situazione non precipita, e con armi anche più convenzionali dopo, quando inizia la guerra.
Alla fine il cerchio si chiude, con personaggi ormai molto diversi non solo da quando abbiamo iniziato il camino, ma anche tra la fine della storia negli anni 30 e l'epilogo, con un decennio trascorso nel frattempo, un decennio di vita, di guerre, di fughe e di morte.
Non so se mi sia piaciuto totalmente questo finale, avrei preferito forse una decisione diversa alla macchina (più che altro per l'espediente successivo dei mega riassuntoni) ma ho passato due mattine e una sera a leggere fregandomene di tutto il resto, e ora mi ritrovo di nuovo tristemente orfano delle serie della Basso, quindi direi che chissenefrega del riassuntone. La gioia del pugno sul naso (chi sa, sa) e la bruschetta nell'occhio nel finale sono tutto quel che c'è da dire....more
Una classica storia di Alice Basso, con le atmosfere ormai classiche di Anita: divertente, piena zeppa di riferimenti letterari, e pronta a mostrarci Una classica storia di Alice Basso, con le atmosfere ormai classiche di Anita: divertente, piena zeppa di riferimenti letterari, e pronta a mostrarci alcuni aspetti della Torino e dell'Italia degli anni trenta.
Nello specifico, come venivano viste le persone omosessuali dal regime (un indizio: non benissimo...) e il ruolo di Torino nell'industria cinematografica italiana degli albori.
E qui cade la mascella per lo stupore: e chi lo sapeva... anzi no, chi anche solo avrebbe potuto immaginare che allora, prima di Roma e di Cinecittà, ci fosse Torino, piena di teatri e di palazzoni di vetro appositamente creati per le riprese? E insieme alla Torino cinematografica che fu, seguiamo anche il mutare, l'evolversi del cinema. Dal muto al sonoro, e poi la migrazione verso Roma tra i flussi di denaro e le preferenze del regime. I mutamenti imposti alle tematiche e ai tipi di film prodotti. Il ruolo delle stelle del cinema, come la persona veniva identificata coi ruoli sempre uguali e doveva interpretarli anche nel privato, sempre restare in personaggio. E come veniva visto il mestiere scandaloso e irritante dell'attore o dell'attrice, dalle masse. Come il cinema attirava certa parte della popolazione e meno l'altra.
E poi c'è la storia. Le storie. Il giallo di questo libro, cioè la morte del regista, tra sospetti, indagini e misteri. La parte più debole probabilmente, un po' perché le ipotesi create dalla coppia di investigatori non convincono mai appieno, un po' perché risulta molto più improbabile che in passato il loro triplo interrogatorio con tutte le scoperte che fanno. Prima del Deus ex machina finale.
Come sempre la macrostoria è più interessante. Si tira avanti da tempo con una spada di Damocle a forma di abito da sposa sulla testa, e per tutto il libro si ha la sensazione che, visto il calendario che scorre, nel prossimo volume la cosa andrà affrontata (mentre si cerca di evitare possibili spie del regime, e ci si chiede come potranno risolvere la spinosa situazione delle rispettive relazioni Anita e Sebastiano). E nel finale invece arriva lo schiaffone che mette la cosa al centro fin da ora, anticipato in qualche modo dal trip onirico di Anita a inizio libro. Il tempo è sempre meno ora, l'unica soluzione valida potrebbe essere che Mavi lasci di sua spontanea volontà Sebastiano per gettarsi su Corrado, ma la cosa appare impossibile per il personaggio (e non ne avrebbe motivo, se non magari per fare un piacere al fidanzato riluttante?). A meno di aspettare un'ipotetica morte in guerra per Corrado che liberi la vedova Anita, e Mavi boh però...
Unico difetto reale del libro, i riassuntoni dei libri precedenti, che sono troppo lunghi, troppo ripetitivi e portano via troppo spazio e tempo....more
Prosegue la storia di Anita Bo e del microcosmo che la circonda: Clara e Candida, Corrado, Sebastiano e Julian, John Dorcas Smith.
Abbiamo una storia pProsegue la storia di Anita Bo e del microcosmo che la circonda: Clara e Candida, Corrado, Sebastiano e Julian, John Dorcas Smith.
Abbiamo una storia più cupa e angosciante rispetto a quella del primo volume, visto che Anite non affronta un "cold case" risalente alla fine della guerra, ma un caso fresco fresco, che coinvolge Sebastiano (presente alla cena durante la quale si scopre la morte della ragazza) ma anche Candida (patrona all'ONMI, dove viveva la ragazza e che quindi la conosceva).
Abbiamo nuovi personaggi che entrano nel cast, come la domestica di Candida, Arcangela, o l'amica della vittima, Diana, anche lei ospite dell'ONMI e anche lei, come Clara e Anita, sveglia, furba e intelligente. Paradossalmente si vede pochissimo Corrado, che incombe più che altro come un cupo, benevolo e ineluttabile futuro (ora distante quattro soli mesi) corredato da suocera apparentemente insopportabile e sei futuri rampolli.
Si vede pochissimo Corrado ma si sentono potenti gli echi di quanto accaduto alla fine del primo libro, quel bacio fugace che cambia tutto, sconvolge i due protagonisti e li mette in enorme crisi: perché non si può, perché sono entrambi impegnati, perché Corrado è troppo bravo perché Anita possa anche solo pensare di volergli male, perché anche la figlia di Bonatti è un angelo e ogni volta che la vediamo è intenta a comportarsi benissimo. E perché Bonatti ha più o meno velatamente promesso sangue e dolore se qualcosa con le fattezze di Anita dovesse intromettersi tra la figlia e il promesso sposo, sia per Anita che per la sua famiglia, che per Sebastiano, la rivista Saturnalia e il padre ribelle di lui. Si apre uno spiraglio per una risoluzione pacifica grazie al cognome di Sebastiano, ma vedremo.
Intanto però buona parte del tempo è passata a struggersi per questo sentimento che non deve essere concepito, immaginato, pensato, visualizzato, sia da parte di Anita che da parte di Sabastiano. Ma nessuno dei due può resistere a quel che prova, non più di quanto nessuno dei due possa resistere al desiderio di continuare a scrivere come J. D. Smith e a risolvere casi reali che non possono ottenere la giustizia che meriterebbero.
E francamente dopo un po' questa parte mi ha un po' annoiato, lo ammetto, per quanto come sempre lo stile dell'autrice permetta di reprimere agevolmente il fastidio grazie a una risata.
La storia vera e propria invece è più cupa, dicevo, perché tira in ballo cose brutte. Le ragazze nelle case di tolleranza, l'istituto stesso delle case chiuse, l'ONMI (l'organo fascista che si occupava di prendersi cura delle giovani madri non sposate o in situazioni difficili... solo che la realtà era assai più brutta di quel che si potrebbe pensare). Violenze e soprusi, contornati da una patina di indifferenza e di pregiudizio che rendono impossibile non tanto lo scoprire la verità quanto il portarla in tribunale, l'ottenere giustizia per due povere vittime, due amiche decise a tutto per proteggere l'altra.
Una bella storia che scorre via anche troppo veloce, un'altra pagina della nostra storia "dimenticata" o "annacquata" nella memoria collettiva, nuovi autori americani degli anni venti e trenta da segnare (e Alice Basso mi sta facendo appassionare alla storia della letteratura gialla di quel periodo in America... complimenti!) ...more
Questo libro aveva tutti gli elementi per potermi piacere molto: ambientato nella Chicago di inizi novecento (e con alle spalle una discreta mole di lQuesto libro aveva tutti gli elementi per potermi piacere molto: ambientato nella Chicago di inizi novecento (e con alle spalle una discreta mole di lavoro di ricerca), focalizzato sul grande parco divertimenti e sugli emarginati (gli zingari, gli italiani, i polacchi, i vagabondi che lavorano nei parchi, le persone di colore). C'è un serial killer che caccia ragazzine (e chiaramente all'epoca non era neanche facile che si scoprisse l'esistenza di un serial killer...), c'è una protagonista che vive nel circo travestita da ragazzo, visto che è più sicuro così. C'è una discreta attenzione per il mondo del cinema.
Però quel qualcosa che deve scattare, non è scattato.
Sarà che non conoscevo i riferimenti reali inseriti nel libro (la mafia della Mano Nera, la figura di Henry Darger... alla fine pure Chaplin lo conosco giusto di fama, non mi ha mai interessato particolarmente la sua vita). Sarà che l'alternanza saltuaria dei punti di vista, senza indicazioni riguardo all'identità del pov in questione, per quanto sicuramente funzionale alla storia e al mantenere l'alone di mistero sull'identità dell'assassino, ha però generato un'enorme confusione, quando comparivano determinati capitoli, che trasudavano malattia e pazzia. Ripeto, capisco che fosse necessario per tenere tutto in bilico e non far capire subito chi fosse il colpevole e chi invece non lo fosse, ma il risultato è stato troppo confusionario per essere apprezzato.
E poi, insomma, sempre il solito clichè, la solita storia trita e ritrita: se sei un ragazzino o una ragazzina, e incappi in qualche prova di un reato, chiaramente non andrai mai e poi mai dalla polizia o da adulti di riferimento: farai tutto da solo, anche se appartieni letteralmente al gruppo di prede dell'assassino. Perché mai andare a parlare con la polizia (per la quale anzi nutre un viscerale odio, senza motivazione alcuna che sia indicata) quando vede sparire una bambina? Molto meglio aspettare a lungo, provare a sentire chi lavorava lì (e che fra migliaia di persone ovviamente non avrà visto nulla) e perdere così tempo. Perché parlare con la polizia del sedicente investigatore che ti avvicina in modo sospetto per indagare insieme a te su questi casi? Del resto è una persona chiaramente affidabile, no? Perché parlare con la polizia, portargli le prove trovate o portarli dal colpevole direttamente, quando puoi usare te stesso come esca sperando che un pazzo piccolino e magrolino si ricordi di aiutarti e riesca a sopraffare lo scafato e pericoloso omicida?
Insomma, il vecchio difetto del genere, a metà tra sfiducia generazionale, testardaggine e idiozia. Che poi, Pin e la madre sono andati al parco divertimenti per scappare dopo dei casini successi nel quartiere siciliano, con la madre che ha reso la figlia un figlio per evitare di essere riconosciuti, per sicurezza. Quindi qualcuno li doveva star cercando, magari c'entrava la mafia (il quartiere era preda loro, il marito che forse è morto e forse se ne è andato ma che di sicuro era cattivo magari era nella mafia...). Ma non viene mai spiegato il perché fossero in incognito con nuovi nomi e cognomi, e alla fine ok, Pin torna una ragazza (ma tiene il cognome finto? Capisco fosse il 1915, ma per andare a scuola non servivano comunque dei documenti?) Tutto sparito, bah.
Un libro carino, anche se molto, troppo caotico. Belle e disturbanti l'ambientazione e l'atmosfera, ma c'è anche qualche buco di trama che infastidisce non poco....more
Ho riletto il libro a due anni di distanza, prima di leggere il seguito e di comprarmi il terzo volume in uscita in questo giornSeconda lettura (2022)
Ho riletto il libro a due anni di distanza, prima di leggere il seguito e di comprarmi il terzo volume in uscita in questo giorni, più o meno.
Che dire? Confermo in pieno le impressioni d'estate dalla prima lettura. Adoro lo stile di Alice Basso, anche se ci mettiamo un poco a calarci nella narrazione accompagnati da questa voce moderna che però segue e ci illustra le vicende di una ventenne del 1935, con commenti moderni che quasi stonerebbero, con un altro scrittore e un altro registro stilistico.
E invece. Si ride, ci si appassiona al poco che succede (visto che si legge non tanto per il "caso" in sé quanto per Anita e tutto ciò che le gira intorno... così come accadeva con la Vani e il suo commissario, no?), si scoprono o riscoprono o rileggono cose che succedevano all'epoca.
E si apprezza la finezza della Basso nello scegliere l'anno in cui ambientare la storia, scelta che giustifica in calce alla storia. Un periodo in cui la situazione era già bigia, ma c'era una sorta di patina di rispettabilità, di possibilismo, di attesa quasi. Sia da parte dei cittadini che da parte del mondo esterno. Una situazione in cui era meno scontato vedere lontano, dove era più facile portarsi a credere a quel che veniva detto (rispetto a dopo, quando era magari più conveniente e sicuro, ma certamente meno facile bersi realmente determinate fandonie). La storia di ogni regime, o quasi: dalla presa del potere al cercare un'aria di rispettabilità e di approvazione con l'estero, al gettare la maschera mostrando il vero vento, alla fine inevitabile.
E ora, sotto con il secondo libro!
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Alice Basso ha colpito ancora.
Dopo aver chiuso la serie di Vani Sarca, ecco una nuova serie, simile e al tempo stesso diversa da quella della Ghostwriter che tanto abbiamo amato.
Simile perché la protagonista è sempre una ragazza un po' ribelle, perché l'ambientazione è Torino e come luogo di lavoro abbiamo una casa editoriale, simile perché i richiami ai gialli dei tempi che furono abbondano pure qui.
Ma diversa: Anita Bo non è Vani Sarca, è una bellissima ragazza di famiglia borghese, non è particolarmente intelligente o istruita ma è furba e astuta, e fin da piccola ha capito di poter usare la propria bellezza come uno scudo e un'arma, sfruttando i preconcetti della gente che per il suo aspetto la ritiene un'oca stupida e incapace di pensare. La Torino in cui si muove non è la Torino dei giorni nostri ma quella del 1935, una Torino che si ritrova sotto il fascismo e sotto le sue leggi. Il lavoro di Anita non è quello di scrittrice: è una dattilografa, uno dei pochi lavori reali per le ragazze istruite dell'epoca.
Questa nuova eroina è quindi bella ma non geniale -questa parte spetta alla sua amica Clara, che immagino avrà più spazio nei prossimi libri- ma è mossa da un innato senso di giustizia, oltre che a essere gravata da una lingua lunga e da un carattere impulsivo. Tutte caratteristiche che la portano a non essere particolarmente convinta dal fascismo, e a bloccare il fidanzato quando comincia a parlare di matrimonio. Un matrimonio che, all'epoca, significava la fine della vita della ragazza, l'essere rinchiusa in casa a sfornare prole da educare secondo i dettami fascisti. Lei invece decide di voler lavorare, almeno per qualche mese. Di godersi la libertà prima di infilarsi nella gabbia.
E si ritrova a fare la dattilografa per una rivista che pubblica gialli americani, oltre alle storie brutte di un ispettore italiano e fascistissimo.
La trama stenta a decollare in questo primo libro perché soffocata dalla Torino degli anni '30, dalla situazione sociale e politica che la Basso dipinge per i lettori, e dai protagonisti. Anita e Sebastiano, lo scrittore-traduttore, ma francamente la cosa non infastidisce per niente.
C'è un po' di prevedibilità in certe situazioni (tendenzialmente riguardanti Sebastiano), e la rivelazione finale avviene un po' troppo grazie a un deus ex-machina, ma nel complesso un buonissimo inizio per questa nuova serie. Ma del resto, così come per la Vani, la forza di questi libri non è la trama verticale del singolo "caso" in esame: è l'ambientazione, sono i personaggi, è lo stile ironico e fresco dell'autrice. E queste cose sono presenti con abbondanza in queste pagine.
L'unico vero difetto del libro è che il prossimo immagino arriverà tra un annetto......more
Si tratta di un romanzo storico, ambientato a Siena a metà del 1300. La storia si svolge nello Spedale di Santa Maria della Scala, dove i frati guidatiSi tratta di un romanzo storico, ambientato a Siena a metà del 1300. La storia si svolge nello Spedale di Santa Maria della Scala, dove i frati guidati dal camerlengo Gualtiero (a causa di un infortunio occorso al rettore, in visita a una fattoria fuori città con il suo secondo) devono fronteggiare una serie di eventi misteriosi e orrendi: apparizioni che predicono l’inferno, acqua che si trasforma in sangue, bracieri che esplodono e per finire l’omicidio di una bambina durante la Sacra Rappresentazione della Natività.
Questa trama si intreccia con un prologo ambientato nel passato, e con la storia di un fabbro di San Gimignano alla ricerca disperata di vendetta contro l’assassino di sua figlia, e mostra sullo sfondo la campagna senese del 1300, i giochi di potere tra Siena e Firenze, le politiche dei frati, i romei in pellegrinaggio verso Roma e i ricchi mercanti in giro per la Toscana.
L’ambientazione è affascinante, e non mi è certo dispiaciuto ritrovare tra i personaggi un mercante di Altopascio, Lucca. Però il senso del titolo acquista significato solo a metà libro, il prologo negli ultimi capitoli, e sopratutto la storia intrecciata con la vicenda principale, per quanto abbia senso alla fine, lascia molto interdetti: non ci sono modi di intuire o capire in anticipo qualcosa, non vengono forniti tasselli per poter partecipare attivamente al romanzo. Dobbiamo limitarci a leggere, anche se la lettura della prima metà del libro è puramente descrittiva dell’ambientazione e solo gli intermezzi del fabbro danno un po’ di colore alla storia, portandoci lentamente verso il finale e l’unione delle due trame.
La trama del prologo invece è a sé stante, ha la sola utilità di distogliere l’attenzione intrecciando due vicende, una la principale e più importante, l’altra di contorno per dare senso a più di metà romanzo e per allungare la seconda parte.
Non è scritto male, ma buona parte del libro è ininfluente ai fini della storia… no, non mi è piaciuto....more