Una serie YA, il che potrebbe far storcere il naso a qualcuno, ma il modo originale col quale viene nOttimo finale di un'ottima serie di fantascienza.
Una serie YA, il che potrebbe far storcere il naso a qualcuno, ma il modo originale col quale viene narrata la vicenda facendoci vivere l'intera storia attraverso momenti ben precisi inquadrati da telecamere, trascritti da registrazioni audio o riportati su mail, chat e rapporti, fa passare il fattore età in secondo piano rispetto alla storia. Una storia che è partita piano nel primo volume, dandoci il tempo di ambientarci e di familiarizzare con lo stile degli autori; poi ha preso velocità nel secondo libro, collegando i fili e ampliando le prospettive. E ora arriva l'atteso capitolo finale, il ricongiungimento delle trame. La transizione dal gruppo di profughi in fuga al gruppo Iluminae conosciuto nei libri precedenti e che ha raccolto tutte queste "prove".
Molti momenti tragici, molte belle frasi a effetto. Alla fine questo terzo libro è stato meno cattivo di quanto non avessi temuto, ma va benissimo così, c'erano già stati fin troppi lutti nelle storie di Illuminae e Gemina.
Una serie che mi ha francamente stupito, con una signora trama degna di space opera più acclamate nascosta dietro a una stile unico, non vedo l'ora di leggere i prossimi libri di questa coppia di scrittori....more
Nota per il futuro: quando nei prossimi mesi mi verrà da andarci piano con i giudizi su dei libri "perché dopotutto sono degli esordi, alcuni errori sNota per il futuro: quando nei prossimi mesi mi verrà da andarci piano con i giudizi su dei libri "perché dopotutto sono degli esordi, alcuni errori sono normali, poi migliorerà" ricordarsi che questo libro, uscito nell'84, era il romanzo d'esordio di questo scrittore allora quarantunenne.
Un romanzo stilisticamente già perfetto, che racchiude tutto ciò che le opere successive avrebbero poi raccontato. La contea di Holt, la vita nei campi del Colorado, i rapporti umani in questa piccola cittadina rurale. E poi la mezza età e soprattutto la terza età viste non più come limitanti ma come una nuova possibilità di giovinezza, i legami emotivi sottili e spesso non manifesti. Il racconto di vite semplici e comuni, con le loro piccole straodinarietà.
Magari un po' più descrittivo di quanto non sarà in futuro, con una forma un po' particolare (l'intero libro è il racconto che ci fa Sanders Roscoe) che gli consente di narrare la storia di due famiglie, dagli albori della contea di Holt fino quasi alla contemporaneità.
Una storia più noir delle altre, incentrata sulla tragica e in qualche modo eroica figura di Edith Goodnough, una bella e gentile ragazza condannata dal senso del dovere e dall'affetto. Intorno a lei, il padre malvagio e dispotico, uscito dalle nebbie del far west; il fratello codardo e remissivo; e la famiglia dei Roscoe, vicini di fattoria, così strettamente intersecata con quella dei Goodnough.
Mentre sullo sfondo cresce e fiorisce Holt, dall'insediamento di fine ottocento fino alla città di allevatori e agricoltori degli anni settanta.
E non si può non sentirsi impotenti assieme ai Roscoe per il destino di Edith, per l'ingiustizia della vita. Così che quando Sanders si lascia scappare un "Ma non è giusto!" noi siamo Sanders, allibiti e indignati per quanto accaduto e per quanto ancora accadrà, e la risposta che gli dà il padre è la risposta che lo scrittore dà a noi lettori: "Certo che non è giusto. Niente in questa faccenda è giusto. La vita non lo è. E tutti i nostri pensieri su come dovrebbe essere non servono a un cavolo, a quanto pare. Tanto vale che tu lo sappia subito."...more
Mi sono avvicinato a questo libro con moltissimi dubbi, temendo di rimanerne deluso e non fidandomi troppo dell'entusiasmo diffuso di cui avevo letto.Mi sono avvicinato a questo libro con moltissimi dubbi, temendo di rimanerne deluso e non fidandomi troppo dell'entusiasmo diffuso di cui avevo letto.
Poi l'ho cominciato, e la domenica è volata con la sua lettura. Era semplicemente impossibile interrompere la lettura, il libro richiedeva di essere letto tutto d'un fiato e non succede spesso di venire intrappolati a questo modo in un libro.
La mia valutazione dipende anche da questo avermi catturato completamente, che mi ha fatto passare sopra a un paio di cose non troppo riuscite (qualche personaggio appena accennato e stereotipato, un cambio di registro totale tra la prima e la seconda metà) ma di importanza tutto sommato relativa.
Si intuisce un'ambientazione intrigante, anche se per ora l'unico luogo realmente approfondito è anche quello al centro del mistero. Molto buoni i personaggi cui sono stati dati una storia e una personalità, spesso dotati anche di un interessante conflitto tra buono e malvagio che si sublima nella figura del Massacratore di Dèi, ma anche di Nero o di Minya.
La prima parte è più prettamente fantasy, ma con un protagonista inatteso come Laszo, orfano addestrato dai monaci e poi divenuto bibliotecario, amante dei libri e delle storie, perso nei propri mondi privati e ossessionato dal mito dell'antica città di Pianto, e dalla magia di cui da piccolo aveva subito un assaggio. Una prima parte priva di grande azione ma molto interessante, dove alle parti relative a Laszo si intervallavano quelle di Sarai, che poco a poco ci facevano capire chi fossero lei e gli altri ragazzi, dove fossero, cosa fossero e cosa facessero lì dove si trovavano.
La seconda, una volta giunti alla città, vede passare in secondo piano rapidamente quanti avevano avuto un'importanza nella prima parte, per focalizzarsi solo sul mistero della città, sulla fortezza e soprattutto sul rapporto tra i due ragazzi: Sarai, infatti, scopre che quando visita i sogni di Laszo, lui la può vedere, cosa che non era mai successa. I due si incontrano così nei sogni, e se per il timido e imbranato Laszo è amore a prima vista, per la ragazza è un qualcosa nato lentamente grazie ai mondi meravigliosi che il ragazzo crea nel sogno.
Il colpo di scena finale non è una grandissima sorpresa, ma lascia una sensazione di rabbia, impotenza e impazienza per il seguito di questo libro. Oltre a una domanda, che Laszo stesso aveva già posto durante la storia: (view spoiler)[che è successo agli altri bimbi? Venivano controllati tutti per vedere se avessero il potere di Laszo, e quando l'hanno trovato lo hanno portato via, abbandonandolo evidentemente come orfano nelle terre degli umani. Perchè? E' stato voluto, o è stato l'uccello bianco? E agli altri che è successo, vista la loro assenza? Sono stati uccisi per alimentare in qualche modo la vita eterna dei loro genitori? O sono stati spediti nel luogo da cui questi sei provenivano? E che luogo è questo? (hide spoiler)]
Un libro enormemente migliore di quanto non mi aspettassi, una bellissima sorpresa....more
La conclusione della storia iniziata nel 2017: dopo sei mesi si scopre l'esito del bando e l'evoluzione che hanno avuto le vite dei ragazzi, ma anche La conclusione della storia iniziata nel 2017: dopo sei mesi si scopre l'esito del bando e l'evoluzione che hanno avuto le vite dei ragazzi, ma anche come sia diventato Calcare sotto la guida del Panda invece che dell'Armadillo.
Scopriamo cosa sono le Macerie e chi è il vecchio che ce la mostrate nel primo volume.
Ma soprattutto, come sempre, vediamo il mondo in cui viviamo. Un mondo che un tempo era pieno di promesse e che poi mostra un volto beffardo mentre schiaccia i sogni che ti ha portato a coltivare per anni. Un mondo che finisce con l'abbruttirti, che fa del suo peggio per renderti come lui. E in un mondo del genere, in un contesto del genere, in mezzo alle macerie delle nostre vite, devi avere la forza di tirare avanti. E amici intorno che ti aiutino a farlo.
Calcare ha davvero il dono di sbatterti in faccia la tua stessa realtà, in maniera concisa ed efficace. In poche vignette centra i temi meglio di come si potrebbe fare con interi capitoli di libri....more
Rilettura 2023: ero pronto a un giudizio un po' annacquato in seguito alla rilettura, come spesso succede rileggendo a distanza di anni. Invece no, mi Rilettura 2023: ero pronto a un giudizio un po' annacquato in seguito alla rilettura, come spesso succede rileggendo a distanza di anni. Invece no, mi ritrovo a confermare in blocco le sensazioni di allora e ad applaudire l'autrice.
-------
Un ottimo urban fantasy italiano, scritto da un'autrice italiana e ambientato nella provincia italiana. Una provincia fatta di pochi svaghi, poco lavoro, serate al pub con gli amici, sessioni di giochi di ruolo, musica rock e metal per sopportare tutto questo grigiore.
E in questa ambientazione "idilliaca", in questa Biveno che richiama un po' tutte le cittadine di provincia italiana, ci sono i vampiri.
Non sono caricature alla Twilight. Non sono adolescenti innamorati, non inseguono le gonnelle di qualche dura detective invischiata con l'occulto e il soprannaturale.
I vampiri sono quello che devono essere. Sono pescati dal folklore, dalla leggenda e dalla Bibbia vampiresca, il Dracula di Stoker. Sono creature dannate, tornati in vita dopo la morte e condannati a una sete perenne, sono cadaveri che ricordano la vita precedente e nei quali dimora una bestia che lotta costantemente per prendere il sopravvento. Sono anime in pena che cercano l'illusione della vita, sapendo di non potersi legare a nessuno, di essere ormai separati dal mondo dei viventi.
E le reazioni che leggiamo quando qualcuno scopre questa cosa, ecco, sono realistiche. Vere. Plausibili. Il primo contatto con l'incubo, con il terrore di una leggenda macraba divenuta realtà. Il panico, il terrore, la negazione. La cautela, la sfiducia.
Finalmente, aggiungerei.
E in più abbiamo riferimenti metal, sia nel testo (forse anche troppi, all'inizio) che in coda, sotto forma di playlist del libro; abbiamo un gruppo di amici che è anche party di D&D, al punto che a volte si chiamano con i nomi dei loro alter ego e pensano a cosa farebbero i loro personaggi (e se qualcuno pensa che sia un'esagerazione, non ha mai vissuto delle lunghe campagne di gioco di ruolo durate magari anni, crescendo con gli amici e con il proprio personaggio). E poi, ovviamente, c'è Mircalla.
Voglio una graphic novel su Mircalla.
Insomma, un ottimo libro, un urban fantasy sorprendente e maturo, dark come deve essere, ma divertente nelle dinamiche tra il protagonista e gli amici. Consigliatissimo!...more
Questo libro è una vera e propria mazzata. Il racconto dello stupro subito dall'autrice quando aveva diciotto anni, e delle sue successive battaglie.
LeQuesto libro è una vera e propria mazzata. Il racconto dello stupro subito dall'autrice quando aveva diciotto anni, e delle sue successive battaglie.
Le battaglie con chi le stava intorno, che la vedeva solo come quella dello stupro: tutti che parlavano di lei, tutti che le si avvicinavano come se la conoscessero, tutti che ne volevano un pezzo.
Le battaglie con chi le era vicino, e che non era in grado di aiutarla in questa situazione: dalle amiche imbarazzate alla surrealità della sua famiglia, che era sempre stata molto particolare e che lo era stata ancora di più in quest'occasione.
Le battaglie contro il suo stupratore: prima quella fisica nel primo capitolo, quando la ragazza viene malmenata, intimidita e stuprata; e poi quella giudiziaria, contro lui e contro i suoi avvocati. E qui, oltre all'orrore per l'accaduto e alla rabbi, proviamo incredulità, indignazione, disgusto. Il trattamento riservato alla ragazza stuprata è inqualificabile, e in questo caso viste le circostanze "fortunate" (aggressore di colore con precedenti, ragazza vergine vestita in maniera non provocante, studentessa di una buona università privata, prove tangibili della violenza fisica e della minaccia armata) aveva contro solamente gli avvocati difensori: la polizia, le giurie, i giudici sono dalla sua parte. E ugualmente non si può non essere nauseati dalle descrizioni delle udienze e delle testimonianze, dal suo essere messa sulla graticola, sotto torchio. Non si può non condividere il suo odio per l'uomo e per i suoi difensori. E vale la pena notare che questo non era dovuto al fatto che si parla di eventi di quasi quarant'anni fa, è quello che succede sempre, anche ora. Non per nulla, di solito le vittime non denunciano. E anche qui, nel libro, la polizia rimane sorpresa che Alice resista, che tiri avanti, che si presenti alle udienze e combatta in aula. La ammirano, la supportano, per loro è una sorta di eroina. E lo è.
Perché poi c'è la battaglia più difficile, quella con sé stessa. Inizialmente decide di mostrarsi forte, per le amiche e per i famigliari, per dimostrare che può sopravvivere, che è forte, che non si lascia abbattere da questo. Ma lo stupro, lo spettro di quello che è successo, è sempre con lei, la accompagna come un aura. Quando lo stupro non è richiamato da chi le sta intorno, è lei a richiamarlo. Pensa di aver superato la cosa, ma il danno è profondo, più di quanto possa immaginare. E passeranno molti anni prima che riesca a riconoscere questa sua condizione, passando da fasi in cui sembra aver superato tutto a fasi autodistruttive o di ricadute nel panico.
Un libro che devasta, che tiene incollati e che fa oggettivamente star male....more
Avevo altissime aspettative per questo libro, avendone bene o male sempre sentito parlare, e avendo visto la prima stagione della serie televisiva (deAvevo altissime aspettative per questo libro, avendone bene o male sempre sentito parlare, e avendo visto la prima stagione della serie televisiva (della quale, a quanto pare, ispira solo la prima stagione dato che questa copre l'intera durata del libro). E sono state soddisfatte tutte.
Lo stile, sopratutto all'inizio, è breve, secco, lapidario. Uno stile perfetto per aumentare il senso di claustrofobia che la protagonista, col suo racconto, ci fa provare.
Un racconto che è una sorta di confessione, un diario, le memorie di una donna senza nome (la conosceremo solo con il nome che in Galaad le hanno dato, Difred, cioè Di Fred, proprietà momentanea del Comandante Fred di cui è Ancella) che parte dal presente, dalla sua condizione e dalla condizione di tutte le donne in quella che un tempo era la sua America (ma anche la condizione degli uomini direi, non limitiamoci) arrivando a integrare la narrazione con i suoi ricordi del "prima", e proseguendo fino al convulso finale.
Un finale che a quanto leggo a molti non è piaciuto, ma che a me piace. D'effetto, e sopratutto non dà un finale alla storia di Difred. Non ne ha bisogno. Scopriremo nell'epilogo quel che probabilmente, a grandi linee, è successo. Ma non ha importanza. Perché Difred non è la protagonista reale del libro, è solo il tramite. La testimone che ci racconta quanto accaduto, che ci mette in guardia dal farlo accadere di nuovo, nella realtà.
Perché quando si esaminano i fatti, quando scorgiamo il "prima" nell'atto di divenire la distopia, notiamo richiami a più realtà attuali, a comportamenti sempre presenti, a stati d'animo celati ovunque. E quindi ci troviamo ad ammettere che si, è una distopia ma è ben riuscita, perché per assurdo sarebbe "possibile". Quanto potremmo essere vicini a una situazione di questo tipo, senza magari accorgercene?
Un'altra cosa che mi è piaciuta è che la protagonista, la nostra cronista, non è un'eroina. Non ha particolari qualità né intraprendenza né altro. L'intraprendenza è riversata su altri personaggi, gente tosta e testarda come Moira. Le qualità le hanno persone più decise, più granitiche. Lei è al centro della narrazione. Tiene il capo chinato per sopravvivere, è consapevole di aver scelto questa vita preferendola al confino nelle Colonie, che equivale a una condanna a morte. Non ha protestato attivamente quando c'è stato il cambiamento, non fa niente ora che il cambiamento è realtà. Non aiuta la Resistenza, non crede al nuovo sistema, si limita a cercare di sopravvivere in qualche modo, di garantirsi un futuro, di non pensare al vuoto dentro che la divora, un vuoto formato dalle perdite subite, dalla figlia strappatale di mano, dal marito ucciso dai soldati, dall'assenza di legami affettivi di un qualunque tipo in questa Galaad armata. E' una persona debole e quindi reale, credibile, tamente comune che è facile immaginarsi nei suoi panni, a compiere le stesse scelte, animati da debolissimi barlumi di speranza.
Dopo la meraviglia che era stata la lettura di Illuminae il grosso dubbio era: un seguito, che non avrà i soliti protagonisti del primo, strutturato aDopo la meraviglia che era stata la lettura di Illuminae il grosso dubbio era: un seguito, che non avrà i soliti protagonisti del primo, strutturato alla stessa maniera... potrà risultare altrettanto piacevole e impossibile da mettere via? O stancherà, ripetere il giochino?
La risposta è che no, non stanca. No, non importa se i personaggi sono differenti, se siamo in un altro posto e dobbiamo conoscere tutti dacccapo.
La storia va che è una bomba, si ricollega alla perfezione a quanto letto nel primo libro, lo amplia, porta avanti la trama complessiva. Ci fa conoscere la stazione spaziale Heimdall (nome appropriatissimo), e il wormhole che cela all'interno del suo anello. Un ponte tra sette punti differenti dell'universo, una stazione di passaggio creata attorno a un ripiegamento della realtà.
La stazione è l'unico collegamento tra l'universo comunemente raggiungibile e il sistema Kerenza, dove i superstiti del primo libro stanno viaggiando dopo aver sconfitto gli aggressori della BeiTech.
Di nuovo, protagonisti adolescenti. La figlia del comandante della stazione, in questo caso, e un ragazzo appartenente a una nota "famiglia" criminale sparpagliata nell'universo, residente semi-irregolare sulla stazione e spacciatore. Più la sua cugina, paralizzata, costretta a vivere su una sedia e genio informatico.
Prevedibile, visto il primo libro, che la BeiTech avrebbe mandato una squadra a intercettare i superstiti di Kerenza, e a sistemare eventuali testimoni. Il che significa impossessarsi di questa stazione spaziale, del suo wormhole ed evitare che qualcuno possa raccontare l'accaduto.
E niente, una volta che si comincia a leggere, si potrebbe andare avanti senza mai posare il libro. Lo stile è lo stesso del volume precedente, questa volta siamo a un processo e l'accusa mostra all'imputata (dirigente della BeiTech) i file Illuminae ricevuti e riguardanti questo "caso".
Più volte, mentre leggevo, ho pensato che questa serie praticamente è un "The Expanse" o un "Battlestar Galactica" in chiave young adult, e scritto in maniera originalissima, sperimentale. In certi punti, probabilmente, l'unico modo in cui poteva essere scritta questa storia....more
Harry sta crescendo, ora ha 13 anni, e con lui crescono le storie dei suoi libri. L'universo del ragazzo, finora circoscritto quasi esclusivamente allaHarry sta crescendo, ora ha 13 anni, e con lui crescono le storie dei suoi libri. L'universo del ragazzo, finora circoscritto quasi esclusivamente alla casa dei suoi zii durante le vacanze e alla scuola di Hogwarts il resto del tempo, con la stazione dei treni e Diagon Alley a fare da punto di contatto tra i due mondi, ora la visione si espande.
Abbiamo un Harry in grado di andarsene dalla casa dei suoi zii prendendo un misterioso bus magico notturno, il Nottetempo. Abbiamo il mondo magico e quello babbano in agitazione per l'evasione di un pericolosissimo ricercato, Sirius Black, fuggito dalla prigione di massima sicurezza di Azkaban e ritenuto il braccio destro di Voldemort in persona. Abbiamo il villaggio magico fuori dai confini di Hogwarts, abbiamo la Mappa del Malandrino che fa il paio con il Mantello dell'Invisibilità e fa da collegamento tra il presente e il passato.
Abbiamo Harry, Ron ed Hermione... e questo libro ci fornisce la visione di un altro gruppo di studenti del passato: Ramoso, Codaliscia, Lunastorta e Felpato.
E poi abbiamo finalmente un ottimo insegnante di Difesa dalle Arti Oscure, il professor Lupin, osteggiato da Piton il che ce lo rende subito più simpatico. Abbiamo un Piton sempre più odioso, irritante, rancoroso e invidioso. Abbiamo uno sconvolgente primo incontro con la preveggenza, scopriamo un nuovo oggetto magico.
E sopratutto, Harry (e noi) scopriamo che non sempre tutto può concludersi bene, non sempre i buoni vincono alla fine, non sempre la verità vince e tutto si aggiusta.
Un ottimo libro, ben organizzato, in cui tutto alla fine torna, ogni tessera cade al proprio posto e si vede che praticamente nessun accenno gettato lì con noncuranza nelle pagine del libro risulta essere fino a sé stesso, ma tutti sono indizi utili a scoprire qualcosa della trama....more
Un libro meraviglioso, leggendolo si capisce perché nel descriverlo si parli di capolavoro. E come tale risulta difficile scriverne qualche commento: gUn libro meraviglioso, leggendolo si capisce perché nel descriverlo si parli di capolavoro. E come tale risulta difficile scriverne qualche commento: gente più brava e più preparata di me ci ha scritto brani molto lunghi e dettagliati.
Posso solo dire che mi aspettavo che l'autore infierisse maggiormente sul povero Copperfield, mentre ho notato un accanimento particolare solo nell'infanzia, quando il bambino ne passa davvero di tutti i colori sperimentando praticamente ogni sorta di disagio, dalle violenze psicologiche alle punizioni fisiche, dal dolore della perdita dei propri cari e della separazione dalle persone che gli vogliono bene fino all'odio e all'indifferenza, il lavoro, la vita da solo, il venire truffato. Quando è un bambino, praticamente tutti gli adulti che incontra sono inferiori alle nostre aspettative, a parte giusto la famiglia di Peggotty: si va da adulti che lo truffano a adulti miseri che abusano della propria posizione per infierire sui bambini, da adulti che non osano fare più di tanto per aiutarlo a adulti che, dal basso della propria poca maturità, lo trattano come loro pari incapaci di vederne l'età.
Però questa fase di sfortuna costante termina con l'arrivo dalla zia, a quel punto direi che le sfortune che gli capitano (le sfortune amorose, lavorative, finanziarie) sono bene o male quelle che ci si può aspettare da un ragazzo sulla soglia dell'età adulta, e per di più protagonista di un libro. Eventualmente, chi in questi due terzi del libro soffre di più per la sfortuna sono quelli che gli stanno vicino, la famiglia di Peggotty e quella di Agnes, le vittime dei due grandi "cattivi" di questo libro.
Un libro lungo ma non peso, che cattura e trascina nell'Inghilterra del diciannovesimo secolo, affascinandoci con la difficile vita dell'epoca. E con personaggi che ci sembrano vivi e reali: David, Peggotty, il signor Peggotty, Dora che spesso ci fa irritare ma che alla fine non possiamo non guardare con tenerezza, Agnes, Steerforth che ammiriamo ma sempre con una punta d'inquietudine, Micawber di cui diffidiamo ma che riesce sempre a salvarsi sia dai problemi finanziari e morali, che dal nostro giudizio, la zia Betsy, i fratelli Murdstone, Traddles... alla fine ci sembra di conoscerli, di aver vissuto con loro. Timmy con la sua capigliatura ribelle e la sua devozione per Sophie, ricambiata, e le sue invadenti sorelle; Dora con il suo amato cagnolino e la sua fragilità; Agnes, la pietra sulla quale si fonda la crescita di David; Uriah Heep e la sua viscida umiltà, la sua ambizione, il suo odio verso chi avverte come suo superiore o come un ostacolo per i suoi obbiettivi; la tragica storia di Emily, Ham e del signor Peggotty, una delle figure più nobili e ammirevoli di sempre. E ancora la rigida zia Betsy che si scioglie per questo nipote che non ha mai visto, e che ne esce con la vita completamente cambiata; e si potrebbe andare avanti per ore.
Capita, a volte, di leggere un libro in un determinato momento che fa risuonare magari con maggiore clamore certe corde che il testo va a pizzicare.
PeCapita, a volte, di leggere un libro in un determinato momento che fa risuonare magari con maggiore clamore certe corde che il testo va a pizzicare.
Per quanto mi riguarda, probabilmente con 4321 è successa proprio la stessa cosa. Altrimenti non mi spiego il modo assoluto con il quale il libro mi ha preso, mi ha catturato, mi ha stregato. Evidentemente lo sentivo risuonare in me, me lo avvertivo vicino, mi parlava fitto. Non lo so.
So che l'ho adorato.
E' la storia di Archie Ferguson, un ragazzo ebreo americano nato nell'immediato dopoguerra. Anzi, le storie, perché dopo il prologo in comune, che ci racconta la storia di Ferguson (come lo chiama l'autore) prima di Ferguson, dal nonno arrivato dall'Europa fino alla nascita di questo bambino.
E dopo... dopo, c'è il racconto della vita successiva di questo bambino, questo Archie Ferguson. Declinata in quattro diverse varianti, quattro modi diversi in cui le cose sarebbero potute andare partendo da quella base comune, cambiando qualche dettaglio. Principalmente a cambiare sono i dettagli intorno a Archie: la fortuna o meno del negozio paterno, i rapporti della sua famiglia con gli zii, le persone che gli girano intorno.
Partendo da questa base e da queste premesse mutate, le vite dei quattro Archie (1, 2, 3 e 4) si differenziano parecchio su tutti i piani. Il piano economico, che vede oscillare i ragazzi tra il ricco e il "al lavoro per pagarmi gli studi"; il piano scolastico, con diversi college; il piano sportivo, con la passione per l'attività fisica che si traduce in modo diverso nelle quatro vite parallele; il piano famigliare, con le modifiche della famiglia stretta e allargata; il piano affettivo, con le diverse esperienze che i quattro fanno (pur unite tutte da un unico filo conduttore, la ragazza che compare sempre). Con il finale che tira tutti i fili e dà un senso più alto a tutta l'opera, facendo venire voglia di rileggerla daccapo, subito.
Un libro che è un romanzo di formazione multiplo, che attraverso quattro diverse sfaccettature ci mostra l'America degli anni sessanta con le sue divisioni, le sue lotte e la sue fragilità. Ed è al tempo stesso un inestimabile viaggio nella cultura, con i quattro Archie che ricevono istruzioni simili ma differenti, e così facendo ci elargiscono una lista enorme di artisti e libri da recuperare, ascoltare, osservare, leggere. Andrebbe stilata, questa lista. Magari poi lo faccio.
Comunque, per quanto mi riguarda è un libro splendido, nel caso non si fosse capito. Per quello per trasmette, per la sua struttura (e il male che fa all'inizio quella pagina vuota!), per l'abbondanza che permea ogni sua pagina e che cerca quasi di strabordare....more
Più di cinquanta anni fa, Matheson immaginò che per una stranissima e unica serie di circostanze, Scott Carey (un uomo qualunqueUn libro sorprendente.
Più di cinquanta anni fa, Matheson immaginò che per una stranissima e unica serie di circostanze, Scott Carey (un uomo qualunque, sposato, con una bambina piccola, appena trasferitosi per andare a lavorare nella ditta del fratello) avesse contratto una malattia sorprendente: ogni giorno rimpiccioliva di tre millimetri. Un'inezia, un cambiamento praticamente impercettibile all'inizio, dall'alto del suo metro e novanta.
Ma il tempo passa. La somma di tanti cambiamenti impercettibili diventa un insieme percettibile, il metro e novanta si riduce al metro e settanta della moglie, poi cala ulteriormente, inesorabilmente. Le visite mediche, costose e specialistiche, non ottengono risultati, non trovano niente.
E noi seguiamo sia le "avventure" finali di uno Scott agli ultimi giorni di esistenza, quando è ormai alto meno di due centimetri, con il conto alla rovescia per gli "zero millimetri" che accompagna la sua esistenza clandestina nel suo stesso seminterrato, nascosto alla sua vecchia famiglia, cibandosi dei resti del cibo che si era portato dietro, bevendo da un ditale l'acqua che cade dallo scaldabagno, vestito di frammenti di tela e in lotta con la spaventosa tarantola che vive dall'altra parte della stanza, un nemico ormai grande quanto lui, implacabile e feroce. Una parte che sa di Gulliver e di Robinson Crusue, oltre che di infinite opere successive a questo libro. L'ingegno umano, la determinazione alla sopravvivenza malgrado tutto e tutti, la trasformazione di un ambiente comune in una giungla piena di pericoli e di sfide mortali, come il salire sul tavolo di vimini armato solo dei propri arti, di un po' di filo e di una scheggia di legno.
Ma seguiamo anche, contemporaneamente, la discesa verso gli inferi di Scott, il suo crollo mentale parallelo alla perdita di altezza e di dimensioni. I suoi valori messi in discussione, il suo stesso sé posto in dubbio, quando diventa prima alto quanto la moglie e poi sempre più piccolo. L'odio per gli sguardi di pietà, la rabbia cieca rivolta verso chiunque gli sia vicino. Il rapporto ormai impossibile con la figlioletta di cinque anni, una volta che questa sarà diventata più grande di lui. Il rapporto devastante con la propria sessualità, un uomo adulto e maturo rinchiuso in un corpo che a un certo punto diventa quello di un ragazzo, di un adolescente, di un bambino. Di un nano, di un lillipuziano da far vivere in una casa delle bambole. La consapevolezza di non poter più svolgere nessuno dei ruoli che sentiva come suoi: marito (come considerarsi un marito, se la moglie è grande il doppio di te e ti fa da mamma guardandoti con rassegnazione mista a pietà?), padre (che autorità ha per una bambina un padre dalla voce debole, alto quanto lei se non meno? Un padre giocattolo?), fonte di reddito (non può più lavorare, la sua ira crescente prima ancora delle dimensioni lo mette in chiaro. E il suo rapporto con la stampa varia continuamente dal rifiuto di venire messo in mostra come un fenomeno da baraccone, alla cupa accettazione di contratti per sfamare la famiglia e pagare le spese mediche).
Scott è un uomo qualunque, senza grandi qualità morali, ma questo rende solo più avvincente il libro visto che Scott, probabilmente, saremmo tutti noi. E' l'uomo comune buttato in un incubo kafkiano, gettato nell'orrore, alle prese con il disfacimento del proprio corpo e del proprio io.
E alla fine, la somma di tutte le esperienze passate si traduce nello scontro con il ragno, negli ultimi giorni di esistenza di Scott. Il ragno che da sempre, durante la sua reclusione nello scantinato, è stato un pericolo mortale, la sua nemesi, il suo incubo. Il ragno che alla fine capisce di dovere affrontare, per sopravvivere, per raggiungere il cibo, per la sua sicurezza, ma anche per sé stesso, per provarsi umano, per sconfiggere le proprie paure e maturare.
Un libro davvero emozionante, scritto benissimo....more
Si comincia a leggere questo libro venendo introdotti nella Polonia di fine ottocento e facendo la conoscenza dei fratelli Ashkenazi, i due gemelli SiSi comincia a leggere questo libro venendo introdotti nella Polonia di fine ottocento e facendo la conoscenza dei fratelli Ashkenazi, i due gemelli Simcha Meyer e Jacob Bunim. Il primo, il maggiore, intelligentissimo e scaltro ma gracile di fisico e maledetto da un'indole rancorosa e invidiosa; il secondo, più giovane di pochi minuti, grande e grosso, di indole bonaria, sempre allegro, baciato dalla fortuna ma privo di particolare intelligenza.
Alla loro nascita, il rabbino del loro devoto padre predisse per loro che sarebbero stati enormemente ricchi, gettando il pover'uomo nel panico visto che non aveva parlato affatto di devozione. E la profezia si avvererà pienamente visto che entrambi si allontaneranno sempre più dai rigidi dettami ortodossi della religione, diventando al contempo tra le persone più ricche di Lodz.
Simcha lavorando duramente, sfruttando la propria intelligenza e il fiuto per gli affari, saltando da un ramo all'altro, migliorando continuamente la propria posizione sociale ed economica, conquistando fortune e innovando l'industria, fino a possedere una delle più grandi fabbriche tessili della città. Il fratello ottiene lo stesso senza il minimo sforzo, passando da una relazione all'altra, con donne che lo sommergono di soldi, aiutato in tutto dal proprio aspetto e dalla propria giovialità.
Simcha lo vediamo sempre divorato da una fame insaziabile che lo spinge ad andare continuamente avanti, a volere di più. E roso dall'odio per il fratello che ottiene tutto senza sforzo. Jacob invece è buono, non coltiva particolare odio, l'unico risentimento che segna profondamente la sua esistenza sembra essere il fatto che il fratello abbia sposato Dinah, la ragazza che lui in gioventù amava e che lo amava a sua volta. Ma le tradizioni erano queste, e tutti ne erano bene o male vittime.
La storia dei fratelli, che in realtà sarebbe più che altro la storia di Simcha, è però solo il racconto che ci accompagna per parecchi decenni a Lodz, in Polonia, in Russia.
La maestosità di questo libro, oltre all'ottimo lavoro svolto sui personaggi e alle avventure imprenditoriali del protagonista, è dato dal contorno. Assistiamo alla condizione dei lavoratori del tessile nella neonata industria tessile cittadina, e alla sua evoluzione mentre Lodz diventa il cuore pulsante dell'industria polacca e russa. Vediamo i primi scioperi e le proteste dei movimenti operai marxisti, le dure repressioni russe a suon di cosacchi. E poi la guerra, la rivoluzione russa, l'invasione tedesca, la completa incertezza su chi governi cosa, sul ruolo dei polacchi all'interno della loro stessa nazione. Un quadro perfetto del passaggio all'epoca industriale nell'europa dell'est.
Condito, impreziosito da un altro aspetto: la condizione degli ebrei PRIMA del nazismo. Il modo in cui erano trattati, prima e dopo la rivoluzione industriale e la nascita della classe borghese industriale. La rabbia del popolo che, in condizioni estreme, veniva dirottata e indirizzata contro gli ebrei, da sempre vissuti al loro fianco ma da sempre corpo estraneo, con le loro tradizioni, i loro costumi, la loro religione, la loro lingua. E ora, i loro soldi, nei casi di borghesi industriali come i fratelli Ashkenazi. I pogrom, periodici e devastanti, di inaudita violenza, insensati e terrificanti.
E ancora, lo scontro generazionale, le differenze e le battaglie tra padri e figli. Una lotta perpetua e immutabile, che si verifica sia tra la generazione dei due fratelli e i loro genitori, che tra la loro generazione e i loro stessi figli. Padri devoti e rispettosi delle tradizioni, che si ritrovano figli che invece si allontano da tutto questo, vivendo con più leggerezza la religione e desiderando vite più simile a quelle dei gentili; padri che hanno creato imperi industriali dedicando le loro vite al lavoro, con figli che invece sono solo abituati a spendere, non hanno mai sopportato ristrettezze economiche e non hanno intenzione di lavorare; gente nata con solidi principi morali e telai a mano, ora costretta a fronteggiare un mondo a vapore governato dalla moralità del denaro.
E in tutto questo, mentre si profila il miraggio della nazione in Palestina per gli ebrei che vogliano fuggire dalle loro case, c'è tempo anche per mostrarci tutta l'evoluzione morale e psicologica di Simcha, irriconoscibile nei capitoli finali, dopo tutte le esperienze vissute. Ma anche l'evoluzione di Nissan, il figlio del rabbino divenuto marxista convinto e tradito più volte dai compagni, quando con i pogrom e quando con la distorsione del significato stesso della rivoluzione.
Una storia quasi epica, in un mondo di cui si parla troppo poco....more
Whitehead racconta l'America di metà ottocento con crudezza e realismo, dando voce a una parte della stoUn libro che ha fatto scalpore, e giustamente.
Whitehead racconta l'America di metà ottocento con crudezza e realismo, dando voce a una parte della storia americana che si tende a voler dimenticare. E portando alla luce fatti che invece, almeno qua, proprio quasi non si sanno.
E nel farlo utilizza un elemento fantastico dando una forma fisica alla "Ferrovia sotterranea", la rete segreta di abolizionisti che sfidava leggi e persecuzioni per aiutare gli schiavi del sud a fuggire verso gli Stati Liberi. E che qui diventa una vera ferrovia sotterranea, con treni dei tipi più disparati che sfrecciano nell'oscurità in tunnel infiniti scavati da persone sconosciute. L'unica speranza degli schiavi è questa rete, ma se nella realtà questa ferrovia era una serie di luoghi sicuri dove rifugiarsi durante la fuga, persone disposte ad aiutare e contatti per agevolare il tutto, qui diventano persone, capistazione, che hanno costruito una stazione sotto la propria casa, che tengono nascosti gli schiavi fuggiaschi fino al momento dell'arrivo del treno, che non si sa mai dove vada o da dove provenga.
E la Ferrovia, con i suoi viaggi al buio, le sue stazioni, i suoi pericoli e le sue fughe, è il modo col quale l'autore ci mostra le differenze tra gli Stati.
Si parte dalla Georgia, dove Cora è nata (così come sua madre, mentre la nonna invece era arrivata via nave, rapita dai negrieri in Africa) e vive lavorando in una piantagione di cotone. La dura vita dei campi, i soprusi del padrone, dei guardiani, degli altri schiavi. La promessa delle punizioni, la minaccia della morte.
E poi la Carolina del sud, il sogno dell'integrazione, lo Stato che si occupa di tutti loro e gli trova lavoro. Ma sotto la patina di civiltà e progresso, vediamo Cora esposta meschinamente dietro il vetro del museo, vediamo il rigido controllo tenuto dai bianchi sul ghetto nero, vediamo il progetto di eugenetica nascere (e ancora, all'epoca, era volontario... in futuro le sterilizzazioni sarebbero divenute coatte, obbligatorie, decise dai rappresentanti governativi).
La Carolina del nord, con le nuove leggi razziali appena approvate, i linciaggi, l'esibizione della violenza. La gente mossa prima dal terrore di una rivolta degli schiavi, e successivamente timorosa del vicino, del famigliare, di una denuncia più o meno anonima che li possa rovinare. La strada della libertà, costeggiata da file di schiavi impiccati. L'esecuzione settimanale e le ronde.
L'Indiana, con la promessa di libertà, di riscatto. Ma sempre, sullo sfondo, la marea bianca armata di forche, fucili e fiaccole, timorosi che gli schiavi prendano coscienza di sé e alzino la testa.
E a vagare per questi Stati, queste stazioni, Cora e i suoi occasionali compagni di viaggio. E dietro di lei, sempre, il cacciatore di schiavi, Ridgeway, ossessionato dalla figlia dell'unica schiava che gli sia mai sfuggita. Un inseguimento per tutta l'America, con una scia di cadaveri come traccia di questo peregrinare. Un viaggio dove poche cose sono chiare: non c'è reale rifugio per una persona di colore, sopratutto se schiava in fuga; la morte può giungere in ogni momento, sia per gli schiavi che per gli abolizionisti; l'uomo ha diritti, ma solo se è visto come uomo, se si decide che non è tale allora è poco più di merce e come tale viene trattato.
Gli orrori dei soprusi, l'atrocità del piano eugenetico che l'America aveva avviato con entusiasmo e che aveva ricevuto i plausi dei gerarchi nazisti.
Un libro potente, che offre spunti di riflessione e di approfondimento, e fa domandare una volta di più con che coraggio si possano guardare le altre nazioni dall'alto in basso beandosi di una presunta superiorità anche solo morale, visto il recente passato....more
Eccoci all’ultimo libro di Francesco Dimitri, uno dei miei scrittori italiani preferiti. E qui siamo ai livelli di Pan e di La ragazza dei miei sogni, Eccoci all’ultimo libro di Francesco Dimitri, uno dei miei scrittori italiani preferiti. E qui siamo ai livelli di Pan e di La ragazza dei miei sogni, per quanto mi riguarda. Livelli altissimi, quindi. Romanzo di formazione, un ragazzo che viene introdotto al mondo della magia. La magia vera, pericolosa. Ingombrante. La sua vita reale si scontra con la vita altra, e alla fine ne è fagocitata. Rinuncia all’amore, alla vita reale, alla vita sociale. Si dedica con tutto se stesso, sempre più, alla magia. Al suo Maestro. Ai suoi compagni Apprendisti. E poi l’attacco, la guerra. La furiosa battaglia per sopravvivere, in un mondo al di là delle leggi umane dove solo la propria Volontà può proteggerti e fare da Legge. La crescita di Greg, il suo mutamento fisico e spirituale. La perdita dell’occhio e l’acquisizione della conoscenza del mondo soprannaturale. La perdita dell’amore e l’acquisizione dell’amicizia dei suoi pari. La consapevolezza della morte, dell’effimerità della vita. E la consapevolezza del potere. La vita reale che scompare di fronte all’esaltazione della magia, e la vita reale che ritorna quando arrivano gli attacchi, le tragedie. Quando il potere non basta e le vite reali si spezzano.
Il tutto mescolato con gli altri libri di Dimitri. Si cita Dagon che è stato un apprendista di Levi. Si cita Michele, sciamano di Roma. Si cita Nemi, con il tempio e i satiri. Si cita la teoria della Carne, dell’Incanto e del Sogno… ma si scopre che è questo, una delle tante teorie. Perché nessuno può sapere realmente cosa sia la magia e come tutto funzioni, per ognuno può essere diverso. Per i maghi come Levi, Gregorio, Simone, Diana e Elena la magia è Volontà e Immaginazione, droghe e sesso e morte, Potere. E’ comando e piano astrale, evocazione e creazione. Ma non si negano le altre teorie. Non si nega Carne, Incanto e Sogno. Non si negano divinità e sciamanesimo. Massima apertura, tutto è soggettivo, la realtà la creiamo noi con la nostra Immaginazione e la nostra Volontà.
Un gran bel libro, uno di quelli dai quali non riesci a staccarti e ti ritrovi alle due di notte che crolli dal sonno ma sei soddisfatto perché hai terminato la lettura, hai assistito alla fine dello scontro, sai come finisce la storia per il momento. E sei triste, perché hai finito il libro e ora chissà quanto dovrai aspettare per immergerti nuovamente in un libro di Dimitri.
E goderti i suoi richiami agli altri libri. E il suo citare Doctor Who, Buffy, Supernatural, D&D, Alan Moore, Neil Gaiman. La mitologia. Sai già che sarà una lunga attesa. Ma ne varrà la pena.
--------------
Rilettura 2018: mi ricordavo di questo libro come del migliore di Dimitri, alla pari con Pan. Dopo averli riletti entrambi posso dire di essermi sbagliato, è il migliore di Dimitri, punto. Almeno fino a questo libro. Un libro potente, intimo, che prende la Meraviglia di Pan e la mescola alla quotidianità, che mette da parte divinità e spiriti urbani per mostrarci la Magia nell'era moderna. Da divorare tutto d'un fiato....more
Tutti conosciamo Peter Pan di Barrie, vero? Il bambino magico che litigava con la propria ombra, il capo dei Bambini Perduti. Seconda stella a destra, eTutti conosciamo Peter Pan di Barrie, vero? Il bambino magico che litigava con la propria ombra, il capo dei Bambini Perduti. Seconda stella a destra, e poi dritto fino al mattino. E si arriva all’Isola che non c’è. Tra pirati e indiani, coccodrilli e fate… i bambini vivono liberi nell’Isola, gli adulti stanno nel mare a fare i pirati, agli ordini del cattivo: Capitan Uncino.
Dimitri però torna alle origini della figura di Peter Pan, togliendole l’alone di simpatia e buonismo Dinseyani. Torna a Pan, il latino Fauno, e riunisce i frammenti di mitologia che lo riguardano, partendo dall’Arcadia fino ad arrivare all’antica Roma, per poi terminare nel presente.
Pan esiste, non è solo un personaggio di fantasia. Esiste lui, esiste l’Isola che non c’è, esistono gli Dèi. Ed esiste, ovviamente, anche la sua nemesi: il Capitano Uncino, con i suoi pirati.
Tutto comincia con un annuncio, in pratica. Con il messaggio affidato a un ragazzo, un graffitaro, massacrato da un gruppo di bambini, di notte. La schiena gli è stata spezzata, gli è andata bene. Il suo amico è stato scuoiato. Lo hanno massacrato, e gli hanno lasciato un messaggio.
Dì loro che sta arrivando
La Carne
E’ nella Carne che si svolgono la maggior parte delle vicende. Nel mondo in cui ci muoviamo tutti i giorni, nel quale viviamo. Nella Carne, qualcuno comincia ad avvertire alcune stranezze. Odore di bosco o di mare, nel bel mezzo di una strada trafficata. Un suono di flauto.
Stranezze che la maggior parte della gente non vuole vedere. Sceglie di non sentire l’odore di salmastro, di non udire quel suono lontano. Di vedere pantaloni laddove invece ci sono gambe caprine. Di fronte alla meraviglia la gente si ritrae, adattando ciò che vede alle proprie convinzioni.
Non può esserci odore di mare in centro a Roma, quindi non c’è. Non ha senso il suono del flauto che proviene da tutto intorno, quindi proviene per forza da una casa non meglio specificata. Non ha senso una vera magia, deve essere per forza un trucco. Non ha senso una persona con gambe da capra, quindi lo vediamo con i pantaloni.
E intanto sui muri della città compaiono graffiti raffiguranti una stilizzata isola, una barca, delle persone in volo. E la minacciosa frase Sta tornando
L’Incanto
E alla fine torna. E’ poco più di un feto quando viene trovato e portato a casa da Giada, una semplice spazzina che però ha visto i segni del cambiamento, e ha capito che qualcosa di strano stava accadendo. Il feto cresce rapidamente, in un paio di giorni è ormai diventato Peter.
E con il feto, arriva l’Incanto. La magia torna viva, nelle strade di Roma. Vecchie divinità della natura e degli elementi incontrano i nuovi spiriti, nati dalla modernità e dalla tecnologia. Satiri, ninfe e ondine conoscono Asfalto, metropolitana, ruota. Sui lampioni, gargoyles luminosi osservano i passanti. Folletti dispettosi fanno rompere le borse della spesa stracolme.
Col ritorno di Peter Pan, torna anche Capitan Uncino. Più ancorato a questa realtà moderna che non il suo nemico, è riuscito a rimanere nella Carne quando tutti gli Dèi erano stati scacciati dall’avvento della modernità. E si era preparato per anni per questo scontro.
Peter Pan chiama a raccolta i Bambini Perduti, Capitan Uncino recluta forzatamente i propri pirati attingendo a coloro che hanno rotto l’Incanto. Coloro che hanno abbandonato la meraviglia e la fantasia. La disparità numerica è enorme, malgrado il potere di Peter Pan. E Uncino è scaltro, pianificatore, mentre il suo avversario è impulsivo.
Divinità
Peter Pan è, come si è detto, Pan. Fauno. Il suo arrivo porta feste ed euforia, orgie e divertimento sfrenato. Alla festa di Peter Pan c’è musica, frenesia, danze, sesso, uno stato di ubriachezza mentale dovuto all’influenza del Dio. Ma l’assenza di inibizioni porta anche all’omicidio, alla violenza gratuita, allo stupro. Peter Pan è un Dio che si nutre di emozioni forti, violente. Sia che queste derivino dal divertimento sfrenato e dalle orgie, sia che vengano dalla violenza di un bambino che si accanisce contro una signora che protesta per la festa indecente, strappandole un occhio. Peter Pan è il simbolo della libertà, ma della libertà estrema. La caduta di ogni inibizione, il disprezzo delle regole. Anarchia pura.
Capitan Uncino, d’altro canto, è anche lui un Dio. Greyface. Quello che resta. Quello che resta quando le altre divinità scompaiono. Quello che resta quando vengono meno la fantasia, l’istinitività, la voglia di scoprire, la voglia di credere nell’impossibile. Quello che resta quando le emozioni vengono lentamente represse. Quando scompaiono le grandi feste e la gioia, quando si nasconde il sesso e si seguono precise regole, leggi. Uncino rappresenta l’ordine, ma l’ordine estremo. La dittatura. Il controllo totale su tutto e tutti, sulle persone e sui loro pensieri. E nessuno dei due alla fine può essere definito il buono.
Uncino è chiaramente il cattivo. Sventra bambini, uccide quando necessario, recluta forzatamente la gente nei suoi pirati sfruttando la paura che incute. Vuole che il mondo diventi grigio e piatto. Cerca di imporre sempre maggiormente il proprio controllo sulla vita delle persone. Ma malgrado ciò, spesso dice cose condivisibili, cose che malgrado tutto accetteremmo quasi tutti. Desiderio di ordine, di sicurezza. Rispetto delle leggi. Una morale.
Peter Pan, essendo Uncino il cattivo, dovrebbe essere il buono. Porta allegria e festa, le orgie e gli antichi Dèi, vola ed è circondato da bambini. Ma i suoi bambini uccidono, con la stessa naturalezza con la quale potrebbero giocare. Lui stesso pianifica attentati per combattere contro Uncino, uccidendo molta gente. Quando appare chiaro che la libertà che vorrebbe portare Pan è priva di limiti, non è più possibile parteggiare ancora per lui.
Gli uomini
Arriva allora una terza parte in causa. L’umanità, si potrebbe definire. Coloro che non vivono in un estremo, come Pan e Uncino, ma che vivono nelle sfumature tra questi due assoluti.
Vecchi adepti del culto di Diana, esoteristi, maghi punk.
Al centro di tutto stanno tre ragazzi, tre fratelli. I Cavaterra, eredi di una famiglia piena di segreti, una famiglia la cui storia recente si era intrecciata così strettamente con lo scontro tra Pan e Greyface, da legare anche loro a questa battaglia.
Giovanni, che studiava antropologia e cercava di dimostrare l’esistenza dell’Isola che non c’è come leggenda urbana, come costrutto preesistente nelle menti dei bambini. Senza sapere che il padre, anni prima, aveva compiuto le stesse ricerche. Il più razionale dei tre fratelli, il più aperto ai compromessi. Angela, una prestigiatrice. La più aperta all’Incanto e alla Meraviglia, la più pronta a credere, a lottare. La prima ad accorgersi che qualcosa stava cambiando a Roma, la prima con la sua amica Giada a trovare il neo-rinato Pan. E Michele, liceale. Passava il tempo a leggere fumetti, a scrivere storie, a odiare la scuola. E aveva l’impressione che la città fosse viva, che comunicasse. La città stessa si sceglierà un campione, da contrapporre alle due divinità che lottano per le sue strade, minacciando la sopravvivenza sua e dei suoi abitanti. La città inizierà uno sciamano, che vivrà contemporaneamente nel mondo reale e nel mondo degli spiriti. Che comunicherà con entrambi i mondi. Che avrà il potere di cambiare le sorti di uno scontro dall’esito già segnato.
E che alla fine avrà compiuto una maturazione psicologica enorme, fino all’ultimo colpo di scena.
Neil Gaiman
Il tema delle divinità ai giorni nostri, del loro potere dovuto alla gente che gli crede, il potere delle Storie… sono molti i punti che avvicinano questo libro ai libri di Neil Gaiman, sopratutto ad American Gods. Libro dal quale comunque Pan si discosta totalmente, sia come storia che come stile: laddove il linguaggio di Gaiman è quasi poetico, Dimitri usa un linguaggio più reale, di tutti i giorni. E mescola alle divinità un sottobosco esoterico di tutto rispetto.
Valutazione Innovativo, avvincente, scorrevole. Con personaggi profondissimi, che riservano molte sorprese. Come Temidoro, e come Campanellino. Riscrive completamente il mito di Peter Pan, facendo vedere sotto una luce diversa l’intera storia scritta da Barrie (che compare, indirettamente, anche in questo libro), e ci mostra un lato dei bambini che spesso si ignora, si dimentica. I bambini credono, ancora non conoscono solo la realtà. Vivono nella fantasia, in un mondo di possibilità infinite. E i bambini non hanno ancora imparato che l’uomo è un animale mite, come ci viene insegnato. Sono aperti a ogni possibilità, e non hanno inibizioni che gli impediscano di affrontarla con violenza.
----
Rilettura dopo dieci anni: il libro non perde potenza né freschezza. Era un gran bel libro e resta un gran bel libro. Aver poi recuperato gli altri libri di Dimitri ha solo mostrato quel che c'era dietro gli accenni al passato di Dagon, e le figure che vengono intraviste tra i mondi (il coniglio, la ragazza col braccio bionico). Promosso a pieni voti anche questa volta....more