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Paura Quotes

Quotes tagged as "paura" Showing 1-30 of 72
J.K. Rowling
“Bisogna chiamare le cose con il loro nome, la paura del nome non fa altro che aumentare la paura della cosa stessa.”
J.K. Rowling, Harry Potter and the Sorcerer's Stone

Philip K. Dick
“Era come se avessi tremato per tutta la vita, a causa di una cronica corrente sotterranea di paura. Tremare, scappare, finire nei guai, perdere le persone che amavo. Come un personaggio dei cartoni animati invece di una persona, mi resi conto. Un cartone animato degli anni Trenta, ammuffito. Dietro a tutto quello che avevo fatto c'era sempre stata la paura di spingermi.”
Philip K. Dick, VALIS

Natalia Ginzburg
“Aveva parlato, per anni, di uccidersi. Nessuno gli credette mai. Quando veniva da me e da Leone mangiando ciliegie, e i tedeschi prendevano la Francia, già allora ne parlava. Non per la Francia, non per i tedeschi, non per la guerra che stava investendo l’Italia. Della guerra aveva paura, ma non abbastanza per uccidersi a motivo della guerra. Continuò tuttavia ad avere paura della guerra, anche dopo che la guerra era da tempo finita: come, del resto, tutti noi. Perché questo ci accadde, che appena finita la guerra ricominciammo subito ad aver paura di una nuova guerra, e a pensarci sempre. E lui temeva una nuova guerra più di tutti noi. E in lui la paura era più grande che in noi: era in lui, la paura, il vortice dell’imprevisto e dell’inconoscibile, che sembrava orrendo alla lucidità del suo pensiero; acque buie, vorticose e venefiche sulle rive spoglie della sua vita.”
Natalia Ginzburg, Lessico famigliare

Naomi Alderman
“All'inizio non abbiamo parlato a cuore aperto perché non era virile. Adesso non parliamo perché abbiamo paura, ci vergogniamo, e ci sentiamo disperati, ognuno nella propria solitudine. E' difficile sapere quando siamo passati dalla prima fase alla seconda.”
Naomi Alderman, The Power

Lorenzo Marone
“Avrei potuto parlargli di come sia un miracolo che il nostro pianeta non venga colpito da un asteroide di grandi dimensioni, considerata l’enorme mole di rocce che gravitano nello spazio. Di come immaginiamo l’universo vuoto quando in realtà è pieno di pietre e granelli di ogni tipo, di come i finestrini della Stazione spaziale internazionale si ricoprano di continuo di polvere e di quanto sia facile vedere da lassú una «stella cadente», un meteorite che impatta con l’atmosfera. Che è tutto in un equilibrio instabile e magico attorno a noi, che nonostante sfreccino oggetti a velocità incredibili a un passo dal nostro naso, siamo ancora qui, a goderci il sole e il mare, e di come qualcuno ritenga che siano stati proprio i grandi impatti del passato a regalarci quest’inaspettata villeggiatura sulla Terra, perché potrebbe essere stato un urto a far inclinare l’asse terrestre (che ci fa apparire il pianeta un po’ abboccato su un lato) cosí da permettere al globo di essere raggiunto nel suo insieme dal Sole. È grazie a questa inclinazione se esistono le stagioni. Ed è stato sempre un impatto a far sparire i dinosauri e a permettere quindi l’entrata in scena dei mammiferi e dell’uomo. Questo dovrò tentare di spiegare un domani a mio figlio: che la vita riparte sempre e che gli scontri a volte portano anche qualcosa di buono.
Certo, lo andassero a spiegare ai dinosauri.”
Lorenzo Marone, Inventario di un cuore in allarme

Lorenzo Marone
“Adoriamo sentirci vittime, e siamo tutti, chi piú chi meno, un tantino paranoici, esseri incapaci di discernere la realtà dalla finzione, di pensare con la nostra testa, seguiamo il pensiero comune o quello alternativo, ci affidiamo a chi dice le cose nel modo giusto, a chi dimostra di crederci fino in fondo, a tutti i costi. Non è quel che si dice, ma come lo si dice. I fanatici sono piú motivanti, hanno maggiore capacità di coinvolgere rispetto a chi accetta senza storie una verità acclarata. [...]
Ci piace il segreto, siamo attirati dagli scandali, amiamo il pettegolezzo, i complotti ci affascinano. E crediamo all’impensabile pur di non credere e basta.
È la fiducia nel prossimo che ci manca, altro che.”
Lorenzo Marone, Inventario di un cuore in allarme

Lorenzo Marone
“La vita è imperfetta, noi siamo essere imperfetti e fragili, la nostra speranza di controllare e indirizzare le cose, la spinta a ricercare una perfezione in noi e in ciò che ci circonda, è pura e stupida illusione. Dovremmo semplicemente accettare le fragilità, accettare l’idea che dall’imperfezione possa nascere qualcosa di piú evoluto, renderle omaggio, come fa quella tecnica giapponese, il Kintsugi, letteralmente «riparare con l’oro», che usa il prezioso metallo per tenere insieme i cocci rotti. Ogni ceramica riparata sarà originale e inimitabile, perché le crepe non potranno mai essere uguali (a proposito dell’entropia). Gli sbagli, le imperfezioni e le fragilità ci arricchiscono, ci rendono unici, piú interessanti. Di piú, ci proteggono. Se il codice genetico di ognuno si riproducesse senza errori (piccole falle nel sistema), i nostri figli sarebbero fotocopie perfette di noi stessi e, come tali, soggetti alle medesime malattie, con gli stessi punti deboli. Gli errori che commette il Dna (le cosiddette mutazioni) nel riprodursi sono la nostra salvezza, perché ci diversificano l’uno dall’altro, garantiscono la variabilità genetica, in base alla quale alcuni si fortificano e riescono a sopravvivere. Se fossimo tutti uguali, al contrario, basterebbe un niente a cancellarci dalla faccia della Terra. Se fossimo asessuati (come le piante, o anche alcuni insetti e crostacei), se non ci riproducessimo cioè attraverso il sesso, che rimescola il gene, saremmo molto piú vulnerabili perché omologati.
Il sesso è una prevenzione naturale.
Non ricordo dove l’ho sentita, ma mi piace assai.”
lorenzo marone

Lorenzo Marone
“Sorrisi soddisfatto e passai a raccontare la settimana, riflettendo intanto su come facesse a ricordare le paure di ognuno, ad avere stampate in mente le cartelle cliniche di ciascun paziente. Devi essere molto concentrato sugli altri, attento agli altri; noi (posso parlare anche per voi?) siamo molto meno
altruisti, bisogna essere onesti, talmente preoccupati per il nostro inarrivabile benessere da non riuscire a ritagliare troppo spazio per chi ci è attorno, se non per i cari piú stretti. Non è un fatto di egoismo, o menefreghismo, per carità, non sappiamo riconoscere alle persone il giusto tributo perché siamo alla continua e costante lotta contro noi stessi. Io non ho nemici a questo mondo, non odio nessuno e non mi sento di dover insegnare o spiegare niente a nessuno, tutta l’energia che profondo è volta a tentare di camminare dritto un giorno in piú, tutta la forza che ci metto è per vivere con quanta piú dignità possibile il mio dolore invisibile. Ma non voglio annoiare, solo approfittare di questo piccolo momento per scusarmi con tutti quelli ai quali riesco a dare poco. Non è menefreghismo, né cattiveria la nostra, è sopravvivenza.”
Lorenzo Marone, Inventario di un cuore in allarme

Lorenzo Marone
“Ho fatto comunione e cresima in una volta sola, prima di sposarmi, con un unico pacchetto promozionale. Ricordo che per l’occasione mi recai da un simpatico e giovane prete e al suo invito di parlare dei miei peccati me ne uscii con fare borioso affermando che non avevo granché da farmi perdonare, non avevo ammazzato nessuno, né in fin dei conti ferito in modo grave qualcuno. Il che era vero, certo, ma fosse tutto qui, sarebbe semplice. In realtà mi sarei dovuto fermare con lui e sviscerargli la mia inutile vita, confessargli che stavo mettendo in atto il piú grande fra i peccati: mentire a me stesso e ai miei cari. In quegli anni infatti seguivo una strada che sapevo non essere la mia, facevo il furbo credendo di non pagare dazio prima o poi. In realtà mi stavo costruendo da solo la gabbia, camminavo baldanzoso verso l’infelicità e sprecavo gli anni migliori, nei quali si deve seminare seguendo la pancia, l’istinto, le passioni. Di questo avrei dovuto chiedere perdono, altroché, del fatto che disseminavo bugie e mi preparavo a rovinare la mia esistenza e, forse, quella di chi mi era attorno. Perché la verità è che possiamo donare solo ciò che siamo, e se siamo degli infelici, trasmetteremo infelicità.
Lui, ovviamente, mi diede l’assoluzione, io oggi al suo posto avrei speso qualche parola in piú per smuovere quella pecorella smarrita, ma tant’è. Molti anni dopo mi ripresentai davanti a un prete, uno anziano stavolta, con una faccia rubiconda e leggermente ostile. Mi sedetti di fronte a lui e iniziai a parlargli della sensazione di calore che mi prendeva a volte nei momenti di difficoltà, quando d’improvviso sentivo un’energia calda invadermi il corpo e annebbiarmi la vista. [...]
«Ecco, a tal proposito… come si fa a diventare adulti?»
Con ogni probabilità pensò di trovarsi di fronte a un pazzo, però disse lo stesso una cosa semplice e confortante: «Finché sarai alla ricerca di risposte, non diventerai mai del tutto adulto».
«Mi sta dicendo che dovrei imparare a non pormi piú domande e a farmi scivolare le cose di dosso?»
«Ti sto dicendo che se senti di non avere risposte, sei nel posto giusto».”
Lorenzo Marone, Inventario di un cuore in allarme

Lorenzo Marone
“In realtà non esiste nulla al mondo a mio avviso capace di liberarti da te stesso, nessuno che possa tenderti una mano e tirarti su dalla palude se non lo vuoi davvero. Non è il solito discorso motivazionale, stupidate del genere «volere è potere», è solo la constatazione che gli altri non riusciranno ad affrancarti da qualcosa di cosí profondo, una specie di gomitolo che hai nel petto e che si è formato in anni di esperienze traumatiche ed esempi sbagliati. C’è un solo modo per districare il tutto: afferrare il filo da un capo e iniziare a disfare lentamente la tela fino ad arrivare al primo nodo dal quale tutto è partito. Gli ansiolitici (come forse anche la terapia breve del caro terapeuta Cavalli), al contrario, mi dànno l’idea di un trucco furbo che alla fine non ti porta da nessuna parte, come quando ti ritrovi davanti al groviglio degli auricolari (ma come fanno quei benedetti fili ad annodarsi cosí? A proposito di entropia…) e, anziché cercare di capire quale sia il movimento giusto per sbrogliare la matassa, inizi a tirare come un invasato confidando nella forza.
Quello che ho capito, in quaranta e passa anni su questa Terra, è che la forza serve fino a un certo punto, è molto piú utile la pazienza."
(Lorenzo Marone, inventario di un cuore in allarme)”
Lorenzo Marone, Inventario di un cuore in allarme

Lorenzo Marone
“Insomma, la primavera è la stagione piú bella, con il suo carico di vita e speranza che rigenera corpo e spirito. Ma si porta dietro, ahimè, anche una serie infinita di fobie contro le quali diventa difficile difendersi. Allora forse è meglio l’inverno, la stagione piú abitudinaria; perché in fondo noi di quello abbiamo bisogno, delle nostre piccole e inutili certezze con cui ci illudiamo di avere tutto sotto controllo. D’estate regnano anarchia e imprevedibilità, siamo costretti ad allontanarci dalle nostre cose, anche dai medici e dai farmacisti (che se la godono alle nostre spalle), e semmai ci ritroviamo su un’isola meravigliosa, certo, ma il primo ospedale dista un’ora di elicottero.
Soffriamo l’estate, le stagioni di mezzo contribuiscono a risvegliare fastidiosi sintomi, resta l’inverno, come dicevo, il lungo inverno fatto di giornate buie e corte, di pioggia e serate in casa. Se sei meteoropatico, problemi tuoi, per un ipocondriaco fobico l’inverno rappresenta forse il giusto compromesso. A meno che non soffri anche di quionofobia, la paura dell’inverno e della neve, o di frigofobia, il terrore irrazionale di avere freddo.
Ognuno ha le sue paure, ci scherzo su, ma in verità rispetto tutti. E come potrei proprio io non farlo? È che il mondo è come te lo metti in testa. Sapete vero che le immagini della realtà ci arrivano dritte sulla retina, ma questa le capovolge? È il cervello ogni volta a dover intervenire per mettere a posto le cose, a ribaltare la visuale per mostrarci il mondo per ciò che in effetti è. È la ragione a instradarci, l’istinto (il corpo) invece sa benissimo che non c’è niente di dritto e niente di vero, non c’è un solo modo di vedere le cose, e ciò che ad alcuni sembra in equilibrio, altri lo ritengono storto, ciò che a molti appare normale, tanto normale per altri non è. Ci illudiamo di controllare la vita, di conoscere la strada, spesso siamo convinti di avere la verità in tasca, e che la nostra visione, la nostra esperienza, sia la verità assoluta, quando invece si tratta solamente di un’opinione. Siamo tutti prigionieri dentro una caverna, come ci ricorda Platone, e quello che ci è permesso vedere il piú delle volte è solo la proiezione della realtà, l’ombra della verità. Pochi riescono a uscire da questa visione limitata che rende schiavi, e questi pochi non sono poi creduti da tutti gli altri, che continuano beati a pensare di star guardando il reale. Siamo limitati, e poco inclini a un livello superiore di conoscenza, convinti che ciò che ci dice la testa sia la strada.
Ogni capa è nu’ tribunale, diceva un altro grande filosofo, mio nonno.”
Lorenzo Marone, Inventario di un cuore in allarme

Lorenzo Marone
“Io sono un pignolo, quando sono sotto stress anche a me piace illudermi di poter mettere a posto le cose semplicemente riordinando gli oggetti, ma non riuscirei mai a raggiungere la perfezione: seppure tenti di trovare un senso alle t-shirt nel cassetto, è un senso che ha breve durata, dopo un po’ prevale comunque il caos, la pigrizia, il lasciare che le cose facciano il loro corso. [...]Sono ipocondriaco, non soffro di disturbi di perfezionismo. Tra l’altro l’etimologia della parola «perfezione» ci riporta al latino perfectio, che significa letteralmente «compiuto». E non mi piace granché come termine, mi ricorda la fine, con la quale, si sarà capito, non ho un buon rapporto. San Tommaso d’Aquino nella Summa Theologiae ci parla di una duplice perfezione, quando una cosa è perfetta in sé, e quando serve al suo scopo. Dal Rinascimento in poi questo dualismo ha portato al paradosso secondo il quale la piú grande perfezione è ritenuta l’imperfezione, perché solo in questa c’è la possibilità di ricercare, progredire, e migliorare. Le persone perfette non combattono, non mentono, non commettono errori, e non esistono sentenziava già Aristotele.
Mi piace l’ordine, ma mi piace ancor di piú la vita che non si ferma, e si trasforma.
Mi piace il giardino aggraziato dove un brillio di incuria permette all’edera di prendere il sopravvento.”
Lorenzo Marone, Inventario di un cuore in allarme

Lorenzo Marone
“Non posso non ricordare che nella speciale classifica di cui sopra un particolare posto è occupato dai suicidi. I dati in tal senso sono allucinanti: secondo l’Organizzazione mondiale della sanità ogni anno nel mondo si tolgono la vita 880 000 persone, un suicidio ogni quaranta secondi. In Italia sono 4000 all’anno, cifre incredibili. La fascia piú a rischio è rappresentata dagli uomini tra i 24 e i 65 anni, ma il gesto è in aumento, si dice, anche fra gli adolescenti, a causa delle condizioni economiche e della scarsa fiducia nel futuro. Tra i 15 e i 24 anni addirittura il suicidio è la seconda causa di morte dopo gli incidenti stradali. I casi sono diversi, diverse sono le situazioni in cui ognuno cresce e si forma, le motivazioni che portano a un simile gesto possono essere molteplici, perciò diventa difficile trovare un nemico comune, dare un significato a queste statistiche, diventa difficile anche commentarle.
La sola cosa che ho capito, io che amo indefessamente la vita ma che al contempo fatico terribilmente a vivere, è che siamo gli unici esseri ad ammazzarsi su questo pianeta. Sembrerebbero infatti leggende quelle che parlano di atti simili nel mondo animale, come il famoso caso del suicidio di massa dei lemming a causa della loro esplosione demografica; in realtà i piccoli roditori non fanno altro che buttarsi nell’oceano alla ricerca di nuove terre e cibo. E, comunque, se pure esistessero casi di suicidio animale, non potremmo parlare di atto cosciente: noi siamo gli unici a porre deliberatamente fine alle nostre vite. Per il male di vivere, per il comune sentire, per il nostro sapere.
Gli unici a essere consapevoli di esistere.
È lí l’inghippo.”
Lorenzo Marone, Inventario di un cuore in allarme

Lorenzo Marone
“Non avevo voglia di aprirmi fino in fondo, gli avrei dovuto spiegare che di rassegnazione nelle mie parole non ce n’era, parlerei piú di accettazione, che significa prendere atto della realtà senza star lí a sprecare energie vitali. La distinzione è sottile, ma importante: la rassegnazione è una resa, l’accettazione è un punto di partenza. La prima ci obbliga a rinunciare a modificare le cose, a trasformare le situazioni, accettare invece ci dà la possibilità di spostare l’attenzione su altro, di restare vivi e ripartire, cercando di modellarci sul presente, di assecondare con i nostri movimenti gli attacchi della vita, come il judoka, che sa che contrastare aggredendo spesso porta solo a un dispendio di forze.
Io, caro padre, accetto, non mi rassegno. Accetto di non poter cambiare alcuni aspetti di me e della mia vita, o di poterli cambiare solo grazie a enormi sacrifici. Accetto di non poter contrastare fino in fondo le mie paure, le fobie, le debolezze. Accetto quei muri grigi e la porticina laterale. Accetto di essere ipocondriaco. Non mi rassegno a dover morire, questo no, ma accetto di non poter fare nulla per contrastare questo. In fondo si tratta di accogliere l’idea che dalle cellule alle stelle tutto muore, e che un domani anche la mia fine servirà, grazie alle morti di ciascuno di noi la vita avrà lo spazio per rigenerarsi, ed evolvere. La caduta dell’albero permette alla luce di raggiungere nuovamente il terreno sottostante, cosí da far nascere un nuovo tronco. Gli atomi di cui sono composto, che forse un tempo sono appartenuti a un dinosauro, a un faraone, a Buddha, chissà, questi stessi atomi che provengono da una stella esplosa lontano, in altre galassie, dopo la mia morte rimarranno qui e torneranno in circolo, finiranno in milioni di altri organismi, senza mai fine. Si tratta forse di curvare quella che crediamo essere una linea retta fino ad avere un cerchio: non nascita, vita, morte, ma nascita, vita,
morte, nascita, vita, morte, nascita, vita, morte… nascita.
«La vita è solo un breve periodo di tempo in cui sei vivo». Lo disse quel genio di Philip Roth. Solo un breve periodo di tempo in cui siamo vivi. È una parentesi, in fondo, la nostra vita, e dico questo non perché voglia fare il pesante, il pessimista e il menagramo, no. Ho scherzato fino a ora e continuerò a farlo, tenterò di tenere a bada l’ansia con l’ironia e quella leggerezza che ad alcuni dà fastidio e altri non riconoscono. Ma non voglio parlare di me, desidero disquisire di vita, e di come la spendiamo. Perciò cito le parole di Roth e parlo di piccola parentesi, perché credo che il primario compito di ognuno sia rendere degna la propria esistenza, combattere con tutte le forze affinché sia tale, per non sentire di avere sprecato l’unica grande occasione che ci è stata data. Abbiamo il dovere di riempire questa parentesi di piú cose possibili, di piú cose meravigliose possibili. Dobbiamo approfittare del tempo, anzi approfittare del fatto che il tempo è poco, per lasciare un segno del nostro passaggio terreno. Lo diceva il giovane Seneca a soli venti anni: «La vita che ci è data è lunga a sufficienza per compiere grandissime imprese, purché sia spesa bene». Lo cantava anche Omero
nell’Iliade: «Come stirpi di foglie, cosí le stirpi degli uomini; | le foglie, alcune ne getta il vento a terra, altre la selva | fiorente le nutre al tempo di primavera; | cosí le stirpi degli uomini: nasce una, l’altra dilegua». E chissà che un giorno non ci ritroveremo a volare liberi nell’aria per poi posarci sulla spalla di un nostro caro, come le farfalle monarca del Messico.
«Quella che il bruco chiama fine del mondo, il resto del mondo chiama farfalla», è una meravigliosa frase taoista.
Ecco, questo paragrafo, questo piccolo pensiero, caro padre, è il mio atto di fede, il mio tentativo. Esisto, e un domani sarò esistito, come disse pure Margherita Hack.
«Qualcuno si ricorderà di me. E se cosí non fosse, non importa».”
Lorenzo Marone, Inventario di un cuore in allarme

Grégoire Delacourt
“Non è la paura di cadere a farci spuntare le ali, ma la caduta.
"Danzando sull'orlo dell'abisso”
Delacourt Gregoire

Grégoire Delacourt
“La vita è la breve distanza tra due vuoti.
Ci affanniamo per riempirla. Perdiamo tempo ad allungarla. Vorremmo che fosse eterna. A volte ci inventiamo perfino una seconda esistenza. Respiriamo e mentiamo. Guardiamo senza vedere. Vorremmo godere di tutto, ma tutto ci scivola tra le dita. Amiamo ed è già finita. Crediamo nel futuro passato e già lì. Veniamo dimenticati così presto. Non vogliamo perdere, E quando arriva la fine ci rifiutiamo di abbassare le palpebre. Rifiutiamo la manciata di terra sulla pelle gelida. Eppure bisogna saper mollare la presa.
"Danzando sull'orlo dell'abisso”
Delacourt Gregoire

Milan Kundera
“La vertigine è la voce del vuoto sotto di noi che ci attira, che ci alletta, è il desiderio di cadere, dal quale ci difendiamo con paura.”
Milan Kundera, The Unbearable Lightness of Being

Chandra Livia Candiani
“Guardo dalla finestra
come cade il mondo,
sotto le grandi nuvole
senza un presagio,
una fuga di merlo
e le tue braccia
che sbucciano il buio
per farmi tana.”
Chandra Livia Candiani, La bambina pugile ovvero la precisione dell'amore

Ivo Andrić
“Sì, andare dritto incontro al pericolo, cercarlo addirittura, entrarvi; ecco, questo significava liberarsi. E ciò non era né particolarmente difficile né "pericoloso", perché quello stesso pericolo minacciava e colpiva tutti indistintamente, per quanto ciò sembrasse contraddittorio e incredibile, sia quelli che ne fuggivano, sia quelli che lo affrontavano. Il rischio era lo stesso, ma coloro che non avevano paura del pericolo vivevano in modo più facile e più bello, perché lo avevano superato dentro di sé, ed era come se non lo vedessero e non lo sentissero, dato che erano tutt'uno con esso: erano liberi!
Superare la paura ogni volta che si manifesta dentro di noi, è bello e buono e meritevole, ma in sostanza è un impegno sterile e una lotta senza prospettive, perché la paura è molto maggiore della forza che abbiamo in noi per opporci incessantemente a essa, e così succede sempre che quella forza ci tradisce e la paura rimane. Il pericolo maggiore, quello reale, non è nelle cose che ci minacciano nella realtà, ma nella paura che è in noi. Infatti, di cosa mai non abbiamo paura? Delle infezioni, delle nuove malattie e delle invenzioni letali di cui leggiamo sui giornali, delle misure di polizia, perfino di quelle che non ci riguardano e che non possono riguardarci, dei nostri pensieri notturni che hanno radici non nella realtà esterna ma nei nostri nervi scossi e nella ragione dormiente. Allora, occorre uccidere la paura alla radice, occorre distruggere l'attitudine umana ad avere paura, estirparla dall'uomo come si tolgono le tonsille malate e delicate.
Quei pensieri erano così rapidi, eterogenei e per lui nuovi da farlo cadere in un leggero stato di incoscienza, lì sul bordo del suo terrazzino, e da causargli un nuovo timore di non avere paura, come se tutti quei pensieri sull'eliminazione del pericolo costituissero un nuovo pericolo per un uomo piccolo come lui. E gli causavano davvero un senso di peso che non era in grado di sostenere e sotto il quale si piegava tutto. E si piegava, e a tratti anche provava paura, ma non si fermava, non si arrendeva. Difatti, il pensiero che si afferma in un uomo e trova sostegno nel suo carattere, è ciò che rende un uomo piccolo o grande. La paura in lui diminuiva, mentre lui stesso cresceva.”
Ivo Andrić, La vita di Isidor Katanić

Giulia Caminito
“Ora è distante e malefica, mi pungola il suo sguardo, quelle moine che all’improvviso mi danno malanno, sono io la prima a ritrarmi e a interporre antipatie, proprio quando la nostra amicizia è in pericolo e qualcuno di più seducente di me la sta per irretire, io non so farmi piacevole, non so camuffarmi da santa protettrice, ma sputo fiamme e alzo muraglia.”
Giulia Caminito, L'acqua del lago non è mai dolce

Giorgia Manelli
“«Non è poi paura? La negazione, la noncuranza. Non vedono il problema perché non vogliono vederlo, non vogliono avere paura»”
Giorgia Manelli, La Corona di Sangue

Luis Sepúlveda
“I cacciatori uccidono per vincere una paura che li fa impazzire, che li fa marcire dentro.”
Luis Sepúlveda, Il vecchio che leggeva romanzi d’amore
tags: paura

“E' un'illusione costruire muri, chiudersi dentro i confini di casa, nel proprio mondo. L'universo e le creature che lo abitano si muovono, si spostano e niente, mai niente sarà solo vostro. E allora dovrete uccidere tutti quelli che, con il loro arrivo, vi faranno percepire il vostro limite, vacillare le vostre sicurezze. [...]E noi avremmo vinto? La paura ha vinto; il lupo ce l'ha addosso, la porta con sè come una pelle scura.”
Mario Ferraguti, L'autunno in cui tornarono i lupi

“Ogni volta che creiamo gettiamo un ponte tra il potenziale e l’attuale, e quel ponte va costruito mattone per mattone, con un impegno sordo che metta a tacere la paura e l’insicurezza.”
Marina Pierri, Eroine: Come i personaggi delle serie tv possono aiutarci a fiorire

“La vita è quello che succede mentre combatti contro la paura? Oppure sono tutti gli attimi di gioia e inconsapevolezza che riesci a ricavarti per non farti prendere dalla paura?
"Cose che non si raccontano”
Lattanzi, Antonella

“La paura, di cui questo libro contiene tracce ricorrenti nelle testimonianze dei suoi protagonisti (la paura del giudizio, la paura del fallimento, la paura di non divenire, la paura di affrancarsi, la paura di avere troppa paura, la paura della fine del mondo, la paura di essere se stessi anziché perfetti), è la nemica giurata del futuro.”
Stefania Andreoli, Perfetti o felici: Diventare adulti in un'epoca di smarrimento

Susanna Tamaro
“¿Y el miedo? El miedo perdura, está encima de mí, enorme y prepotente como un globo aerostático. Pero los miedos existen precisamente para esto, para ser derrotados.”
Susanna Tamaro, Querida Mathilda

“Anche il più coraggioso di noi alle volte può avere paura; l'importante è non lasciare che la paura diventi l'unica cosa che conosciamo.”
TJ Klune

“Ti faceva sentire al centro del mondo, l'unico motivo per il quale la luna brilla, l'unica ragione per cui esiste un universo. Non c'erano mezze misure. E quando qualcuno ti ama così e tu glielo lasci fare perché ne hai un disperato bisogno, ti terrà nelle sue mani per sempre. Perché è solo questo ciò di cui tutti abbiamo bisogno: l'amore che si oppone alla paura.”
Marzia Sicignano, Dove si nascondono le lacrime

“Se dalla paura di perdere le cose passi al timore di ottenerle, prima o poi diventerai una persona vuota.”
Mei Hachimoku, The Tunnel to Summer, the Exit of Goodbyes

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