,

Henry James Quotes

Quotes tagged as "henry-james" Showing 1-30 of 251
Henry James
“The right time is any time that one is still so lucky as to have.”
Henry James

Ray Bradbury
“You can’t learn to write in college. It’s a very bad place for writers because the teachers always think they know more than you do—and they don’t. They have prejudices. They may like Henry James, but what if you don’t want to write like Henry James? They may like John Irving, for instance, who’s the bore of all time. A lot of the people whose work they’ve taught in the schools for the last thirty years, I can’t understand why people read them and why they are taught. The library, on the other hand, has no biases. The information is all there for you to interpret. You don’t have someone telling you what to think. You discover it for yourself.”
Ray Bradbury

T.S. Eliot
“James's critical genius comes out most tellingly in his mastery over, his baffling escape from, Ideas; a mastery and an escape which are perhaps the last test of a superior intelligence. He had a mind so fine that no idea could violate it. [...] In England, ideas run wild and pasture on the emotions; instead of thinking with our feelings (a very different thing) we corrupt our feelings with ideas; we produce the public, the political, the emotional idea, evading sensation and thought. [...] James in his novels is like the best French critics in maintaining a point of view, a view-point untouched by the parasite idea. He is the most intelligent man of his generation."

(Little Review, 1918)”
T.S. Eliot

Henry James
“Live as you like best, and your character will take care of itself. Most things are good for you; the exceptions are very rare.”
Henry James

Eudora Welty
“Henry James said there isn't any difference between "the English novel" and "the American novel" since there are only two kinds of novels at all, the good and the bad.”
Eudora Welty, On Writing

Henry James
“Aveva dell’amicizia, come del resto di parecchi altri sentimenti, un ideale che in questo caso non le sembrava - ma anche in altri casi non le era sembrato - che la presente amicizia esprimesse a pieno. Ma sovente rammentava a se stessa che esistono ragioni essenziali per cui gli ideali non riescono mai a concretizzarsi.
Negl’ideali bisogna credere senza vederli; è questione di fede, non di esperienza. Tuttavia l’esperienza può fornircene imitazioni molto attendibili ed è saggio far loro buon viso. Il fatto è che in complesso Isabel non aveva mai incontrato un personaggio più simpatico e interessante di Madame Merle; non aveva mai conosciuto una persona che fosse priva come lei di quel difetto che forma l’ostacolo principale all’amicizia: quel riprodurre i lati più tediosi, stantii e troppo conosciuti del proprio carattere. La ragazza non aveva mai spalancato così le porte della sua confidenza; alla sua amabile ascoltatrice diceva cose che non aveva ancora mai detto ad alcuno. Talvolta si allarmava del suo candore: era come se avesse dato ad una persona quasi sconosciuta la chiave del suo cofanetto di gioielli. Queste gemme spirituali erano gli unici gioielli di qualche grandezza che Isabel possedeva, ragione di più per custodirli con ogni cura. Ma poi, sempre le tornava in mente che non ci si deve rammaricare per un generoso errore, e che se Madame Merle non aveva i pregi che essa le attribuiva, tanto peggio per Madame Merle. Non c’era dubbio che avesse grandi pregi: era attraente, simpatica, intelligente, colta. Più che questo (perché Isabel non aveva avuto la sfortuna di attraversare la vita senza incontrare numerose persone del suo sesso delle quali non si poteva onestamente dire di meno), era una donna rara, superiore, straordinaria. C’è tanta gente amabile nel mondo, e Madame Merle era lungi dall’avere un carattere volgarmente allegro, dal fare la spiritosa senza requie. Sapeva come si fa a pensare, dote rara nelle donne; e aveva pensato con molto costrutto. Naturalmente, sapeva anche come si fa a provare sentimenti: Isabel non avrebbe potuto passare una settimana con lei senza acquistarne la certezza. Questa era proprio la grande dote di Madame Merle, il suo dono più perfetto. La vita aveva lasciato il suo segno su di lei; ella ne aveva sentito tutta la forza, e faceva parte del godimento che dava la sua compagnia il fatto che, quando la ragazza parlava di ciò che si compiaceva di chiamare questioni serie, questa signora la comprendeva con facilità e subito. Le emozioni, questo è vero, oramai per lei appartenevano quasi alla storia; ella non faceva un segreto del fatto che la fonte della passione, per essere stata spillata con discreta violenza in un certo periodo, non scorreva più liberamente come un tempo. Per di più si proponeva, e insieme si aspettava, di diventare insensibile; ammetteva tranquillamente di essere stata un po’ pazza un giorno, ed ora ostentava di essere perfettamente savia.”
Henry James, The Portrait of a Lady

Barbara   Wright
“She was opinionated without being pushy. When choosing a book to read aloud, she would try to interest him in those spunky English heroines she liked so much. He proposed Thucydides, but he understood how she, being a Quaker, did not want to read about the Peloponnesian War. They came together on Henry James.”
Barbara Wright

James Shapiro
“[Henry James'] essay's closing lines can either be read neutrally or as a more purposeful wish that this mystery [of Shakespeare's authorship] will one day be resolved by the 'criticism of the future': 'The figured tapestry, the long arras that hides him, is always there ... May it not then be but a question, for the fullness of time, of the finer weapon, the sharper point, the stronger arm, the more extended lunge?' Is Shakespeare hinting here that one day critics will hit upon another, more suitable candidate, identify the individual in whom the man and artist converge and are 'one'? If so, his choice of metaphor - recalling Hamlet's lunge at the arras in the closet scene - is fortunate. Could James have forgotten that the sharp point of Hamlet's weapon finds the wrong man?”
James Shapiro, Contested Will: Who Wrote Shakespeare?

Henry James
“Ralph dichiarò che per lui l’aristocrazia non lasciava un vuoto che la signorina Stackpole stessa non riuscisse a colmare, e che in quel momento non si poteva trovare un uomo più contento di lui. In questo diceva la verità, perché quei frusti giorni di settembre, nell’enorme città semivuota, portavano un fascino avvolto in sé, così come in uno straccio polveroso può essere ravvolta una gemma dai mille colori. Quando a sera rientrava nella casa vuota di Winchester Square, dopo una serie di ore trascorse con le sue relativamente ardenti compagne, s’aggirava per la gran sala da pranzo oscura, dove la candela che egli entrando prendeva dal tavolo nell’atrio costituiva tutta l’illuminazione. La piazza era silenziosa, la casa era silenziosa; se apriva una delle finestre della sala da pranzo per far entrare un po’ d’aria, udiva il lento scricchiolio degli stivali di una solitaria guardia di città. Il suo stesso passo, nella casa vuota, sembrava alto e sonoro; alcuni tappeti erano stati avvolti, e dovunque andasse egli risvegliava una eco malinconica. Si sedeva in una delle poltrone; la grande tavola da pranzo scura luccicava qua e là alla debole luce della candela; i quadri sulle pareti, tutti molto scuri, apparivano vaghi e indistinti. C’era un’aria spettrale, come di pranzi da lungo tempo digeriti, di discorsi conviviali che avevano perduto la loro attualità. Questa punta di soprannaturale forse aveva qualcosa a che vedere con il fatto che la sua fantasia prendeva il volo e che egli rimaneva nella sua poltrona molto più in là dell’ora alla quale avrebbe dovuto essere a letto; senza far niente, senza nemmeno leggere il giornale della sera. Dico che non faceva niente, e confermo l’espressione, proprio perché in quei momenti egli pensava a Isabel. Per lui pensare a Isabel non poteva essere che un ozioso passatempo, che non portava a niente e giovava ben poco ad alcuno. La cugina non gli era mai sembrata così affascinante come in questi giorni trascorsi a scandagliare, alla maniera dei turisti, gli abissi e la superficie dell’elemento metropolitano. Isabel era piena di premesse, di conclusioni, di emozioni; se era venuta in cerca di colore locale, lo trovava dappertutto. Faceva troppe domande perché lui potesse darvi risposta, e varava audaci teorie, su cause storiche ed effetti sociali, che egli era incapace nella stessa misura di accettare o di confutare.”
Henry James, The Portrait of a Lady

Henry James
“Erano tornati piano alle loro poltrone nel centro della piazza, e Ralph aveva acceso la sua sigaretta. Gli avrebbe fatto un piacere straordinario partecipare di persona alla modesta festicciola da lei descritta; ma, in mancanza di questo, gli piaceva anche che gli fosse vietata. Per il momento, ad ogni modo, gli piaceva immensamente esser solo con lei, nell’oscurità che s’infittiva, al centro della città affollata; gli sembrava così che lei dipendesse da lui, che fosse in suo potere. Era un potere che non poteva esercitare che vagamente; il miglior modo di esercitarlo era accettare remissivamente le decisioni di lei: a fare la qual cosa, tuttavia, provava già una certa emozione.”
Henry James, The Portrait of a Lady

Henry James
“- Ora giudico più di quanto non fossi solita un tempo - diceva a Isabel - e mi sembra anche di essermene guadagnata il diritto. Non si può giudicare fino a quarant’anni; fino ad allora si è troppo impazienti, troppo duri, troppo crudeli, e per giunta davvero troppo ignoranti. Mi dispiace per voi; dovrà passare molto tempo prima che abbiate quarant’anni. Ma ogni guadagno è anche una perdita; penso sovente che dopo i quaranta non si sa più sentire davvero. Freschezza, immediatezza non ci sono più. Voi le conserverete più a lungo di molti altri; sarà una grande soddisfazione per me vedervi di qui a qualche anno. Voglio vedere che farà di voi la vita. Una cosa è certa: non vi potrà guastare. Potrà sbattervi orrendamente qua e là, ma la sfido a distruggervi. Isabel prese questa dichiarazione così come un giovane soldato, ansimante ancora dopo una leggera scaramuccia dalla quale è uscito con onore, potrebbe prendersi dal suo colonnello una manata sulla spalla.
Proprio come un riconoscimento di questo genere, essa sembrava provenire da persona d’autorità. Come poteva anche una parolina sola non fare questo effetto, venendo da una persona che, quasi a tutto quel che Isabel le diceva, era pronta a dire: «Oh, l’ho provato anch’io, mia cara; passa, come ogni altra cosa»? Su molti dei suoi interlocutori Madame Merle avrebbe potuto produrre un effetto irritante; farla stupire era di una difficoltà sconcertante. Ma Isabel, benché fosse tutt’altro che incapace di desiderare di far effetto, non aveva questa voglia per il momento. Era troppo sincera, troppo interessata alla sua sagace compagna. E inoltre Madame Merle non diceva mai tali cose in tono di trionfo o di millanteria; se le lasciava cadere dalle labbra come fredde confessioni.”
Henry James, The Portrait of a Lady

Henry James
“Dovete dirmi qualcosa di più dell’America; non me ne parlate mai abbastanza. Qui sono rimasta, da quando mi ci portarono, bambina inerme, ed è ridicolo, meglio, è scandaloso come ne sappia poco, di quello splendido, tremendo, buffo paese... certo più grande e più divertente di tutti gli altri. Da queste parti ce ne sono tanti di noi, e devo dire che secondo me siamo uno sciagurato accozzo di gente. Si dovrebbe vivere nella propria terra; qualunque essa sia, voi là avete il vostro posto naturale. Se non siamo buoni americani, siamo
senza dubbio europei da poco; questo non è posto naturale per noi. Siamo puri e semplici parassiti, che strisciano in superficie; i nostri piedi non sono radicati nel suolo. Guardiamo di saperlo, almeno, e di non farci illusioni.
Una donna, forse, può tirare avanti: una donna, mi sembra, non ha posto naturale in alcun luogo; dovunque si trovi, deve restare in superficie e strisciare, più o meno. Protestate, mia cara? siete inorridita? affermate che non striscerete mai? È verissimo che non vi ci vedo, a strisciare; state molto più eretta di tante altre misere creature.”
Henry James, The Portrait of a Lady

Henry James
“- Che cosa non darei per tornare alla vostra età - proruppe ella una volta, con un’amarezza che, per quanto diluita nella vastità consueta del suo garbo, non riusciva così a celarsi del tutto. - Se soltanto potessi ricominciare... se potessi aver la vita davanti! - La vita è ancora davanti a voi - rispose Isabel in tono gentile, perché era vagamente sbigottita. - No; la parte migliore se n’è andata, e se n’è andata per niente. - Non per niente, ne sono certa - disse Isabel. - Perché no... che mi resta? Né marito, né figli, né fortuna, né posizione, né le tracce di una bellezza che non ho mai avuto. - Avete molti amici, mia cara. - Non ne sono sicura! - esclamò Madame Merle. - Oh, vi sbagliate. Avete ricordi, pregi, talento...Ma Madame Merle la interruppe. - Che cosa mi ha fruttato il mio talento? Niente, se non la necessità di farne un uso continuo per trascorrere le ore, gli anni, per ingannare me stessa con qualche pretesto di varietà, di oblìo. In quanto ai miei pregi e ai miei ricordi, meno se ne parla e meglio è. Sarete amica mia finché non troverete da fare un uso migliore della vostra amicizia. - Starà a voi badare che non lo faccia - disse Isabel. - Sì; vorrei tentare di non perdervi. - E la sua compagna la fissò gravemente. - Quando dico che mi piacerebbe avere i vostri anni, intendo dire con le vostre qualità: franca, generosa, sincera come voi. In tal caso avrei fatto qualcosa di meglio della mia vita. - Che cosa vi sarebbe piaciuto fare e non avete fatto?[...]
- Sono molto ambiziosa! - rispose alla fine. - E le vostre ambizioni non sono state appagate? Dovevano essere grandi. - Erano grandi. Parlandone mi renderei ridicola.
Isabel si chiedeva quali mai avessero potuto essere... se Madame Merle avesse aspirato a portare una corona. - Non so quale possa essere la vostra idea del successo, ma a me sembra che lo abbiate avuto. Per me siete proprio una splendida immagine del successo. Madame Merle lasciò cadere la musica con un sorriso. - Qual è la vostra idea del successo? - Ritenete evidentemente che debba essere un’idea molto banale. E di vedere avverarsi qualche sogno di gioventù. - Oh - esclamò Madame Merle - e io non l’ho mai capito! Ma i miei sogni erano così grandi... così assurdi. Il cielo mi perdoni, sto sognando ancora! - E si voltò verso il piano e cominciò a suonare con trasporto. L’indomani disse a Isabel che aveva dato una definizione molto bella ma spaventosamente triste del successo. A misurare con tale metro, chi mai aveva avuto successo? I sogni di gioventù, che cose incantevoli, divine! Chi mai li aveva veduti farsi realtà? - Io stessa... qualcuno l’ho visto avverarsi - si arrischiò a rispondere Isabel. - Di già? Dovevano essere sogni del giorno prima. - Ho cominciato molto presto a sognare - sorrise Isabel. - Oh, se intendete le aspirazioni della fanciullezza... di avere una sciarpa rosa e una bambola che chiude gli occhi... - No, non voglio dir questo. - O un giovane con splendidi baffi che vi cade in ginocchio dinanzi. - No, nemmeno questo - dichiarò Isabel con foga ancor più grande. Madame Merle parve notare il suo ardore. - Sospetto che intendiate proprio questo. Tutte noi abbiamo avuto un giovane coi baffi. È il giovane inevitabile; non conta.”
Henry James, The Portrait of a Lady

Henry James
“- È poco gentile da parte vostra. Quando avrete la mia età capirete che ogni essere umano ha il suo guscio e che di questo guscio bisogna tener conto. E con guscio intendo tutto l’involucro delle circostanze. Un uomo o una donna isolati non sono una cosa che esista; ciascuno di noi è formato da un intrico di dipendenze. Che cosa è il nostro io? Dove comincia? Dove finisce? Inonda tutto ciò che ci appartiene... e poi rifluisce via. Io so che gran parte di me sta negli abiti che scelgo d’indossare. Ho un gran rispetto per le cose! Il nostro io, per gli altri, è l’espressione che noi diamo di noi; e la casa, i mobili, le vesti, i libri che leggiamo, la compagnia che frequentiamo... tutte queste cose sono quelle che ci esprimono. Il tutto era metafisico assai; comunque, non più di parecchie osservazioni che Madame Merle aveva fatto altre volte. Isabel era amante della metafisica, ma non riusciva a seguire l’amica in questa ardita analisi della personalità umana.
- Non sono d’accordo con voi. Penso proprio l’opposto. Non so se riesco ad esprimere me stessa, ma so che niente altro mi esprime. Niente di ciò che mi appartiene è misura di me; tutto ciò è al contrario un limite, una barriera, e del tutto arbitraria. Senza dubbio gli abiti che, come voi dite, scelgo d’indossare non mi esprimono; e voglia il cielo che non lo facciano! - Voi vestite benissimo! - interloquì Madame Merle con tono frivolo. - Può darsi; ma non mi piace essere giudicata da questo. I miei abiti possono esprimere la sarta, ma non esprimono me. Per cominciare, non è per mia scelta che li indosso, mi sono imposti dalla società. - Preferireste andar senza? - domandò Madame Merle, con un tono che virtualmente pose fine alla discussione.”
Henry James, The Portrait of a Lady

Henry James
“- Chissà se voi sapete quel che è bene per me... o se ve ne importa. - Se lo so state sicura che me ne importa. E devo dirvelo, che cos’è? Che non vi tormentiate.
- Che non tormenti voi, suppongo vogliate dire. - Questo non potete farlo; sono a tutta prova. Prendetevela meno. Non state tanto a chiedervi se questo o quello va bene per voi. Non interrogate tanto la vostra coscienza... si scorderà come un pianoforte strimpellato. Tenetela in serbo per le grandi occasioni. Non sforzatevi tanto di formarvi il carattere... sarebbe come aprire a forza una tenera rosellina chiusa. Vivete come meglio vi piace, e il carattere ci penserà da sé a formarsi. Quasi tutto va bene per voi, con rarissime eccezioni, e una buona rendita non è fra queste. - Ralph tacque e sorrise; Isabel l’aveva ascoltato con viva attenzione. - Avete troppa facoltà di pensare, troppa coscienza soprattutto - aggiunse Ralph. - È irragionevole, il numero delle cose che non ritenete giuste. Mettete indietro l’orologio. Frenate la vostra febbre. Aprite le ali; libratevi sulla terra. Far questo non è mai sbagliato. Ella aveva ascoltato avidamente, come ho detto; e per natura era pronta a capire. - Mi domando se vi rendete conto di quello che dite. Se sì, vi prendete una bella responsabilità. - Mi spaventate un po’, ma penso di aver ragione - disse Ralph, continuando a sorridere. - Tuttavia quello che dite è verissimo - proseguì Isabel. - Non potreste dire niente di più vero. Sono assorbita in me stessa, considero troppo la vita come una prescrizione medica. E in realtà, perché star sempre a pensare se le cose vanno bene per noi, come se fossimo degenti di un ospedale? E perché dovrei aver sempre tanta paura di non agire bene? Come se al mondo importasse molto che io agisca bene o male! - Siete un tipo adatto a prender consigli - disse Ralph; - togliete il vento dalle mie vele! Lei lo fissò come se non l’avesse udito, benché stesse seguendo il filo di pensiero che proprio lui aveva suscitato. Mi sforzo di occuparmi del mondo più che di me, ma finisco sempre col tornare a me stessa. Perché ho paura. - S’interruppe; la sua voce aveva
tremato un poco. - Sì, ho paura; non so spiegarlo. Un gran patrimonio vuol dire libertà, e di questo ho paura. È una cosa così bella, e bisognerebbe farne così buon uso. Altrimenti ci sarebbe da vergognarsi. E bisogna pensare e pensare; è uno sforzo continuo. Non so se non sia una felicità più grande non avere questo potere.
Per chi è debole non ho dubbi che sia una felicità più grande. I deboli debbono fare un grande sforzo per non essere vili. E come fate a sapere che non sono debole? - chiese Isabel. - Oh - rispose Ralph, e Isabel vide un rossore affluirgli al viso - se lo siete, sono proprio spacciato!”
Henry James, The Portrait of a Lady

Henry James
“L’incanto della costa mediterranea, a conoscerla meglio, non faceva che divenire più profondo per la nostra eroina, poiché era la soglia d’Italia, la porta delle meraviglie. L’Italia, ancora veduta e sentita in modo imperfetto, le si stendeva dinanzi come una terra promessa, come una terra in cui l’amore del bello poteva essere confortato da un sapere senza fine. Tutte le volte che andava per la spiaggia con il cugino - gli era compagna nella passeggiata quotidiana - guardava al mare, con occhi bramosi, verso là dove sapeva che sorgeva Genova. Era contenta, però, di sostare sulla soglia di questa immensa avventura; anche in questi indugi preliminari c’era di che fremere. E poi le faceva l’effetto di un interludio di pace, di un placarsi del tamburo e del piffero in una vita che aveva scarse prove sinora per considerare agitata, ma che nondimeno dipingeva costantemente a se stessa alla luce delle sue speranze, dei suoi timori, delle sue fantasie, delle sue ambizioni, delle sue predilezioni, e che rifletteva codeste accidentalità soggettive in maniera sufficientemente drammatica.[...]Si smarriva in un groviglio di visioni: le cose belle da fare per una ragazza ricca, indipendente, generosa, che in quanto ad occasioni ed obblighi era di larghe, umane vedute, erano un ammasso imponente. Il suo patrimonio divenne perciò, nei suoi pensieri, una parte del suo io migliore; le conferì importanza, le conferì persino, nella sua immaginazione, una certa ideale bellezza. Quel che fece per lei nell’immaginazione degli altri è un altro affare, e a suo tempo dovremo parlare anche di questo punto. Le visioni di cui ho parlato or ora si mischiavano ad altri travagli. A Isabel piaceva di più pensare al futuro che al passato; ma a volte, mentre ascoltava il mormorio delle onde del Mediterraneo, il suo sguardo volava all’indietro. Si fermava su due figure che, nonostante l’aumentare della distanza, erano ancora sufficientemente evidenti; ed erano riconoscibili senza difficoltà come quelle di Caspar Goodwood e di Lord Warburton. Era strana la rapidità con la quale queste potenti immagini erano cadute nello sfondo della vita della nostra signorina. Era proprio della sua natura, sempre, di perder fede nella realtà delle cose assenti; questa fede poteva riconvocarla, in caso di bisogno, con uno sforzo, ma lo sforzo era spesso penoso anche quando la realtà era stata piacevole. Il passato era soggetto ad apparire cosa morta, e la sua resurrezione proiettava quasi una livida luce da giorno del giudizio. Per di più la ragazta non era incline ad ammettere di vivere nella mente altrui: non era così fatua da credere di lasciar tracce indelebili. Era capace di rimanere ferita se veniva a scoprire di essere stata dimenticata; ma di tutte le libertà quella che stimava più dolce era la libertà di dimenticare.”
Henry James, The Portrait of a Lady

Henry James
“Isabel s’illudeva di credere che Ralph avesse parlato per astio. Per lei era tanto più facile credere così in quanto, come ho detto, aveva ora poca emozione libera e disponibile per i minori bisogni, e accettava come un caso, in effetti proprio come un ornamento, della sua sorte, l’idea che preferire Gilbert Osmond così come lei aveva fatto voleva dire di necessità rompere tutti gli altri legami. Di questa preferenza gustava le dolcezze, e attraverso queste giungeva con un terrore quasi sacro ad acquistar coscienza dell’onda malefica e priva di rimorsi dell’essere affascinati e posseduti, grande quanto l’onore tradizionale e il supposto stato di grazia dell’essere innamorati. Era la parte tragica della felicità; il proprio bene è sempre stato fatto del male degli altri.”
Henry James, The Portrait of a Lady

Henry James
“Osmond aveva l’attaccamento della conoscenza vecchia, e Isabel lo stimolo di quella nuova, che sembrava assicurarle un avvenire in cui la percezione della bellezza avrebbe raggiunto un livello assai alto. Il desiderio di spazi interminati era stato sostituito nella sua anima dal senso che la vita è vuota se non si ha qualche obbligo personale che possa far convergere le energie in un punto solo. Aveva detto a Ralph di aver «visto la vita» per un anno o due, e di essere stanca ormai, non dell’azione di vivere, ma di quella di stare a guardare. Che ne era stato di tutti i suoi ardori, delle sue aspirazioni, delle sue teorie, dell’alta stima che faceva della propria indipendenza e della sua incipiente certezza di non sposarsi mai? Queste cose erano state assorbite in una più primitiva esigenza, una esigenza che a soddisfarla spazzava via innumerevoli questioni, e tuttavia appagava infiniti desideri. Essa semplificava la situazione di colpo, cadeva dall’alto come la luce delle stelle, e non aveva bisogno di spiegazione alcuna. C’era una spiegazione sufficiente nel fatto che egli era l’innamorato suo, proprio suo, e
che lei avrebbe potuto essergli utile. Poteva arrendersi a lui con una specie di umiltà, poteva sposarlo con una specie di orgoglio; non prendeva soltanto,
donava anche.”
Henry James, The Portrait of a Lady

Henry James
“sapeva infatti che Isabel non aveva il dono di saper produrre impressioni studiate. Gli faceva l’effetto di avere una gran voglia di movimenti, di gaiezza, di ore
piccole, di lunghe scarrozzate, di stanchezza; una smania di venire intrattenuta, di venire interessata, di venire persino annoiata, di fare conoscenze, di vedere la gente di cui si parlava, di esplorare i dintorni di Roma, di entrare in relazione con alcune delle più ammuffite reliquie di quella vecchia società. In tutto questo c’era molto meno discriminazione che in quella sua brama di riuscire ad attingere lo svolgersi delle cose, sulla quale egli era stato solito di far dello spirito. C’era una specie di violenza in alcuni degli impulsi di lei, di grossolanità in alcune delle sue esperienze, che riusciva a sorprenderlo; gli sembrava addirittura che parlasse più in fretta, si movesse più in fretta, respirasse più in fretta che prima del matrimonio. Era caduta senz’altro nell’esagerazione, lei che prima amava tanto la pura verità; e mentre una volta trovava grande godimento nel lieto discutere, nel giuoco intellettuale (mai appariva affascinante come quando, nel vivace ardore della discussione, riceveva un colpo schiacciante in pieno viso e se lo toglieva via come una piuma), ora sembrava pensare che non ci fosse niente su cui valesse la pena di dissentire o di trovarsi d’accordo. Una volta era stata curiosa, e adesso era indifferente; pure, nonostante la sua indifferenza, si dava da fare ora come non mai. Ancora snella, ma più bella di prima, non aveva acquistato gran maturità d’aspetto; pure c’era una grandiosità ed uno splendore nel suo modo di abbigliarsi che dava un tocco d’insolenza alla sua bellezza. Povera Isabel dal tenero cuore, da quale perversità era stata morsa? Il suo passo lieve si tirava dietro una massa di drappeggi; la sua testa intelligente sosteneva un’acconciatura maestosa. La ragazza libera, viva, si era fatta tutt’altra persona; ciò che egli vedeva era la bella dama che doveva rappresentare qualcosa. «Che cosa rappresentava Isabel?» si chiedeva Ralph; e non poteva rispondere altrimenti che dicendo che rappresentava Gilbert
Osmond. «Santo cielo, che funzione!» esclamava allora costernato. E si smarriva nello stupore di fronte al mistero delle cose.”
Henry James, The Portrait of a Lady

Henry James
“- Qualunque cosa debba essere, - ella concluse chiaramente, -non è avvenuta ancora.
Egli scosse la testa, arreso del tutto ormai. - Non è avvenuta ancora. Soltanto, sappiatelo, non è qualche cosa ch'io debba fare, compiere nel mondo, e che mi darà reputazione e onori. Non sono asino sino a questo punto. Sarebbe molto meglio, senza dubbio, se lo fossi.
- Sarà qualche cosa che dovrete soltanto subire?
- Ebbene, diciamo attendere, una cosa che devo incontrare, affrontare, veder esplodere all'improvviso nella mia vita; distruggendo probabilmente ogni ulteriore coscienza, e probabilmente annientandomi; che d'altra parte, potrà alterare ogni cosa, colpendo alla radice tutto il mio mondo e abbandonandomi alle conseguenze, quali esse siano.
Ella lo ascoltò con attenzione, ma la luce nei suoi occhi continuava per lui a non essere quella della beffa. - Quanto descrivete non è forse soltanto l'attesa, o in ogni modo il senso del pericolo, ben noto a tanta gente, di innamorarsi?”
Henry James, The Beast in the Jungle

Henry James
“Così lei aveva visto mentre egli non vedeva, e così lei continuava ancora a ribadire la verità. Verità, vivida e mostruosa; la sua lunga attesa: quella era stata la sua sorte. La compagna della sua vigilia aveva a un certo momento capito, gli aveva offerto la possibilità di eludere la sorte. La propria sorte, però, non si elude mai, e il giorno in cui gli aveva detto che la sua si era compiuta, l'aveva soltanto veduto fissare stupidamente la scappatoia che gli offriva. La scappatoia sarebbe stata amare lei; allora, allora sì egli
avrebbe vissuto. Ella aveva vissuto - chi avrebbe ora potuto dire con quale passione? - giacché l'aveva amato per se stesso; mentre egli non aveva mai pensato a lei (ah, con quale evidenza la verità fiammeggiava davanti ai suoi occhi, ora!) se non nel gelo del suo egoismo e al lume di utilità pratica in cui egli la vedeva. Le parole di May tornavano a lui; la catena si allungava all'infinito. La Belva era stata in agguato davvero, e la Belva, al momento giusto, era balzata; era balzata nel crepuscolo di quel freddo aprile quando, pallida, consunta, ma bella, e forse ancora in grado di guarire, si era alzata dalla sua sedia per rizzarsi in piedi davanti a lui e lasciarlo immaginosamente indovinare. Era balzata, la Belva, quando egli non aveva saputo capire; era balzata mentre ella si allontanava disperata da lui, e il marchio, quando oramai egli l'aveva lasciata, era caduto dove doveva cadere. Egli aveva giustificato il suo presentimento e compiuto il suo fato; era fallito, con assoluta esattezza, in tutto quello in cui doveva fallire; e un gemito gli salì ora alle labbra nel ricordare come May aveva supplicato di non voler mai sapere. Quell'orrore del risveglio -quella era la conoscenza, e sotto quel fiato le stesse lacrime sembrarono gelarsi. Attraverso le lacrime, nondimeno, egli cercava di fissarla e trattenerla: la teneva lì davanti a sé così da sentirne tutto il dolore. Almeno questo, in ritardo e con amarezza, aveva un poco il sapore della vita. Ma l'amarezza improvvisamente lo nauseò, e fu come se, orribilmente, avesse veduto, nella verità, nella crudeltà della raffigurazione, ciò che era stato scritto e compiuto. Vide la Giungla della sua vita, e vide la Belva in agguato; poi, mentre guardava, la senti in un fremito dell'aria ergersi, enorme e laida, per il balzo che doveva finirlo.”
Henry James, The Beast in the Jungle

Henry James
“Ma le riflessioni sono un magro conforto: l'unica consolazione che conti al mondo è non essere stati stupidi, uno stato di grazia del quale, senza dubbio, io non godrò mai.”
Henry James, Ghostly Tales

Henry James
“He knew it, and for the time quite welcomed it, as a continuation, but didn’t know what it continued, which was an interest or an amusement the greater as he was also somehow aware—yet without a direct sign from her—that the young woman herself hadn’t lost the thread. She hadn’t lost it, but she wouldn’t give it back to him, he saw, without some putting forth of his hand for it; and he not only saw that, but saw several things more, things odd enough in the light of the fact that at the moment some accident of grouping brought them face to face he was still merely fumbling with the idea that any contact between them in the past would have had no importance. If it had had no importance he scarcely knew why his actual impression of her should so seem to have so much;”
Henry James, The Beast in the Jungle

Henry James
“I've not made her my bosom-friend; but I like her in spite of her faults."

"Ah well," said Ralph, "I'm afraid I shall dislike her in spit of her merits.”
Henry James, The Portrait of a Lady

Henry James
“If you've not good servants you're miserable," Mrs. Touchett serenely said. "They're very bad in America, but I've five perfect ones in Florence."

"I don't see what you want with five," Henrietta couldn't help observing. "I don't think I should like to see five persons surrounding me in that menial position."

"I like them in that position better than in some others," proclaimed Mrs. Touchett with much meaning.

"Should you like me better if I were your butler, dear?" her husband asked.”
Henry James, The Portrait of a Lady

Henry James
“Yes, you're changed; you've got new ideas over here," her friend continued.

"I hope so," said Isabel, "one should get as many new ideas as possible."

"Yes, but they shouldn't interfere with the old ones when the old ones have been the right ones.”
Henry James

Henry James
“Of late, it was not to be denied, literature had seemed a fading light....”
Henry James

Henry James
“Recibí su beso y, mientras lo estrechaba un momento entre mis brazos, tuve que hacer el más enorme esfuerzo para no llorar.”
Henry James, Otra vuelta de tuerca

Donna Leon
“There had been no noise from any other part of the apartment, but that didn’t exclude the possibility of Paolo’s presence, especially if she had given her soul over to reading. He sometimes told her that Attila could storm through the house and she’d not notice if she were reading. She had most recently disputed this by claiming that it would depend on the book.
Her door was open, so he went in. And found her on the sofa, with Henry James.”
Donna Leon, Transient Desires

Susan         Hill
“Henry James wrote that 'there are two kinds of taste in the appreciation of imaginative literature: the taste for emotions of surprise and the taste for emotions of recognition. It is the latter that Trollope gratifies.”
Susan Hill, Howards End Is on the Landing: A Year of Reading from Home

« previous 1 3 4 5 6 7 8 9