2011: la giovane Candace si ritrova con un gruppo di altre persone sopravvissute ad una catastrofe mondiale a causa di un’epidemia originata dalle spo
2011: la giovane Candace si ritrova con un gruppo di altre persone sopravvissute ad una catastrofe mondiale a causa di un’epidemia originata dalle spore di un fungo cinese. E’ la febbre di Shen, da Shenzen città cinese dove tutto ha origine (!!!). Assieme a persone mai viste prima, Candace si ritrova in viaggio verso una fantomatica Struttura che dovrà essere il luogo di un nuovo inizio per questi sopravvissuti.
Il romanzo alterna capitoli che raccontano questo viaggio, a capitoli in cui, trascinata dai ricordi, Candace, ritorna al passato: dalla bambina nata in Cina ed emigrata negli Stati Uniti all’età di sei anni, alla giovane donna che rimasta orfana, non sa bene come collocarsi nella società.
Il filo che unisce le due parti è la (ri) scoperta delle proprie radici perché si affermi la propria identità. Quello che mi sconcerta in questo libro è la discrepanza di qualità tra le due parti tanto che per almeno metà lettura (e forse qualcosa di più) sembra di leggere due cose differenti e slegate.
La parte che riguarda il racconto di questo mondo collassato e le dinamiche di questo gruppo di immuni l’ho trovata banale, scontata.
Lo scenario catastrofico, innanzitutto, che strizza l’occhio al genere zombie. Gli infettati, tuttavia, non sono pericolosi, non attaccano ma rimangono come intrappolati nei ricordi e ripetono all’infinito azioni del passato. Nove persone che eleggono naturalmente un leader che, tempo zero, si trasforma in un nuovo messia a cui tutti obbediscono ciecamente. In viaggio da New York all’Illinois il gruppo solidale di sopravvissuti diventa a tutti gli effetti una setta filo religiosa.
Quando la voce narrante racconta, invece, la sua infanzia e la sua adolescenza fino ad arrivare agli ultimi giorni a New York prima che decidesse di abbandonare la città, sembra quasi che sia stata un’altra persona a prendere in mano la penna.
La questione dell’identità culturale ma anche la descrizione di una spietata società del lavoro, un ingranaggio in cui una volta entrati si fatica ad uscire così come le metropoli (ed in particolare New York) così esageratamente pulsanti e ingannevoli ma allo stesso tempo intrise di solitudine nonostante la moltitudine.
Candace fa interminabili passeggiate scattando fotografie di New York e ciò mi ha ricordato (molto)Città apertadi Teju Cole.
Altrettanto importante è la questione del commercio con il sud est asiatico (Candace lavora per progetti editoriali che riguardano Bibbie) dove il palese sfruttamento della manodopera sembra solo accennato ma il realtà risalta con la dovuta prepotenza e con tinte satiriche.
Insomma, una lettura che ho apprezzato a fasi alterne e lo si può capire da questo commento abbastanza confuso.
”Forse tutti gli umani si sentono soli. Almeno potenzialmente.”
Klara è un prodotto tecnologico: un’androide, modello AA, destinata ad essere la comp”Forse tutti gli umani si sentono soli. Almeno potenzialmente.”
Klara è un prodotto tecnologico: un’androide, modello AA, destinata ad essere la compagna fedele di qualche adolescente. Chiusa fra le quattro mura di un negozio cambia ogni settimana posizione a seconda di come la Direttrice vuole allestire l’esposizione. E' una vita di attesa. Come piccoli orfani in cerca di adozione, gli androidi si mettono in posa ogni qual volta un cliente varca la porta.
Josie- una dodicenne che soffre di una misteriosa malattia- sarà colei che acquisterà Klara, promettendole giorni fantastici; ma si sa che le promesse dei bambini sono volatili e non tutto andrà esattamente in questo modo.
La società che mette in scena Ishiguro si dedica a creare e modellare una nuova generazione artificialmente potenziata così da plasmare un'élite di prescelti e destinati a diventare la classe dominante. Su tutto questo scenario domina un'estrema solitudine e la difficoltà dei rapporti interpersonali.
Klara è un prodotto tecnologico ma le sue doti forse sono andate al di là delle intenzioni di chi l’ha costruita. Klara osserva, deduce e prova sentimenti.
La tecnologia può davvero riprodurre in tutto e per tutto un essere umano? E un raggio di sole può essere ancora una speranza di vita in un pianeta dove la catastrofe ambientale è già in atto?
...ci disse di non preoccuparci, che il Sole trovava sempre un modo per raggiungerci ovunque fossimo."
Chiudo il libro con una sensazione di amarezza per ciò che siamo diventati. Solitudine, egoismi, arrivismo. A volte ho nostalgia di quando la merenda si faceva con pane, burro e zucchero (da mia nonna pane e pomodoro). Quando scorrazzavamo per il paese con la bicicletta (con le mani conserte per dimostrare il perfetto equilibrio). Di quando andavamo a scuola dove non ti sentivi un barattolo da riempire e destinato a finire sul mercato; sicuramente imparavi meno perché c’erano meno pretese ma questo non faceva di te una persona peggiore. Ho nostalgia di quando all’intervallo ti si avvicinava qualcuno di un’altra classe e ti diceva fulmineo: «Vuoi essere mia amica?» e, a risposta affermativa, si correva a giocare...
Ma so che sono nostalgie frutto dei falsi colori con cui ho dipinto il mio passato. In realtà, il terreno fertile per quello che si è oggi, era già pronto ma, forse, ecco, sopravviveva una spontaneità dei rapporti che non aveva bisogno dei prolungamenti tecnologici. Ecco, forse quello si poteva preservare...
Bella lettura. Molto affine a Non lasciarmi anche per lo stesso sapore agrodolce che rimane in bocca assieme ai tanti pensieri.
”Al tempo stesso, ciò che mi diventava ogni giorno piú chiaro era fino a che punto gli umani, pur di evitare di sentirsi soli, potessero compiere manovre molto complesse e pressoché incomprensibili”
”— Dormire, forse sognare; sì, questo è il problema —”
"La falce dei cieli" (1971) è una distopia della scrittrice americana Ursula K. Le Guin.
Il ”— Dormire, forse sognare; sì, questo è il problema —”
"La falce dei cieli" (1971) è una distopia della scrittrice americana Ursula K. Le Guin.
Il protagonista è un timido ragazzo di nome Georg Orr:
”Una vittima nata. Capelli simili a quelli di una bambina, chiari e fini; barbetta bionda; pelle soffice e bianca come la pancia di un pesce; un tizio mite e blando, che incespicava sulle parole.”
George, tuttavia, nasconde un incredibile potere: i suoi sogni trasformano la realtà e ad ogni risveglio non solo tutto è modificato ma la memoria stessa delle persone si riadatta alla nuova situazione creando delle vere e proprie ”doppie tracce temporali, universi alternati"
Dopo un’accusa per abuso di psicofarmaci, George viene mandato in terapia dal Dottor Haber, psichiatra per il Trattamento Terapeutico Volontario...
Sono tre le costanti in questa storia: l’anno 2002, la città di Portland e l’Effetto Serra (qualcuno davvero si stupisce che nel 1970 si parlasse di Clima tanto quanto oggi?) il resto è uno scenario ogni volta è distorto, sostituito, rinnovato.
Un romanzo che s’inoltra nei meandri della mente umana e parallelamente percorre le strade delle città devastate dalla Storia ma dove il bisogno di relazioni è una forte costante e diventa sempre più chiaro che l’unico modo per sopravvivere è quello di accettare anche l’irrealtà
” Chi non saprà farlo verrà distrutto dalla Falce dei Cieli.” [Chuang Tse: XXIII]
” C'è un uccello, in una poesia di T.S. Eliot, che afferma che l'umanità non può sopportare una dose molto forte di realtà; ma quell'uccello sbaglia. Un uomo può sopportare per ottant'anni l'intero peso dell'universo. È l'irrealtà, ciò che non riesce a sopportare.”...more
” Non capisco perché il tuo aspetto debba spaventarmi così — disse. Non aveva un tono spaventato. — Non sembri minaccioso. Solo... molto diverso. — Per” Non capisco perché il tuo aspetto debba spaventarmi così — disse. Non aveva un tono spaventato. — Non sembri minaccioso. Solo... molto diverso. — Per molte specie, la diversità è una minaccia — disse Nikanj”
Che peccato! Ne leggerei ancora ma il Ciclo della Xenogenesi della scrittrice afroamericana Octavia Butler, non è stato, (purtroppo) tradotto interamente. Nella collana di Urania, infatti, troviamo solo i primi due (Ultima Genesi e Ritorno alla Terra) mentre manca il terzo e conclusivo capitolo:Imago. Insomma, è un po’ come iniziare a vedere un film sapendo che ci è precluso di sapere come andrà a finire.
Pubblicata nel 1987, Ultima Genesi, potrebbe trasformare in domanda quella (assillante) affermazione che ci ha accompagnato in questi ultimi mesi. Andrà, davvero, tutto bene? Perché l’umanità in questo scenario futuro è proprio messa male. Ne rimangono solo alcuni brandelli ed uno di questi si chiama Lilith Iyapo. La terra è lontana nello spazio ma anche nel tempo. Mantenuta, assieme ad uno sparuto manipolo di altri umani, in animazione sospesa (una sorta di sonno indotto) viene risvegliata definitivamente dopo duecentocinquanta anni per assolvere un compito: guidare un gruppo di umani per ripopolare la Terra che ora è ritornata ad essere abitabile dopo l’Inverno Nucleare, la distruzione causata da una guerra atomica.
Ma chi o cosa ha salvato questi sopravvissuti? Una realtà difficile d’accettare perché si tratta di una razza aliena, il popolo degli oankali. La Xenofobia si esprime col ribrezzo al solo guardare quell'estraneità così esposta e disgustosa.
Un disagio accentuato dalle domande che cominciano ad essere sempre più martellanti: chi sono questi oankali? Amici o nemici? Aguzzini o salvatori? E cosa fare? Ribellarsi o Adattarsi?
Dopo il Ciclo delle Parabole, torno a leggere, con grande piacere, Octavia Butler e ritrovo questa sua grande capacità di parlare del presente attraverso scenari solo apparentemente così lontani.
Tante tematiche : l'accettazione dell’Altro, lo Straniero, il Diverso; la conoscenza reciproca e lo scambio di informazioni come arricchimento e crescita; la maternità; il sesso; l'istinto di sopraffazione maschile negli uomini e anche l'ecologia.
” Noi ridurremo i vostri problemi gerarchici, e voi diminuirete le nostre limitazioni fisiche. I nostri figli non distruggeranno se stessi in una guerra, e se avranno bisogno di farsi ricrescere un arto o di provocare in se stessi qualche altro cambiamento, potranno farlo. E ci saranno altri vantaggi.”...more
La parete è il romanzo più importante della scrittrice austriaca Marlen Haushofer. Pubblicato per la prima volta nel 1963, non ebbe successo. La ristaLa parete è il romanzo più importante della scrittrice austriaca Marlen Haushofer. Pubblicato per la prima volta nel 1963, non ebbe successo. La ristampa del 1983 ebbe, invece, largo riscontro tra ambientalisti e femministe.
” Oggi, 5 novembre, inizio la mia cronaca. Annoterò tutto con la massima precisione possibile. (...) Non scrivo per il gusto di scrivere; vi sono costretta dalle circostanze, se non voglio perdere la ragione. Non c’è nessuno che possa preoccuparsi o aver cura di me. Sono completamente sola, e devo tentare di sopravvivere ai lunghi, bui mesi dell’inverno. Non conto che queste annotazioni vengano mai trovate. Per ora non so nemmeno se lo desidero. Forse lo saprò quando avrò finito di scrivere questa cronaca.”
Doveva essere un breve soggiorno in uno chalet in montagna della cugina. Ma accade l’inaspettato: la presenza invisibile ma concreta di una parete che la isola e le restituisce l’immagine di un mondo al di fuori pietrificato, fermo, morto, inerte. Così la protagonista di questa storia ha solo un breve attimo di sconcerto ma non tentenna, non si abbandona ad attacchi di panico, non perde minuti preziosi per cercare spiegazioni che non ci sono.
L’assurdo che ha cambiato il corso del suo destino: occorre rimboccarsi le maniche. Punto. Una donna, un cane, una gatta, una mucca.
Un racconto che apparentemente procede lento e sembra non parli di nulla se non di un’ostinazione costante a voler sopravvivere. Eppure la donna senza nome(” Mi accorgo di non aver scritto il mio nome. L’avevo quasi dimenticato, ed è bene così. Nessuno mi chiama con questo nome, dunque non esiste più.”) non solo stabilisce un muto patto con la natura ma diventa madre che accoglie e si prende cura di altri esseri viventi.
Regola numero uno: non abbandonarsi mai al ricordo di ciò che è stato; Regola numero due: organizzarsi in prospettiva dell’avvicendarsi delle stagioni solo il fare è àncora di salvezza; Regola numero tre: anche nella disperazione non perdere la capacità di amare.
Così continua ed arriva il giorno che la parete seppur ci sia sempre non la si vede più
"La parete è diventata a tal punto una parte della mia vita che non ci penso per settimane intere. E anche quando ci penso, non mi appare più inquietante d’un muro di mattoni o della siepe di un giardino, che m’impediscono di continuare il mio cammino. Cos’ha poi di tanto particolare? Un oggetto fatto di una materia la cui composizione mi è ignota. Nella mia vita oggetti del genere ce ne sono stati sempre più del necessario. La parete mi ha costretta a iniziare una vita tutta nuova, ma le cose che mi toccano veramente sono rimaste identiche a prima: la nascita, la morte, le stagioni, la crescita e il declino. La parete è una cosa, né viva né morta, in verità non mi riguarda affatto e per questo non la sogno."
Un racconto che parla di vita e per farlo, inevitabilmente, deve parlare di morte. Un percorso in cui si ristabilisce il legame con la natura le cui regole sono dure ma cristalline. Spesso accade che il pericolo arrivi, invece, dai propri simili...
"L’unico nemico che avessi conosciuto in vita mia era l’uomo"
E forse la parete, alla fine, non è un ostacolo ma un salvagente lanciato ad umanità consumata da se stessa che solo costretta da un’estrema situazione potrebbe riscoprire i valori importanti. Forse la prigione è quella rimasta al di là della parete...
[image]Octavia Butler (1947-2006) è un'autrice afroamericana di racconti e cicli narrativi fantascientifici,. Perlopiù sconosciuta al pubblico di letto[image]Octavia Butler (1947-2006) è un'autrice afroamericana di racconti e cicli narrativi fantascientifici,. Perlopiù sconosciuta al pubblico di lettori italiani, potrebbe, invece, essere per molti una felice rivelazione proprio per la capacità di analisi sociale e le riflessioni, in particolare, sulle questioni di razza e di genere.
“È un inizio, un modo di tentare di costruire il domani, invece di ripetere il ciclo tornando a una qualche forma passata.”
La parabola dei talenti(1998) è il proseguimento de La parabola del seminatore(1993) dove la giovane protagonista Lauren Olamina, nello scenario distopico di un mondo brutale, fonda una comunità che si ispira ad una filosofia religiosa denominata “Il Seme della Terra”.
Come bene spiega la Butler nella postfazione, la creazione di questo mondo non è tanto una visione distopica del futuro quanto una proiezione di quello che già era in atto negli anni ’90 in cui lei scrive questo breve ciclo. Il materiale narrativo è semplicemente tra le pagine di un qualsiasi giornale: tossicodipendenze, l’avanzata tecnologica, l’analfabetismo, lo sfruttamento al limite dello schiavismo, i fanatismi razziali e religiosi, il riscaldamento globale, la diffusione di malattie...
” Volevo scrivere una storia in cui questi e altri elementi potessero trasformarsi da problemi e ipotesi in totali disastri. E volevo una vicenda in cui nonostante questi problemi qualcuno cercasse di spingere la razza umana a concentrare le sue grandi energie per uno scopo positivo e potenzialmente utile.”
Il racconto di questo mondo in agonia materiale e morale è, però, anche un racconto di relazioni ed in particolare di quelle tra una madre ed una figlia con il loro bagaglio di incomprensioni.
Olamina è una donna che resiste, non si rassegna al declino umano e crea un nuovo pensiero, non a caso, il suo dio è il dio del cambiamento. Nessun credo passivo ma donne e uomini che lavorano sodo per mettere in atto una trasformazione dello stato di cose e, come nella Parabola dei Talenti (Matteo 25:14-29), ogni capacità dà i suoi frutti se si semina e si condivide.
” Incontro anche sempre più gente che ora ha il tempo di preoccuparsi per la china pericolosa che il paese ha preso. Negli anni successivi al 2020, quando erano malate, morivano di fame o cercavano di tenersi al caldo, queste persone non avevano il tempo e l'energia di guardare al di là della loro situazione disperata. Ora, invece, riescono meglio a soddisfare le esigenze fondamentali, cominciano a guardarsi intorno e sono insoddisfatte del ritmo lento del cambiamento “
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“Sembra esserci qualche ragione biologica per cui siamo come siamo, altrimenti i cicli non si ripeterebbero. Naturalmente la specie umana ha una parte animale, ma possiamo fare cose che nessuna specie animale è in grado di realizzare. Possiamo scegliere: possiamo continuare a creare e a distruggere, fino a distruggere noi stessi, o la capacità del nostro mondo di sostenerci, o possiamo trasformarci in qualcosa di più. Possiamo crescere e abbandonare il nido. Possiamo realizzare il destino, crearci una casa tra le stelle e trasformarci in una combinazione tra ciò che vogliamo diventare e qualsiasi cosa il nostro nuovo ambiente ci spingerà a essere. Il nostro nuovo mondo ci trasformerà mentre lo plasmeremo e alcune delle nuove persone che emergeranno da tutto questo elaboreranno nuovi modi di affrontare le cose. Dovranno farlo. Questo spezzerà il vecchio ciclo, anche se solo per cominciarne uno nuovo e diverso.”...more
... Basma Abdel Aziz: scrittrice egiziana, psichiatra, artista visiva e attivista per i diritti umani, soprannominatTra Kafka ed Orwell c’è...
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... Basma Abdel Aziz: scrittrice egiziana, psichiatra, artista visiva e attivista per i diritti umani, soprannominata "la ribelle". Probabilmente ne “La fila” è la donna coi capelli corti: quella che proprio non riesca stare zitta di fronte alle ingiustizie e agli atteggiamenti spavaldi di un mussulmano radicale.
Per l'ambientazione sociale e politica nella forma apocalittica e per amore di sintesi potremmo ridurre il romanzo con l'etichetta del "distopico" o - se volessimo essere più precisi- dovremmo definirlo "ucronico" per la sensazione che ci sia più distorsione di un tempo presente che l'immagine di un futuro apocalittico. Comunque sia, in questo breve romanzo (esordio per l’autrice), non è la componente catastrofica e pessimistica la vera cifra che regge la narrazione.
Siamo in una cittadina che immaginiamo nel Nord Africa, forse l’Egitto stesso. Vige un regime assoluto che stravolge la vita cittadina partendo dalla toponomastica (la città è divisa in aree che hanno numeri romani crescenti andando verso la periferia.) e inoltrandosi nella vita privata di tutti. L’intransigenza della dittatura fa sollevare delle proteste che vengono violentemente sedate e denominate “Sciagurati Eventi”. Questa è l’etichetta che segna un passaggio ulteriore nell'oppressione: da un giorno all'altro, davanti all'inaccessibile Edificio Centrale appare una Porta di fronte alla quale si forma una fila che giorno dopo giorno s’ingrossa sempre più assumendo poi dimensioni chilometriche e diventa La Fila. La gente si accalca e aspetta pazientemente che la Porta si apra. Ognuno, infatti, vuole avere un certificato che risolva i suoi casi personali ma soprattutto è Il Certificato: quello di Buona Cittadinanza quello necessario per fare qualsiasi cosa. Così le case si svuotano e tutto ruota attorno ad una Fila che si anima di un’umanità varia di componenti ma nel suo essere massa si rivela come materia omogenea e facilmente malleabile...
”Si chiedeva cosa spingesse le persone ad attaccarsi così tanto a quella nuova vita che orbitava intorno alla fila, incapaci di immaginare oltre. Non avevano preso con leggerezza la decisione di andare alla Porta coi documenti alla mano: tra loro c’erano professionisti e operai, vecchi e giovani, donne e uomini; non mancava nessuno, persino il più povero dei poveri era lì, e non lo dividevano dal ricco né muri né barriere: tutti si rassomigliavano, avevano lo stesso sguardo e la stessa letargia. E adesso stavano iniziando tutti a pensare nello stesso identico modo.”
Abdel Aziz rimastica Kafka rinnovando l’atmosfera di quel surreale che racconta un incredibile e tangente presente. Ci sono forze invisibili ma al contempo presenti e pressanti che remano contro il popolo che viene aggirato/rigirato e raggirato. Dietro tutto ciò c’è un potere cieco e sordo, che sente tutto ma non ascolta, che guarda tutto ma non vede che se stesso. Questo ci ricorda anche Orwell che poi è soprattutto presente in quella manipolazione della storia e del concetto stesso di verità.
Veramente un libro originale che ha saputo rimaneggiare i tesori della Letteratura per raccontarci gli abissi delle dittature arabe, il pericoloso insinuarsi della testardaggine radicale e la tragedia delle torture. Aziz lavora presso un centro di riabilitazione per vittime di tortura in Egitto. Due elementi che dovrebbero ricordarci qualcosa per una storia che reclama giustizia così come i versi che Laura Vargiu ne “I passi spezzati” ha dedicato al triste vicenda irrisolta di Giulio Regeni:
”Ma svuotati ormai d’ogni preghiera andiamo in cerca del tuo nome e di quei giovani tuoi passi spezzati in quest’abietta landa di disumanità su cui invochiamo cieli tersi di giustizia mentre le loro più torbide menzogne impietosa han già raccontato la verità”
(da “I passi spezzati” di Laura Vargiu, Terza Classificata al concorso “Poesia e Solidarietà” in Trieste, 2019)...more
Ecco il Pianeta Terra distrutto in ogni sua forma:
”Vedo anche una morente palla di fango. Cosí è ridotta, nel 2049 circa, la nostra ex casa: la Terra.Ecco il Pianeta Terra distrutto in ogni sua forma:
”Vedo anche una morente palla di fango. Cosí è ridotta, nel 2049 circa, la nostra ex casa: la Terra. È una macchia indistinta color seppia.”
Un esiguo gruppo di privilegiati si è rifugiato su una stazione orbitale fluttuante capeggiata da un despota. La sopravvivenza avviene attraverso il saccheggio di quello che rimane sul pianeta moribondo e a cui si accede attraverso le Corde celesti e, mentre lo sviluppo tecnologico va oltre ogni immaginazione, questo brandello di superstiti, in realtà, ha perso, nel giro di poche generazioni, i connotati fisici umani.
Christine, prima voce narrante si descrive così:
"Sono priva di genere sessuale, o quasi. Ho la testa bianca, sembra di cera. Niente sopracciglia né ciglia né labbra piú o meno carnose, niente di tutto questo ma ossa sporgenti, zigomi, spalle, clavicole, e punti accesso dati, cioè quei punti del nostro corpo in cui possiamo interagire con la tecnologia. C’è un leggero rialzo lí dove un tempo cominciava il mio seno, e una specie di monticello dove dovrei avere l’osso pubico, ma finisce qui. Di femminile non mi è rimasto altro."
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Lo scenario distopico ha il sapore dei racconti cyberpunk negli aspetti ipertecnologici, nella brutalità degli scenari.
Ormai è chiaro che questo genere di narrativa ha accorciato le distanze temporali. “Il libro di Joan” ci racconta una storia del futuro prossimo (tra trentanni giusti!!) e, allo stesso tempo, mette sul piatto tematiche che sono parte di questo mondo contemporaneo.
E’ un libro non facile per una certa dose di violenza (anche erotica in un certo qual modo) e di dettagli tecnici. Entrambe le caratteristiche possono far procedere a singhiozzo la lettura (se non addirittura bloccarla) a me è successo il contrario. Credo, infatti, che, per chi condivida il messaggio dell’autrice, sia più facile entrare nella disposizione corretta per apprezzarne il valore.
Essenzialmente troviamo in questo romanzo la tematica di de-costruzione del concetto di potere (in ogni sua forma) e il riconoscimento del valore di ogni forma di controcultura.
La narrazione è assieme al corpo come metafora ne è il fulcro.
Y. rielabora personaggi storici e non:
◾Christine Pizan che ricalca l’immagine dell’omonimo personaggio storico (scrittrice del ‘400 che fu “molto famosa inoltre per aver dato inizio alla cosiddetta "Querelle des femmes": dopo avere letto due opere rispettivamente di Boccaccio e di Jean de Meun, che difendevano l'idea che la donna è per natura un essere vizioso”- https://it.wikipedia.org/wiki/Christi...)
◾Jean de Men- Jean de Meun o Jean de Meung, nato Jean Chopinel o Jean Clopinel (Meung-sur-Loire, 1240 circa – Parigi, 1305 circa) è stato un poeta francese del XIII secolo, noto soprattutto per la sua continuazione del Roman de la Rose.
◾Joan del Fango- è chiaramente ispirata a Giovanna d’Arco
◾Trinculo omonimo dell’ubriacone della Tempesta shakespeariana con la differenza che qui è un personaggio più devoto ad Eros che a Bacco
Opera affascinante ma, insomma, non per tutti…
”Cosa diede un impatto epico alla mia piccola sfida letteraria? La pelle, ecco cosa diede un peso epico alla rappresentazione letteraria. Il mezzo era il corpo umano. Non i rotoli sacri. Non ideologie militariste o discutibili teorie intellettuali. L’unica cosa che ci fosse rimasta, e cosí crollò il divario fra rappresentazione e vita. In principio era la parola, e la parola diventò il nostro corpo....more
- La maggior parte degli uomini vive una vita di quieta disperazione. - [Walden ovvero vita nei boschi- Henry David Thoreau]
(1963)-
Quanto ci è uti - La maggior parte degli uomini vive una vita di quieta disperazione. - [Walden ovvero vita nei boschi- Henry David Thoreau]
(1963)-
Quanto ci è utile conoscere la biografia di Walter Tevis per cogliere aspetti importanti di questa storia? Molto. Moltissimo.
E così, leggendo che:
”(…) ha vissuto tra il nativo Kentucky e la meta finale delle sue peregrinazioni, New York, (…) con problemi di alcolismo sempre più gravi. (…) Era stato un bambino con problemi di salute, gracile, timido, solitario.”
...diventa veramente impossibile non farsi saltare all’occhio la dimensione speculare con il protagonista di questo romanzo: Thomas Jerome Newton un personaggio assai particolare:
” Non era un uomo, eppure era molto simile a un uomo. Era alto uno e novanta, e certi uomini sono anche più alti; aveva i capelli bianchi come quelli di un albino ma la faccia era leggermente abbronzata, e gli occhi di un azzurro pallido. La struttura del corpo era oltremodo esile, le fattezze delicate, le dita lunghe, sottili, e la pelle quasi traslucida, priva di peli. Il volto faceva pensare a un elfo (…)”
Non riesco a parlare di questo libro senza svelare alcuni dettagli, ragion per cui li nascondo…
(view spoiler)[ Il libro si divide in tre parti che, palesemente, ci parlano dell’evoluzione e del taglio di questa storia. La prima parte s’intitola “1985- La discesa di Icaro” Non conosciamo TJN nel momento della sua caduta ma quando i suoi passi si stanno già abituando al suolo terrestre. Eppure quel momento dell’arrivo (la caduta) è continuamente presente soprattutto da quando conosciamo uno degli altri protagonisti che ha in casa, per l’appunto, una stampa della Caduta di Icaro di Bruegel
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Così il cadere, il discendere trae dal mito tutto il suo significato. TJN crede di aver vinto al forza di gravità e poter così proseguire il suo cammino ma non basta la sua superiore intelligenza a sconfiggere il dramma della solitudine, del sentirsi diverso ed incompreso. Appoggiare i piedi al suolo terrestre si rivela, allora, sono come l’inizio di un precipitare.
La seconda parte s’intitola “1988: Rumpelstiltskin” che trasferisce le metafore del romanzo nel mondo della fiaba (per chi non la conosce: https://it.wikipedia.org/wiki/Tremotino)
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Come Rumpelstiltskin nasconde la sua vera identità ed è dotato di poteri superiori. Difficile non rendersi conto che ne condividerà anche le sorti tragiche. All’inizio era qualche bicchiere di vino a fargli affrontare la nostalgia. Poi ci fu il gin in cui affogare la disperazione del proprio fallimento. Incastrato in una casella: non può né tornare indietro né andare avanti! Poi la storia ci parla anche di un deludente mondo reale fatto di sporca scienza e sporca politica. Tant’è vero che le persone più sincere e pure sembrano essere quelle che vivono di sussidi.
La terza parte intitolata “1990: L’annegamento di Icaro parla da sé: è il compimento del dramma esistenziale. Qualcosa non ha funzionato e, a quanto pare, neppure in Tevis qualcosa non funzionava proprio mentre scriveva questo romanzo. Fu solo l’inizio di ben diciassette anni in cui rimase invischiato nella dipendenza alcolica, scrivendo poco e, soprattutto, perdendo fiducia in se stesso. (hide spoiler)]
Come posso negare che mi è stato impossibile leggere questo libro senza vedermi continuamente davanti David Bowie?
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Non posso negarlo, pertanto non lo farò. D’altronde è quasi impossibile avere la mente completamente priva di condizionamenti figuriamoci quando una trasposizione cinematografica ha permesso ad un romanzo di varcare i confini a stelle e strisce e rientrare tra i cult della fantascienza....more
“Noi siamo gli uomini vuoti. Noi siamo gli uomini impagliati appoggiati gli uni agli altri con le teste piene di paglia. Ahimè! Le nostre voci aride “Noi siamo gli uomini vuoti. Noi siamo gli uomini impagliati appoggiati gli uni agli altri con le teste piene di paglia. Ahimè! Le nostre voci aride quando bisbigliamo insieme sono fioche e insensate come il vento tra l’erba secca…
"The Hollow Men" -Thomas Stearns Eliot- 1925
Cos’è una distopia se non uno specchio deformante? Una lente che ingigantisce le paure di un mondo contemporaneo cosciente di essere, per molti versi, in un vicolo cieco.
“Mockingbird “ (il titolo originale, che tradotto è semplicemente “Mimo”) fu pubblicato nel 1980. In Italia usci con Mondadori qualche anno dopo con il titolo “Futuro in trance”.
I tre protagonisti, infatti, ci accompagnano tra le strade di un America senza sogni e con un'umanità ipnotizzata in via di estinzione. E’ il 2467. La collettività è sepolta sotto uno schiacciante individualismo, talmente dominante da essere, in realtà, un'omologazione di massa.
Le tre voci narranti intrecciano le loro esistenze quasi per caso. Spofforth – il robot più simile all’umano che sia mai stato concepito- verrà a sapere per caso dell’esistenza di un uomo che sa leggere: Bentley, detentore di un sapere ormai scomparso. E, sempre per caso, Bentley incontrerà Mary Lou...
“Il mimo canta al limitar del bosco” è una battuta di un vecchio film. Ma non è il significato in sé ad avere importanza piuttosto l’emozione che provoca: una tristezza felice. Un sentimento contraddittorio che attanaglia questi personaggi.
Un ossimoro che modella un'umanità bifronte: da una parte, la tristezza per il dolore che viene a galla quando ci si rende conto che tutta la propria vita è stata manipolata; d'altra, una sensazione di felicità che sopravviene quando alla nuova coscienza si allinea qualcosa di totalmente nuovo a questa umanità da laboratorio: la volontà di poter cambiare il proprio destino.
E se leggere fosse il modo per salvarci?
” Bob mi ha guardata. «Suppongo che tutto sia iniziato quando gli uomini impararono ad accendere il fuoco, per riscaldare la caverna e tener lontani i predatori. Ed è finito con il Valium atemporale».”
Grazie al Popolo che Legge e che più e più volte mi ha sospinto verso questa meravigliosa lettura!!!
---------------------------- Curiosità- Dopo “L’uomo che cadde sulla terra” anche qui Tevis fa un riferimento al quadro di Pieter Brueghel: Paesaggio con la caduta di Icaro. Evidentemente, per l’autore, è un’immagine che racchiude perfettamente la storia dell’uomo…
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”L’oceano deve essere immenso; per me rappresenta la libertà e le possibilità. Schiude qualcosa di misterioso nella mia mente, come lo fanno a volte le parole che leggo nei libri; mi fa sentire più vivo di quanto avrei mai creduto di potermi sentire, e più umano....more
«Io. Io voglio essere vista. Voglio una prova della mia esistenza.»
Trasparenza, condivisione, onestà, sincerità: chi non vorrebbe un mondo dove tu«Io. Io voglio essere vista. Voglio una prova della mia esistenza.»
Trasparenza, condivisione, onestà, sincerità: chi non vorrebbe un mondo dove tutto questo non fosse una mera utopia ma parte di un vero e proprio sistema di vita?
Un giorno un nerd qualunque sconvolge la vita dell’intero pianeta. Lui ancora non lo sa ma assieme ad altre due menti disposte ad appoggiarlo si sta preparando un cambiamento epocale. Anzi, il cambiamento è già in atto perché tutto accade in modo veloce. Basta un click e la triade fonda Il Cerchio, basta un feed e l’azienda da promettente diventa leader nel mondo del Web.
Ricalcando una rivoluzione in atto e prevedendo qualcosa che era ancora alle porte, Dave Eggers, pubblica questo romanzo che distorce i confini delle nuove tecnologie: una vera propria ” sbornia digitale”.
Un racconto che tende reiterarsi e a cavalcare troppo la separazione tra umano e tecnologico come se nessun equilibrio fosse possibile. Una trama prevedibile ed una tematica molto interessante.
Quello che c’è in tavola è soprattutto il diritto alla privacy. Mescolando le carte il diritto diventa un atto di puro egoismo: perché non vuoi essere guardato? Cosa nascondi?
Mae, giovane rampante, protagonista di questo romanzo ci fa entrare nella mente di chi, come lei, sposa non solo una causa ma ne diventa parte integrante..
Molte volte, nella mia vita lavorativa, ho incontrato persone che non recitavano il ruolo professionale per dovere di contratto ma davvero incarnavano l’Azienda tanto che la famigerata mission diventava il loro stesso obiettivo esistenziale (che tristezza!!).
Un romanzo angosciante. Le informazioni da monetizzare sono solo una punta di un iceberg che facciamo finta non esista. Il pericolo che si perda il senso dell’umano non è così aleatorio. A dieci anni di distanza dalla pubblicazione di questo libro possiamo dire quanto si avvicini alla realtà odierna. Tanto che faccio fatica a definirla una distopia.. Il Cerchio sta per chiudersi o si è già chiuso e non ce ne accorgiamo?
«La maggior parte della gente è così. La maggior parte della gente darebbe tutto ciò che sa, darebbe tutte le persone che conosce… darebbe qualunque cosa pur di sapere che è stata vista e riconosciuta, e che potrebbe persino essere ricordata. Sappiamo tutti che moriremo. Sappiamo tutti che il mondo è troppo grande perché si possa essere significativi. Così, non abbiamo altro che la speranza di essere visti o sentiti, anche solo per un momento.»
Ciò che apprezzo del genere distopico è la capacità di avere visioni “possibiliste” nei confronti di un “l’uomo è mai stato capace d’essere felice?”
Ciò che apprezzo del genere distopico è la capacità di avere visioni “possibiliste” nei confronti di una realtà che, in questo modo, è dotata di confini più malleabili e assume, quindi, forme differenti dal solito. Un po’ come quel vivere al congiuntivo proclamato da Ulrich, “L’Uomo senza qualità” nato dalla penna di Musil (1943) ; insomma, “non fantasticherie ma realtà non ancora nate”.
” La critica ha definito il mio lavoro un romanzo utopistico. Io mi ribello a questa definizione: non si tratta di un’utopia, ma di attualità. Non è una speculazione nel futuro, bensì un riflesso di ciò che è, di ciò che ci circonda. Non ho scritto una fantasia, di fantasia son sempre pronto ad aggiungerne gratis quanta ne vorrete: ho voluto invece parlare della realtà. È così, ma una letteratura che non guarda alla realtà, a ciò che veramente succede nel mondo, fatta di opere che non vogliono reagire a questa realtà con tutta la forza della parola e del pensiero, questa letteratura non è la mia.”
Così Karel Čapek scrive nella nota introduttiva di questo romanzo che, pubblicato nel 1936, è figlio di anni terribili che spingono al pensiero a formulare ipotesi che vanno al di là. In poche parole, il mondo dimostra nella sua attualità quello che fino a ieri credevamo impossibile. Dunque a Čapek nasce l’idea di una specie animale che in particolari circostanze abbia un’evoluzione pari a quella dell’uomo (trent’anni dopo saranno le scimmie!!!).
Da qui la domanda è:
” se una specie animale, diversa dall’uomo, poteva raggiungere qualcosa di nuovo simile a quanto noi chiamiamo civiltà, che ne pensate: avrebbe commesso le stesse assurdità del genere umano? Avrebbe conosciuto uguali sconvolgimenti storici? Avrebbe fatto le stesse guerre? Cosa ne penseranno dell’imperialismo dei sauri, del nazionalismo delle termiti, dell’espansionismo economico dei granchi o delie aringhe? Cosa diremmo se una specie animale diversa dall’uomo proclamasse che, visto il suo numero e la sua istruzione, essa ha il diritto di occupare il mondo intero e di dominare la natura?”
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Tutto comincia con “La strana storia del capitano van Toch “che, approdato su un’isoletta dalle parti di Sumatra, incontra degli strani esseri che al calar del sole emergono dalle acque marine.
Da qui un racconto mantiene teso il filo della satira dall’inizio alla fine (dove addirittura lo scrittore dibatte con se stesso in cerca di uno fra i finali possibili di questa storia) attraverso un viaggio in cui ogni -ismo di questo mondo (razzismo, sciovinismo, capitalismo, colonialismo, nazionalismo) diventa il marchio che ci rappresenta, il tatuaggio che ci definisce.
Lo sguardo sull’umanità è impietoso:
”«Sta per giungere il termine della tragedia del genere umano, — cominciava Wolf Meynert; — non lasciamoci ingannare dalla sua febbrile intraprendenza e dal suo benessere tecnico. Tutto questo è nient’altro che il rossore della tisi, dipinto sul volto d’un essere già votato alla morte. L’umanità non ha mai raggiunto un tenore di vita elevato come l’attuale; eppure trovatemi un solo uomo che sia felice, una classe soddisfatta, una nazione che non si senta minacciata. Ogni giorno di più, un ineludibile senso d’incertezza, d’oppressione, di disagio, s’impadronisce di tutti noi, che pure viviamo allietati dai doni della civiltà e godiamo d’una tale abbondanza di beni spirituali e materiali da far invidia a Creso”
La letteratura diventa un monito inequivocabile. E' così difficile capirlo?
"L’autore si rannuvolò: — Non chiedermi cosa voglio. Credi che per mia volontà cadano in rovina le terreferme degli uomini, credi che abbia voluto io che le cose andassero a finire così? È la logica degli avvenimenti. Ti sembra che possa intervenirci in qualche maniera? Ho fatto quello che ho potuto, ho avvertito in tempo gli uomini."...more
“L'istinto sessuale verrà sradicato. La procreazione sarà una formalità annuale, come il rinnovo di una tessera per il razionamento. Aboliremo l'org “L'istinto sessuale verrà sradicato. La procreazione sarà una formalità annuale, come il rinnovo di una tessera per il razionamento. Aboliremo l'orgasmo. I nostri neurologi ci stanno già lavorando. Non ci sarà forma alcuna di lealtà, a eccezione della lealtà verso il Partito. Non ci sarà forma alcuna di amore, a eccezione dell'amore per il Grande Fratello”
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Leggendo la bibliografia di Orwell appare ben chiaro come 1984 sia frutto di una serie di studi che appassionarono l’autore negli anni precedenti. La partecipazione alla guerra civile spagnola raccontata in ” Omaggio alla Catalogna” segna la svolta ideologica in seguito al tradimento staliniano e la produzione che seguirà sarà, pertanto, mirata a denunciare le falsità dell’oligarchia oltreché i pericoli per la libertà di espressione.
Orwell pubblicò parecchia saggistica tra cui uno studio su Arthur Koestler in cui prese in esame l’opera Buio a mezzanotte e. dunque, la tematica delle purghe e delle torture. Del 1945 è, invece, ”La fattoria degli animali che è un palese indice puntato contro il totalitarismo. Così si arriva al 1948: i campi di combattimento sono ancora caldi; l’Europa mostra le sue ferite attraverso le città sventrate ed una popolazione segnata dalla guerra, dal nazismo e dalla bomba atomica. Intanto ad est i Soviet si consolidano sempre più utilizzando ogni mezzo di coercizione. Le Utopie semplici di Campanella e Bacone sono soppiantate da una realtà più spietata che converge in 1984 facendone una vera e propria distopia apocalittica.
Il protagonista, Winston Smith, ci accompagna in questa popolosa Londra del 1984: la terza città più popolosa di Oceania. L’Uomo non è più tale ma burattino nelle mani del Partito e del Big Brother, il Fratello Maggiore, poi tradotto in italiano Il Grande Fratello (No!!!! Non voglio parlare di come è stata utilizzata e sfruttata questa definizione!). Il controllo su ogni cittadino è totale e al di là dell’immaginabile attraverso una fine psicologia di manipolazione. Tutto è modellabile all’unico scopo di preservare il Potere. In questo senso si fonda il bipensiero, ossia:
” Sapere e non sapere; credere fermamente di dire verità sacrosante mentre si pronunciavano le menzogne più artefatte; ritenere contemporaneamente valide due opinioni che si annullavano a vicenda; sapendole contraddittorie fra di loro e tuttavia credendo in entrambe, fare uso della logica contro la logica; rinnegare la morale proprio nell'atto di rivendicarla; credere che la democrazia sia impossibile e nello stesso tempo vedere nel Partito l'unico suo garante; dimenticare tutto ciò che era necessario dimenticare ma, all'occorrenza, essere pronti a richiamarlo alla memoria, per poi eventualmente dimenticarlo di nuovo.”
Non a caso lo slogan principale del Partito è:
la guerra è pace la libertà è schiavitù l'ignoranza è forza
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Un mondo ambiguo e contraddittorio che mina la salute mentale di ogni individuo mettendo in dubbio a propria esistenza e finendo per accettare la verità unica ed indiscutibile che viene imposta anche che 2+2 fa 5.
Sono passati ben 70 anni e quest’opera sorprende ancora per la lungimiranza e la lucida analisi di ciò che stava accadendo o era ancora a venire. Gli spunti per farne una riflessione, una discussione sono tanti, profondi ed assolutamente connessi al mondo contemporaneo.
E’ assolutamente da leggere o, come ho fatto io, da rileggere.
”In tal modo il Partito respinge e mortifica tutti i principi che erano in origine alla base del movimento socialista, e ha scelto di farlo proprio in nome del Socialismo. Predica un disprezzo per la classe operaia che non ha riscontri nei secoli passati e fa indossare ai suoi membri un'uniforme che una volta era tipica dei lavoratori manuali, adottata per questo specifico motivo. Conduce attacchi sistematici al senso di solidarietà proprio della famiglia e chiama il suo capo con un nome che fa direttamente appello al sentimento della lealtà familiare. Perfino i nomi dei quattro Ministeri che ci governano manifestano una sorta di impudenza nel loro deliberato stravolgimento dei fatti. Il Ministero della Pace si occupa della guerra, il Ministero della Verità fabbrica menzogne, il Ministero dell'Amore pratica la tortura, il Ministero dell'Abbondanza è responsabile della generale penuria di beni. Queste contraddizioni non sono casuali, né si originano dalla semplice ipocrisia: sono meditati esercizi di bipensiero. È infatti solo conciliando gli opposti che diviene possibile conservare il potere all'infinito. Non esiste altro modo per rompere il vecchio ciclo. Se si vuole allontanare per sempre l'uguaglianza fra gli uomini, se gli Alti, come li abbiamo definiti, intendono restare per sempre al loro posto, allora la condizione mentale dominante deve coincidere con una follia tenuta sotto controllo.”...more
Questo è il quarto libro che leggo di P. K. Dick : cambiano gli scenari, i nome e i volti dei protagonisti ma sento di respirare sempre la stessa ariaQuesto è il quarto libro che leggo di P. K. Dick : cambiano gli scenari, i nome e i volti dei protagonisti ma sento di respirare sempre la stessa aria. E dicendo “stessa” non ne voglio rimarcare una ripetitività di tematiche che mi annoia o altro, anzi… Pubblicato nel 1968, questo romanzo mette in scena una giornata futura (il 3 gennaio 1992) in cui il cacciatore di taglie Rick Deckard deve “ritirare” un gruppo di androidi scappato da Marte. Tutto si svolge in ventiquattr’ore in uno scenario post-atomico dove la polvere radioattiva fa da padrona. Un mondo che si sgretola (”Il silenzio del mondo non riusciva a tenere a freno la propria avidità. Non poteva aspettare ancora. Non quando aveva già virtualmente vinto.), però, non solo nella sua materialità ma nelle certezze stesse dell’Uomo che, ancora una volta, Dick coglie in tutta la sua fragilità. Mi è piaciuto? Sì, molto!
”Dovunque andrai, ti si richiederà di fare qualcosa di sbagliato. È la condizione fondamentale della vita essere costretti a far violenza alla propria personalità. Prima o poi, tutte le creature viventi devono farlo. È l’ombra estrema, il difetto della creazione; è la maledizione che si compie, la maledizione che si nutre della vita. In tutto l’universo.»” ----------------------------- PS- Non credo abbia molto senso fare paragoni con Blade Runner perché il film è ”liberamente” ispirato al romanzo di Dick. Non sono un’esperta in materia ma, credo, che dicendo ciò uno sceneggiatore si consideri libero di saccheggiare e plasmare (non necessariamente in senso negativo) un’opera letteraria. Dunque se nel libro non compare la famosa frase («Ho visto cose che voi umani…») non ha proprio senso rimanerne delusi.
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EDIT RILETTURA
Rileggo questo libro per un Gdl ad una distanza abbastanza ravvicinata dalla prima lettura. Seppure la mia capacità mnemonica sia logorata dal tempo e dall'usura(!!!), la storia (con i suoi colpi di scena) me la ricordavo. E’ stata, pertanto, l’occasione, per tarare semmai il mio giudizio con una seconda lettura più attenta ai particolari che alla storia generale. (view spoiler)[Devo dire che quelli che possiamo chiamare difetti, certamente non mancano e si riferiscono particolarmente ad un intreccio che in più punti è confuso così come alla questione del Mercerianesimo (il credo di questo mondo apocalittico). Elementi che, devo dire, per un attimo, mi hanno fatto pensare di togliere una stella. Poi, però, come nella prima lettura, ho ammirato Dick per la costruzione visionaria che parte da una parola che oggi (soprattutto oggi!!!) dovrebbe esserci molto famigliare: --- e s t i n z i o n e –
L’epigrafe che Dick ci mette sotto gli occhi subito è un’agenzia di stampa datata 1966 che riferisce una notizia dalla Nuova Zelanda:
” Una testuggine donata dall’esploratore Cook al re di Tonga nel 1777 è deceduta ieri all’età di quasi duecento anni. L’animale, il cui nome è “Tu’imalila”, è morto nei giardini del palazzo reale a “Nuku Alofa”, capitale di Tonga. Il popolo di Tonga considerava l’animale alla stregua di un membro della famiglia reale e custodi particolari erano destinati ad accudirlo. Era divenuto cieco in seguito a un incendio alcuni anni prima. Radio Tonga ha dichiarato che la carcassa di “Tu’imalila” verrà inviata al museo di Auckland in Nuova Zelanda.”
Dick legge questa notizia e comincia a sviluppare l’immagine di un mondo totalmente distrutto nella flora e soprattutto nella fauna. La scomparsa del mondo animale è un segno tangibile della rovinosa decadenza del genere umano. E’ il segno di come (nonostante, il progresso tecnologico sia talmente sviluppato da poter supportare l’uomo persino nella sua sfera emotiva) l’Umanità abbia perso una componente importante. Il mondo animale, infatti, rappresenta il collegamento stesso con la Terra. La perdita degli animali è privazione della relazione stessa con la Natura. Per questo Dick sogna pecore elettriche; il surrogato necessario a mantenere l’illusione che questo rapporto sia vivo. Un inganno su cui si basa l’intera società apocalittica e che racconta di menzogne che gli uomini fanno a se stessi negando di aver distrutto tutto solo perché sono in grado di ricostruire il simulacro della natura collegando dei circuiti.
Dick inventa una religione che unisce e struttura queste esistenze altrimenti senza speranza. Il suo nome è “Mercerianesimo” (dal nome del suo fondatore, Mercer) e la sua pratica ricorda molto il racconto di un consumatore di Lsd e le sue allucinazioni. Per fare quest’esperienza mistica si deve impugnare una macchina, cosiddetta, empatica. Ci si ritrova catapultati in un paesaggio di rovine dove le menti degli adepti si fondono sulla stessa immagine: un vecchio che arranca salendo una collina; più cerca di salire e più scivola sotto. Come se non bastasse, forze maligne, agiscono per contrastare questa riuscita e tirano pietre che con una sorta di materializzazione colpiscono le stesse persone che sono collegate alla scatola empatica.
Al di là di una probabile traduzione che Dick ha voluto fare di qualche suo “viaggio” personale, il nocciolo sta nell’empatia. Vocabolo che tiene duro per tutta la storia ed è una preziosa carta d’identità che distingue l’umano dall’androide. Una distinzione che vale la vita.
Come non cadere nella disperazione quando il mondo è avvolto nel silenzio, sommerso dalla polvere? Tutti i segni visibili della distruzione hanno bisogno di un appiglio, una speranza che Dick incarna nella partecipazione emotiva con gli altri di gioie e dolori.
Il fattore palta è quello che fa scomparire il mondo e solo la scatola empatica può far sì che il sogno umano non svanisca:
«è l’oggetto più personale che si possa avere! È una prolunga del proprio corpo; è lo strumento che ci mette in contatto con gli altri umani, che ci fa smettere di essere soli.
Come Munch ne “Il grido” rappresentava la disperazione dell’essere umano inabissato nella sua stessa angoscia del vivere, così Dick ci rappresenta una società che si è persa e che può ritrovarsi solo nella consapevole ammissione di essere in torto:
«Dovunque andrai, ti si richiederà di fare qualcosa di sbagliato. È la condizione fondamentale della vita essere costretti a far violenza alla propria personalità. Prima o poi, tutte le creature viventi devono farlo. È l’ombra estrema, il difetto della creazione; è la maledizione che si compie, la maledizione che si nutre della vita. In tutto l’universo.»
E gli androidi? Non sono macchine perchè l’evoluzione tecnologica per mano dell’uomo stesso li ha resi esseri organici e specchio del loro creatore. Gli androidi hanno un’anima? Gli androidi sognano? Se l’anima è la tensione a sopravvivere e se il sogno è il desiderio di essere liberi, allora la risposta è sì. Ma il sogno degli androidi non sarà lo stesso degli uomini... (hide spoiler)]
”A dormire in macchina si sta stretti” pensa Charmaine. Ma non ci si può fare tanti scrupoli quando il mondo sta andando a rotoli: aumenE se domani....
”A dormire in macchina si sta stretti” pensa Charmaine. Ma non ci si può fare tanti scrupoli quando il mondo sta andando a rotoli: aumento della criminalità, disoccupazione e più nessuna casa dove rifugiarsi.
”Stan dice che sono fortunati ad avere una macchina di qualunque tipo...”
Un giorno, tuttavia, si presenta un'opportunità: Charmaine vede una pubblicità, un'occasione da prendere al volo. Nella cittadina di Consilience si offre casa, lavoro, sicurezza: si chiama Progetto Positron, «Una vita piena di significato».
Come fare a resistere al richiamo della serenità quando non si ha più niente?
Il nuovo romanzo di Margaret Atwood mette in scena una distopia che, partendo da una caricatura del contemporaneo, ne dilata gli aspetti negativi fino a dipingere una società malata. Il percorso è paragonabile ad una di di quei tunnel nei luna park, dove si trovano grandi specchi deformanti: man mano che ci si addentra ci si trova faccia a faccia con un'immagine riflessa distorta che è al contempo ridicola e terrificante.
L'essenzialità è quella che guida la penna nella scrittura di una storia dove l'umanità è patologicamente immersa nel suo bisogno di possedere e manipolare corpi e menti.
”Ma che alternativa aveva? Volevano che usasse la testa e mettesse da parte il cuore; ma non era così facile, perché il cuore è l’ultimo a morire e il suo era ancora ben aggrappato dentro di lei...”
Un uomo completamente ricoperto di tatuaggi: ogni tatuaggio è una maledizione. Tutti i giorni, infatti, al cDimmi che tatuaggio hai e ti dirò chi sei.
Un uomo completamente ricoperto di tatuaggi: ogni tatuaggio è una maledizione. Tutti i giorni, infatti, al calar del sole, questi si animano raccontando storie di un disperato futuro.
Quando la fantascienza racconta forze e debolezze dell'Uomo. Diciotto storie che pongono domande e sono riflessione di Vita e di Morte.
”Secondo me c'è una Verità su ogni pianeta, e tutte fanno parte della Grande Verità. Un giorno si sistemeranno insieme come le parti di un mosaico.”...more
” l'organizzarsi è già, in un certo qual modo, cominciare ad avere occhi “
In una città qualunque, in un paese qualunque, si diffonde uno strano mor” l'organizzarsi è già, in un certo qual modo, cominciare ad avere occhi “
In una città qualunque, in un paese qualunque, si diffonde uno strano morbo della cecità. Strano nel suo propagarsi poiché non si capisce in che modo avvenga il contagio. Strano nella sua essenza poiché, se la privazione di vista è nella norma assenza di luce, qui avviene l’esatto contrario: tutto è bianco.
“Il cieco aveva affermato categoricamente di vedere, sempre facendo salvo il verbo, un colore bianco uniforme, denso, come se si trovasse immerso a occhi aperti in un mare di latte. “
I personaggi principali che Saramago muove su questa scena apocalittica sono privati di nomi propri perché l’espediente serve ad innescare un piano metaletterario che annulla l’importanza del l’identità singola. Ciò che è necessario sapere sono le reazioni, i comportamenti e le conseguenze che derivano da una privazione. Basterà un elemento distintivo, dunque, per qualificarli: il primo cieco, il ladro, il vecchio dalla benda nera, il ragazzino strabico, la ragazza dagli occhiali scuri, il medico, la moglie del medico…
Tutti tranne una sola persona dovranno subire questa condanna e chi conserverà la vista non sarà certo la persona più fortunata dal momento che dovrà vedere il degrado fatto di oscenità, sozzure e violenza che metteranno l’uomo contro l’uomo nella dura lotta per la sopravvivenza:
”(…) tu non sai cosa sia vedere due ciechi che lottano, Lottare è sempre stata, più o meno, una forma di cecità, Qui è diverso, Fai pure ciò che ti sembra meglio, ma non dimenticarti di quello che siamo, ciechi, semplicemente ciechi, ciechi senza retoriche né commiserazioni, il mondo caritatevole e pittoresco dei poveri ciechi è finito, adesso è il regno duro, crudele e implacabile dei ciechi, Se tu potessi vedere cosa sono costretta a vedere io, desidereresti essere cieco…”
Non ci risparmia nulla Saramago in questo terrificante viaggio nell’animo umano fatto di tanti egoismi che sovrastano, di una cattiveria che non sembra avere limiti.
Non c’è buio ma un biancore che acceca annullando la capacità di convivere civilmente. Io non credo che l’intento sia stato di dipingere in modo pessimistico l’umanità ma la semplice realtà perché quello che ci insegna la storia nei secoli è che la malvagità domina partendo da infimi comportamenti quotidiani e irradiandosi nelle guerre che hanno seminato morte con una perfida ciclicità (“un ciclo siamo macellati. Un ciclo siamo macellai. Un ciclo riempiamo gli arsenali, Un ciclo riempiamo i granai” cantavano i CCCP).
Quello che Saramago ha, tuttavia, messo in risalto è che avere coscienza reale del male che ci circonda è sì doloroso ma solo dal “vedere” può nascere la forza della resistenza e la possibilità del cambiamento perché l’idea di un mondo migliore non appartenga più solo al mondo della retorica e dell’utopia fine a se stessa.
”Perché siamo diventati ciechi, Non lo so, forse un giorno si arriverà a conoscerne la ragione, Vuoi che ti dica cosa penso, Parla, Secondo me non siamo diventati ciechi, secondo me lo siamo, Ciechi che vedono, Ciechi che, pur vedendo, non vedono.”...more
Racconto distopico in cui la nostra penisola rimane violentemente travolta dalle conseguenze di esperimenti scientifici ...pant...pant...che corsa!!!
Racconto distopico in cui la nostra penisola rimane violentemente travolta dalle conseguenze di esperimenti scientifici estremi. Scritto con uno stile da telegrafista più che creare un clima di suspense mi ha lasciata con il fiato grosso con il desiderio di rilassarmi in poltrona leggendo un buon libro! ...more
Mi chiedo se, per alcuni grandi scrittori (penso, ad esempio, a Saramago, McCarthy, Atwood...) la spinta a scrivere una storia distopica sia la stessaMi chiedo se, per alcuni grandi scrittori (penso, ad esempio, a Saramago, McCarthy, Atwood...) la spinta a scrivere una storia distopica sia la stessa che periodicamente mi fa sentire il bisogno di leggere questo tipo di storie.
Io comunque posso parlare solo per me e,nel mio caso, si tratta della necessità di rivivere una paura: anestetizzandola, tenendola a bada, circoscrivendola alle pagine di un romanzo.
Non sono una buona lettrice di gialli quindi non conosco l'opera di P.D. James specializzata in questo genere; sono stata, invece, attratta da questa che è considerata un'anomalia nella sua produzione, per l'appunto, una distopia.
La storia si svolge in un ipotetico futuro (un 2021 a noi molto prossimo) dove il mondo si "ammala" di sterilità, ponendo così la fine di ogni speranza futura. Il tema dell'estinzione si congiunge anche a delle riflessioni sulla questione del potere. E' una lettura piacevole anche per la scrittura elegante e la vena thriller che serpeggia dando una dosata tensione.
L'uomo si sminuisce se vive nell'ignoranza del proprio passato; senza la speranza nel futuro diventa una bestia. ...more