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di Alfredo Panzini | 335 |
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22 Dicembre.
Alla trattoria. Un giovanotto milanese — pare persona rotta alla vita ed alle faccende — è arrivato ora di Germania. V’era al principio della guerra, ed ha viva l’impressione del treno blindato e le rivoltelle puntate alla prima stazione del Lussemburgo: «Noi dobbiamo passare».
Ora racconta cose orrende. È stanco dal viaggio; ma ogni tanto si leva dal suo tavolo, viene a noi e parla. Parla molto male, ma calmo.
Dei soldati tedeschi del primo periodo, nessuno c’è più. Tre milioni di scomparsi! Es macht nichts. Guai a chi parla. Di otto suoi compagni tedeschi, compagni di foot ball a Carlsruhe, uno solo rimane, gravemente ferito.
La sua padrona di casa ha perduto il marito: Es macht nichts. Una madre ha perduto cinque figli: Es macht nichts.
Un mio collega, uomo cinquantenne, devoto a Dio, a sè, alla pace, agli ossi buchi, ode: sospende la ricerca del midollo nell’osso buco, inarca le ciglie.
Il giovane continua:
... gli hôtels immensi di Baden-Baden, trasformati in ospedali: umanità recisa, mutilata,