Sarcofago di Marcus Claudianus

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Sarcofago di Marcus Claudianus
Autoresconosciuto
Data330-339 d.C.
Materialemarmo bianco
UbicazionePalazzo Massimo alle Terme, Roma[1]

Il Sarcofago di Marcus Claudianus è una scultura databile 330-339 d.C. e conservata a Roma, al Museo nazionale romano di palazzo Massimo alle Terme.

Storia e descrizione

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Il sarcofago fu trovato nel 1884 a Roma, in via della Lungara, nei pressi della chiesa di San Giacomo in Settimiana. L'iscrizione al centro del coperchio fornisce il nome del defunto che è rappresentato al lato, avvolto nel suo peplo e all'interno di un sudario funebre che due putti alati srotolano: L(ucio) V(alerio) C(laudio) M(aximo) Claudiano / v(iro) p(erfectissimo) q(ui) v(ixit) p(lus) m(inus) annis / XLIII d(epositus) VIIII K(alendas) Dec(embres) / in p(ace).[2]

Sarcofago di Marcus Claudianus - Iscrizione

Questa datatio corrisponde all'ultimo periodo dell'impero di Costantino I, riscontrabile anche nello stile figurativo adoperato.

Il reperto è notevole poiché nel suo apparato iconografico accosta scene dell'Antico e del Nuovo Testamento: sul coperchio, a partire da sinistra, sono rappresentate le seguenti scene:

Sulla cassa, a partire da sinistra, sono rappresentate le seguenti scene:

L'opera è caratterizzata da una sapiente ed armonica composizione che non lascia spazi vuoti. Il rilievo delle figure crea un effetto di chiaroscuro, con variazioni di effetti, nei panneggi e nelle capigliature. Da notare la tendenza alla stilizzazione e alla semplificazione delle linee: la plastica dei volti e il portamento dei corpi sono di derivazione classica, con capelli e panneggi resi con profonde incisioni calligrafiche.

La tipologia di questa opera scultorea, detta di Cristo e di Pietro, è tipica del periodo in cui la Chiesa, dopo l'istituzione della festività della Cattedra di San Pietro, rivendicava per sé il privilegio del battesimo e della promessa di vita eterna, grazie alla Resurrezione della carne, simboleggiata dal miracolo della Resurrezione di Lazzaro. Il Cristo, ricciuto imberbe e giovane, è visto come un filosofo, dotato di poteri straordinari: tiene in una mano un rotolo parzialmente svolto (contenente la vera filosofia) e con la verga tocca il capo di Lazzaro, utilizzando in tal modo il suo potere di taumaturgo. Non è rappresentato, come nei primi tempi della Chiesa, nei panni di un uomo umiliato e deriso dai pagani: bensì a lui è riservata una bellezza apollinea, poiché Egli è Colui che annuncia la grazia divina, come si legge nel Vangelo di Giovanni: Il Verbo s'incarnò e abitò fra noi e noi abbiamo contemplato la sua gloria.[3]

Galleria d'immagini

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  1. ^ Numero catalogo: 262. Esposto al I piano.
  2. ^ Corpus Inscriptionum Latinarum, Vol. VI Inscriptiones urbis Romae Latinae, 41428 = ICUR 1, 2005.
  3. ^ Rizzo,  pp. 40-41.

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