Islamofobia

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Islamofobia è un neologismo che indica un irrazionale e ingiustificato pregiudizio, con conseguenti discriminazioni verso l'islam come religione e verso i musulmani come credenti.[1]

Utilizzo del termine

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Il termine può essere utilizzato per indicare due cose:

  • l'odio o la paura verso l'islam o verso i musulmani in genere;
  • un'attitudine xenofoba verso i musulmani e, per analogia, verso gli abitanti indigeni (o dei quali i genitori sono originari) dei paesi a maggioranza musulmana (Medio Oriente, regioni del Magreb, Turchia, Africa subsahariana islamizzata)[2], ed in questo caso è analogo al neologismo giudeofobia.

Questa attitudine talvolta sfocia in iniziative pubbliche atte a bloccare o rendere difficile la pratica della fede islamica, come i tentativi di vietare o bloccare la costruzione di moschee.

Il significato di islamofobia non coincide con quello di antislamismo, termine che invece indica l'opposizione alle dottrine e pratiche politiche che mirano alla creazione di uno Stato che trovi nella religione islamica i principi guida per regolarne la sfera economica, politica e sociale oltre che religiosa (islamismo).

Due definizioni di islamofobia

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Islamofobia come pregiudizio contro l'islam e i musulmani

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Per Doudou Diène, consigliere generale delle Nazioni Unite[3], il termine islamofobia si

(FR)

«réfère à une hostilité non fondée et à la peur envers l'islam, et en conséquence la peur et l'aversion envers tous les musulmans ou la majorité d'entre eux. Il se réfère également aux conséquences pratiques de cette hostilité en termes de discrimination, préjugés et traitement inégal dont sont victimes les musulmans (individus et communautés) et leur exclusion des sphères politiques et sociales importantes. Ce terme a été inventé pour répondre à une nouvelle réalité: la discrimination croissante contre les musulmans qui s'est développée ces dernières années.»

(IT)

««riferisce ad una ostilità infondata ed alla paura verso l'islam, e di conseguenza la paura e l'avversione verso tutti i musulmani o la maggioranza di loro. Si riferisce ugualmente alle conseguenze pratiche di questa ostilità in termini di discriminazione, pregiudizi e trattamenti ingiusti di cui sono vittime i musulmani (sia come individui sia come comunità) e loro esclusione dalla sfera politica e sociale di una certa importanza. Questo termine è stato creato per rispondere ad una nuova realtà: la discriminazione crescente verso i musulmani che si è sviluppata negli ultimi anni»»

Per Vincent Geisser (ricercatore del CNRS e docente) "[l'islamofobia] è un razzismo antimusulmano".[4]

WordReference[5] così definisce:

(EN)

«Islamophobia: prejudice against Muslims; "Muslim intellectuals are afraid of growing Islamophobia in the West"»

(IT)

«Islamofobia: pregiudizio contro i musulmani; "Gli intellettuali musulmani sono spaventati dall'islamofobia crescente in occidente".»

Runnymede Trust utilizza il termine "islamofobico" per caratterizzare particolari punti di vista sulla religione musulmana. Considera, inoltre, che l'islamofobia è fonte di pericolo per la comunità musulmana ed anche per l'insieme della società.[6]:

(EN)

«The overall intention of the Commission is twofold:
(a) to counter Islamophobic assumptions that Islam is a single monolithic system, without internal development, diversity and dialogue, and;
(b) to draw attention to the principal dangers which Islamophobia creates or exacerbates for Muslim communities, and therefore for the well-being of society as a whole.»

(IT)

«Obiettivo generale della Commissione è duplice:
(a) combattere la crescente islamofobia per la quale l'islam è un sistema monolitico unico, senza sviluppo interno, diversità o dialogo e
(b) attirare l'attenzione sui principali pericoli creati o esacerbati dall'islamofobia sulle altre comunità musulmane e, di conseguenza, per il benessere della società nel suo insieme.»

La rivista Le Reflet, utilizza il termine per indicare "degli attacchi satanici ed intollerabili verso l'islam", e poi ne individua le vittime[7]:

"I leader religiosi ne sono coscienti perché tutte le altre confessioni religiose hanno condannato questi attacchi satanici ed intollerabili contro l'islam.
Ma la stampa occidentale invece di condannare vigorosamente questa islamofobia, continua a parlare delle vittime e della loro religione, contribuendo in questo modo a rinforzare il sentimento di odio e di incomprensione nell'animo dei credenti."

Nel testo Pour le droit à la libre critique des religions sul sito Atheisme.org[8] si può leggere invece che "il termine islamofobia non esprime altro che il disgusto ed il rigetto dell'islam in quanto religione, in quanto sistema di pensiero totalizzante. L'islamofobia è il rifiuto dell'islam, non il rifiuto dei musulmani né il rifiuto degli arabi o dei magrebini". E inoltre:
"I lettori di atheisme.org che si riconoscono nell'opposizione radicale alle religioni sono vivamente sollecitati a dichiararsi pubblicamente islamofobi al fine di creare un movimento coraggioso di contestazione verso questa religione, che non vale più delle altre."[9]

Claude Imbert, membro dell'Alto Consiglio per l'integrazione, fondatore ed editorialista del settimanale Le Point, il 24 ottobre 2003 afferma sulla catena LCI[10]:

Io sono un po' islamofobo. [...] Noi abbiamo il diritto di combattere il razzismo, d'accettare una pratica pacifica dell'islam. Ed io ho il diritto, io non sono affatto il solo in questo paese a pensare che l'islam - io dico proprio l'islam, non mi riferisco agli islamisti - come religione introduce una debilitazione d'arcaismo diverso, introduce una maniera di considerare la donna, di mortificare sistematicamente la donna [ed] inoltre la preoccupazione di sostituire la legge degli Stati con la legge del Corano, che in realtà mi rende islamofobo

L'arabista Enrico Galoppini, che ha dedicato un'opera al problema dell'islamofobia[11], ritiene che il fenomeno sia irresolubilmente legato alle "politiche atlantiste", e dunque coscientemente creato ad arte per inclinare l'opinione pubblica occidentale a favore delle campagne degli USA, della NATO e di Israele nel cosiddetto Grande Medio Oriente. Ad un livello più profondo - sostiene Galoppini constatando che è l'intero spettro delle opzioni politiche occidentali a contribuire, in un modo o nell'altro, alla formazione dell'idea di un "Islam come problema" - l'islamofobia tradisce la doppia valenza della formula dello "scontro di civiltà": strumentale (a livello di propaganda politica) e sostanziale (il dominio occidentale significa la diffusione di una società materialista, che vede quella islamica come un ostacolo poiché postula la presenza di una realtà divina).

Islamofobia come xenofobia contro i musulmani

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Il dizionario Le Robert, edizione 2006, definisce l'islamofobia: "forma particolare del razzismo diretto contro l'islam ed i musulmani, che si manifesta in Francia attraverso atti di animosità ed una discriminazione etnica contro gli immigrati magrebini"[12].

L'islamofobia definisce così un'attitudine xenofoba verso i musulmani, presente nei paesi occidentali[13], e per analogia, verso gli abitanti indigeni (o dei quali i genitori sono originari) dei paesi a maggioranza musulmana (Medio Oriente, regioni del Magreb, Turchia, Africa subsahariana), ed in questo caso è analogo al neologismo giudeofobia.

Il capo della delegazione turca all'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa, Talip Küçükcan, il 10 marzo 2017 presentò la richiesta di mettere all'ordine del giorno dell'Assemblea la materia European values under threat: addressing rising populism, xenophobia, antisemitism and islamophobia in Europe[14]: in una successiva intervista, ricollegò il termine al tentativo di tenere la Turchia ai margini dell'Unione europea[15].

Controversia sull'utilizzo del termine

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L'utilizzo del termine "islamofobia" ed i suoi equivalenti nelle diverse lingue sono di uso controverso: mentre alcuni movimenti ed istituzioni l'utilizzano senza problemi, altri lo rifiutano o considerano il suo uso come problematico, soprattutto pensando all'uso che ne fece Khomeini per sbarazzarsi del Tudeh (Partito Comunista) Iraniano all'indomani della Rivoluzione islamista del 1979 che depose l'ultimo shah di Persia Reza Pahlevi.[senza fonte]

Contrari all'utilizzo

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Caroline Fourest e Fiammetta Venner, fondatrici della rivista ProChoix, vi scrivono: "la "parola “islamofobia” è stata coniata dagli islamisti per intrappolare il dibattito e volgere l'antirazzismo a vantaggio della loro lotta contro la blasfemia. È vitale non impiegarlo più per combattere un nuovo razzismo ma piuttosto per designare la critica laica all'islam."[16] Con altri intellettuali o protagonisti dei media nell'appello del 2006 "Insieme contro il nuovo totalitarismo", detto anche "Manifesto dei dodici" affermano: "Noi rifiutiamo di rinunciare allo spirito critico per paura di incoraggiare l'«islamofobia», idea sfortunata che confonde la critica dell'islam in quanto religione con il biasimo ai credenti."[17]

Thomas Deltombe scriveva nel 2005 in L'islam imaginaire: "in funzione delle possibili definizioni delle parole utilizzate, si devono distinguere due posizioni: l'islamofobia di tipo razzista («musulmano» come categoria etnica) o xenofoba (l'islam come elemento «straniero») e la critica legittima dei dogmi religiosi, qualsiasi essi siano."[18]

Didier Delaveleye, per il Mrax, scrive nel 2007 in Quando l'islamofobia mette a rischio la laicità: "ed ecco una parola che è nella hit-parade di quelle problematiche: islamofobia. Questo termine si è imposto oggi per indicare l'ostilità specifica verso la popolazione di religione o di origine musulmana. Tuttavia, questa semplice definizione pone già un problema perché letteralmente l'islamofobia non indica la paura del musulmano ma la paura di una particolare religione: l'Islam."[19]

A favore dell'utilizzo

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A loro volta, queste ultime posizioni sono state criticate, in quanto accusate di essere fortemente ideologizzate[20]. Tra gli stessi intellettuali favorevoli all'utilizzo del termine “islamofobia”, non tutti dimostrano una posizione acritica verso il mondo islamico, fra i musulmani stessi come fra gli studiosi non-musulmani.

Abbiamo, difatti, degli intellettuali nordafricani di religione e cultura musulmana fin dalla nascita ma residenti in Europa come gli algerini Khaled Fouad Allam e Tahar Ben Jelloun nonché l'egiziano Sherif El Sebaie, che riconoscono sì - specie nelle sue manifestazioni più provocatorie - il concetto di “islamofobia”, ma ritengono dialetticamente altrettanto opportuno distinguere fra “musulmani” e “Islamisti politici”, sia in Occidente sia nei Paesi islamici, a reciproco beneficio di entrambi, confidando così nel "fare cultura".[senza fonte]

Il giornalista e scrittore italiano (convertito all'Islam) Pietrangelo Buttafuoco, in maniera problematica che alterna storia e attualità, riconosce nell'“islamofobia” d'inizio millennio un uso strumentale della storia medievale ad opera della stessa matrice culturale materialista del laicismo anticlericale dell'Ottocento. Di stampo culturale tardo-illuminista, il laicismo mirerebbe così alla “secolarizzazione” di ogni società e popolo presenti nel mondo. Pietrangelo Buttafuoco, siciliano, è inoltre consapevole e istruttivo circa l'importanza della cultura araba in Sicilia; assieme alle altre: greco-romana pagana e normanna cristiana soprattutto.[senza fonte]

Non senza destare polemiche nel proprio milieu culturale di cattolicesimo tradizionalista, l'apologeta cattolico Vittorio Messori si è avvicinato in età più matura alle suddette posizioni di Pietrangelo Buttafuoco.[senza fonte]

Islamofobia e critiche all'Islam[estraneo al tema della pagina] nella storia

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Contemporanei di Maometto

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Tra i primi a criticare l'Islam furono gli arabi pagani e gli ebrei che abitavano il sud dell'Arabia, in particolare le tribù ebree di Medina che accusarono Maometto di aver copiato i loro testi sacri e di averne travisato il significato.

Un autore che criticò l'Islam fu Giovanni Damasceno (676-749), teologo cristiano originario della Siria che, nel secondo capitolo del suo trattato "La fonte della conoscenza", intitolato De Haeresibus, citando passi del Corano e dei ḥadīth direttamente in arabo parla dell'Islam come «eresia degli ismailiti» - forse il primo dei grossolani equivoci cristiani verso l'Islam, considerata erroneamente come un'eresia e non già come una nuova e originale fede, per quanto necessariamente indebitata nei confronti dell'Ebraismo e del Cristianesimo, specie quella del giudeo-cristianesimo.

Dante Alighieri, nella Divina Commedia pone Maometto e il genero Ali all'Inferno, tra i "seminatori di discordia"[21], mentre l'imperatore bizantino Manuele II Paleologo scrisse:

«Mostrami ciò che Maometto ha portato di nuovo e vi troverai solo delle cose cattive e disumane, come la sua direttiva a diffondere la fede per mezzo della spada.»

Dal XIV al XVIII secolo

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Durante l'età moderna criticarono l'Islam, tra gli altri, Martin Lutero, Blaise Pascal e gli illuministi. Per Montesquieu è una religione «che parla solo attraverso la spada, ancora agisce sugli uomini con quello spirito distruttivo che l'ha fondata».

Tra i critici dell'Islam si annovera anche Voltaire che, nell'ambito della sua critica generale alle religioni, sull'argomento compose nel 1736 una commedia, intitolata Maometto ossia il fanatismo, ironicamente dedicata a papa Benedetto XIV, diversi capitoli del suo Dizionario filosofico e del suo Saggio sui costumi e sullo spirito delle nazioni. In particolare nella commedia descrive Maometto come un arrivista che sfrutta il fanatismo religioso dei suoi seguaci come strumento di potere[22]. Nel "Dizionario filosofico" dedica un capitolo al Corano ed esordisce affermando che

(FR)

«Ce livre gouverne despotiquement toute l'Afrique septentrionale du mont Atlas au désert de Barca, toute l'Égypte, les côtes de l'océan Éthiopien dans l'espace de six cents lieues, la Syrie, l'Asie Mineure, tous les pays qui entourent la mer Noire et la mer Caspienne, excepté le royaume d'Astracan, tout l'empire de l'Indoustan, toute la Perse, une grande partie de la Tartarie, et dans notre Europe la Thrace, la Macédoine, la Bulgarie, la Servie, la Bosnie, toute la Grèce, l'Épire et presque toutes les îles jusqu'au petit détroit d'Otrante où finissent toutes ces immenses possessions.»

(IT)

«Questo libro governa dispoticamente tutta l'Africa settentrionale, dai monti dell'Atlante al deserto libico, tutto l'Egitto, le coste etiopiche sull'oceano per una profondità di seicento leghe, la Siria, l'Asia minore, tutti i paesi che si affacciano sul mar nero ed il mar Caspio, fatta eccezione del regno di Astracan, tutto l'impero dell'Indostan, tutta la Persia, gran parte della Tartaria e nella nostra Europa la Tracia, la Macedonia, la Bulgaria, la Serbia, la Bosnia, tutta la Grecia, l'Epiro e quasi tutte le isole fino allo stretto d'Otranto dove finiscono questi immensi possedimenti.»

Critiche si trovano sparse anche nel Candido e in Zadig. Nel detto Saggio sui costumi e lo spirito delle nazioni (francese: Essai sur les moeurs et l'esprit des nations), una panoramica dei popoli e delle nazioni senza il desiderio di scendere su dettagli statistici, Voltaire dedica:

  • il Capitolo VI ad Arabia e a Maometto[23]
  • il Capitolo VII al Corano ed alle leggi musulmane[24].

Ad es. di Maometto dice:

«dopo aver ben conosciuto il carattere dei suoi concittadini, la loro ignoranza, la loro creduloneria e la loro predisposizione all'entusiasmo, si rese conto di potersi trasformare in un profeta. Si propone di eliminare il Sabismo, che consiste nel fondere insieme il culto di Dio con quello degli astri; il giudaismo detestato da tutte le nazioni, e che aveva grande presa in Arabia; infine il cristianesimo, che conosceva solo per gli abusi di diverse sette diffuse nei paesi limitrofi al suo.»

«È probabile che Maometto, come tutti gli entusiasti, violentemente colpito dalle sue stesse idee, prima le *carica* di buona fede e poi le fortifica con dei sogni tanto che prende in giro se stesso e gli altri e sostiene infine, con delle furbate indispensabili, una dottrina che credeva buona. [...e così] si trovò alla testa di quarantamila uomini presi nel suo entusiasmo»

«di tutti i legislatori che hanno fondato una religione, è l'unico che abbia diffuso la sua con delle conquiste. Altri popoli hanno imposto ad altre nazioni i loro culti con il ferro e con il fuoco; ma nessun fondatore di una setta è mai stato un conquistatore (...) Un mercante di cammelli provoca un'insurrezione nel suo villaggio. Alcuni miserabili seguaci si uniscono a lui; li convince che egli parla con l’arcangelo Gabriele; si vanta di essere stato portato in paradiso, dove ha ricevuto in parte questo libro incomprensibile, ognuna delle cui pagine fa tremare il buon senso; per seguire questo libro, egli mette a ferro e fuoco la sua terra; taglia la gola dei padri e rapisce le figlie; concede agli sconfitti di scegliere fra la morte e l’Islam. Nessun uomo può scusare cose del genere, a meno che non sia nato turco o la superstizione non abbia estinto il suo lume.»

Lo storico Edward Gibbon scrisse[25]:

«Se la composizione del Corano oltrepassa le facoltà umane, a quale intelligenza superiore dovremmo ascrivere l’Iliade di Omero o le Filippiche di Demostene

Durante l'Ottocento, critiche all'Islam vennero da Alexis de Tocqueville e Arthur Schopenhauer:

«Maometto ha inserito nel Corano non solo un corpo di dottrine religiose, ma anche massime politiche, norme civili e penali e teorie scientifiche. Il vangelo, al contrario, parla solo di relazioni generali fra uomo e Dio e fra uomo e uomo, oltre alle quali non inculca e impone alcun obbligo. Basterebbe solo questo, oltre a mille altre ragioni, a provare che l’Islam non dominerà mai in un’epoca di cultura e democrazia, mentre il Cristianesimo è destinato a mantenere la sua influenza in questa come in tutte le altre epoche. (...) Dopo aver studiato moltissimo il Corano, la convinzione a cui sono pervenuto è che nel complesso vi siano state nel mondo poche religioni altrettanto letali per l'uomo di quella di Maometto. A quanto vedo l'Islam è la causa principale della decadenza oggi così evidente nel mondo musulmano, e benché sia meno assurdo del politeismo degli antichi le sue tendenze sociali e politiche sono secondo me più pericolose. Per questo, rispetto al paganesimo, considero l'Islam una forma di decadenza anziché una forma di progresso.»

«Prendiamo il Corano per esempio; questo libro abietto è stato sufficiente a fondare una religione diffusa in tutto il mondo, a soddisfare il bisogno metafisico di infiniti milioni di persone per dodici secoli, a diventare la base della loro moralità e di un rimarcabile spregio della morte, e anche a ispirarle a condurre guerre sanguinose e ottenere grandi conquiste. In questo libro noi troviamo la più triste e miserabile forma di teismo. Forse si perde molto nella traduzione, ma non sono stato in grado di trovarvi una singola idea di valore.»

Nel XX secolo l'Islam venne criticato apertamente da diversi pensatori e politici, come George Bernard Shaw, Theodore Roosevelt, Bertrand Russell, Rabindranath Tagore, Winston Churchill e Carl Gustav Jung. [senza fonte]

Atatürk, fondatore della Turchia moderna, abolì la religione di Stato nel suo paese. Il suo pensiero verso l'Islam può essere rappresentato dalla seguente citazione che pronunciò in qualità di Capo di Stato:

«Per quasi cinquecento anni, queste regole e teorie di un vecchio arabo e le interpretazioni di generazioni di religiosi pigri e buoni a nulla hanno deciso il diritto civile e penale della Turchia. Loro hanno deciso quale forma dovesse avere la Costituzione, i dettagli della vita di ciascun turco, cosa dovesse mangiare, l’ora della sveglia e del riposo, la forma dei suoi vestiti, la routine della moglie che ha partorito i suoi figli, cosa ha imparato a scuola, i suoi costumi, i suoi pensieri e anche le sue abitudini più intime. L’Islam, questa teologia di un arabo immorale, è una cosa morta. Forse poteva andare bene alle tribù del deserto, ma non è adatto a uno Stato moderno e progressista. La rivelazione di Dio! Non c’è alcun Dio! Ci sono solo le catene con cui preti e cattivi governanti inchiodano al suolo le persone. Un governante che abbisogna della religione è un debole. E nessun debole dovrebbe mai governare.[senza fonte]»

L'anticlericalismo turco verrà imitato in seguito dallo scià iraniano Mohammad Reza Pahlavi negli anni Sessanta, con alterni risultati fino alla sua deposizione e all'avvento della repubblica islamica nel 1979. L'Islam politico ha guadagnato particolare attenzione dal 1979, quando si affermò in Iran la Repubblica Islamica propugnata dall'Ayatollah Khomeini come modello politico contemporaneo di Stato e società guidata dai principi islamici, interpretati dai giurisperiti (velayat e faqih), in particolare a riguardo della mancanza di democrazia e diritti umani in tale paese (si veda la questione della Fatwā contro Salman Rushdie e della pena di morte in Iran).

In solidarietà con gli artisti minacciati per aver ritratto Maometto, si è svolto nel 2010 l'Everybody Draw Mohammed Day ("Tutti-disegnano-Maometto day"); in figura, una vignetta satirica amatoriale sul profeta islamico

Il dibattito sull'Islam e l'Islam politico ha ripreso vigore dopo l'attentato al WTC, fino a sfociare nell'islamofobia. Il modello sociopolitico del fondamentalismo salafita-wahhabita è stato oggetto di critiche di molteplici commentatori occidentali, che l'hanno variamente indicato come "nuovo totalitarismo". Tra questi il politologo francese Alexandre Del Valle nel libro Il totalitarismo islamista all'assalto delle democrazie[26], o l'appello "Insieme contro il nuovo totalitarismo" dopo le violente manifestazioni scoppiate all'indomani della pubblicazione delle caricature di Maometto sul Jyllands-Posten.[27] In Italia tali tesi sono state portate avanti dalla scrittrice fiorentina Oriana Fallaci, rifacendosi anche alle tesi di Bat Ye'or sull'Eurabia, oltre che dal giornalista italo-egiziano Magdi Allam.[28] Altri famosi esponenti del movimento antislamista negli Stati Uniti - talvolta accusati d'islamofobia - includono i giornalisti e saggisti Claire Berlinski, George Weigel, Tony Blankley, Bruce Bawer, Christopher Hitchens, Daniel Pipes, Robert Spencer, Michel Houellebecq e Mark Steyn, e diversi politici, da Donald Trump a Geert Wilders.

«Essi non ci danno pace e neppure noi dobbiamo dargliene. Non possiamo vivere sullo stesso pianeta, e sono contento, perché io non voglio viverci. Non voglio respirare la stessa aria di quegli psicopatici assassini, torturatori, stupratori e abusatori minorili. È questione di "o io o loro". Sono contento di ciò, perché so che saranno loro. È un obbligo e una responsabilità sconfiggerli, ma è anche un piacere. Non lo vedo affatto come un lavoro sporco.»

  1. ^ Definizione
  2. ^ Definizione tradotta dal dizionario Le Robert edizione 2006: "forma particolare del razzismo diretto contro l'islam ed i musulmani, che si manifesta in Francia attraverso atti di animosità ed una discriminazione etnica contro gli immigrati magrebini"
  3. ^ Une pétition contre l'islamophobie en France
  4. ^ Vincent Geisser, La nouvelle islamophobie, p21
  5. ^ (EN) [1]
  6. ^ Runnymede Trust Archiviato il 3 luglio 2007 in Internet Archive.
  7. ^ Le Reflet del 07/02/06, nell'articolo riprodotto sul sito africatime - Côte d'ivoire Archiviato il 28 settembre 2007 in Internet Archive.
  8. ^ Pour le droit à la libre critique des religions
  9. ^ Islamophobes, dénonçons-nous !
  10. ^ Claude Imbert, islamophobe déclaré - Acrimed | Action Critique Médias
  11. ^ Enrico Galoppini, Islamofobia. Attori, tattiche, finalità, Edizioni all'insegna del Veltro, Parma 2008 Copia archiviata, su insegnadelveltro.it. URL consultato il 29 gennaio 2009 (archiviato dall'url originale il 6 giugno 2009).
  12. ^ dizionario Le Robert, edizione 2006
  13. ^ "La paura nei confronti del Turco (etichetta che a lungo ha indicato l’infedele per antonomasia, al di là di definizioni di ordine strettamente etnico) non è certamente un sentimento ignoto agli europei. A partire dalla prima apparizione della religione musulmana in età medievale, il mondo occidentale ha dovuto fare i conti con un nemico minaccioso e violento, pronto a colpire i cristiani sin nel cuore dell’Europa pur di conquistare nuovi territori e nuove anime alla causa della Shari’a": Angela De Maria, Conoscere l’Islam, Mondoperaio, n. 1/2017, p. 89.
  14. ^ Copia archiviata, su website-pace.net. URL consultato il 1º aprile 2019 (archiviato dall'url originale il 1º aprile 2019).
  15. ^ ALI ÜNAL, Professor Küçükcan: Anti-Turkish sentiments in Europe not sustainable, Daily Sabah, 3 dicembre 2017.
  16. ^ Islamophobie ? par Caroline Fourest et Fiammetta Venner, su prochoix.org. URL consultato il 18 maggio 2007 (archiviato dall'url originale il 19 luglio 2011).
  17. ^ Copia archiviata, su prochoix.org. URL consultato il 18 maggio 2007 (archiviato dall'url originale il 30 novembre 2006).
  18. ^ Thomas Deltombein L'islam imaginaire: La construction médiatique de l'islamophobie en France, 1975-2005, Editions La Découverte ISBN 2-7071-4672-2, p.312
  19. ^ Quand l'islamophobie questionne la laïcité Archiviato il 24 febbraio 2011 in Wikiwix.
  20. ^ Minorites[collegamento interrotto]
  21. ^ Dante, Inferno, Canto XXVIII
  22. ^ Le fanatisme, ou Mahomet le prophète, su Voltaire. URL consultato il 15 giugno 2008.
  23. ^ ESSAI SUR LES MOEURS ET L'ESPRIT DES NATIONS, CHAP. VI. -- De l'Arabie et de Mahomet, su Voltaire. URL consultato il 15 giugno 2008 (archiviato dall'url originale il 14 novembre 2007).
  24. ^ ESSAI SUR LES MOEURS ET L'ESPRIT DES NATIONS, CHAP. VII(46). -- De l'Alcoran, et de la loi musulmane. Examen si la religion musulmane était nouvelle, et si elle a été persécutante., su Voltaire. URL consultato il 15 giugno 2008 (archiviato dall'url originale il 14 novembre 2007).
  25. ^ Edward Gibbon, Storia della decadenza e rovina dell'Impero Romano (PDF), traduzione di Nicolò Bettoni, Decimo, Progetto Manuzio - Liber Liber, 27 luglio 2017 [1820 - 1824]. URL consultato il 20 novembre 2017.
  26. ^

    «Dopo il totalitarismo rosso, basato sulla lotta di classe, il bruno, sulla lotta delle razze, l'Occidente deve affrontare il totalitarismo verde (colore dell'islamismo), che si fonda sulla lotta tra le civiltà e tra le religioni"»

  27. ^

    «Dopo aver vinto il fascismo, il nazismo e lo stalinismo, il mondo deve affrontare una nuova minaccia globale di tipo totalitario: l'islamismo.»

  28. ^ Noi e gli altri, forum di Magdi Allam sul sito del Corriere della Sera
  29. ^ Dall'Interview with Christopher Hitchens, Washington Prism, 16 giugno 2005.
  • Enrico Galoppini, Islamofobia: Attori, Tattiche e Finalità, Edizioni all'insegna del Veltro, Parma 2008
  • Farid Hafez (auth.), Islamophober Populismus: Moschee- und Minarettbauverbote österreichischer Parlamentsparteien [1 ed.], 978-3-531-17152-4, 978-3-531-92409-0 VS Verlag für Sozialwissenschaften 2010

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