Guido da Siena

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Maestà, Siena, chiesa di San Domenico

Guido da Siena (1230 circa – 1290 circa) è stato un pittore italiano, attivo a Siena nella seconda metà del Duecento, fra il 1260 e il 1280.

Notizie biografiche e difficoltà di datazione

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Non ci sono notizie sulla vita dell'artista, nessun documento lo nomina (a meno che non lo si voglia identificare col "Guidone" documentato a Siena nell'ultimo ventennio del Duecento e di solito riferito a Guido di Graziano)[1].

La sua carriera artistica è quindi ricostruibile solo tramite i dipinti che realizzò, in particolare dalla firma apposta sulla Maestà di San Domenico, dove si legge: "me Guido de Senis diebus depinxit amenisquem Christus Ienis nullis velit angere penis - Anno Domini MCCXXI". La data comunque, che farebbe di quest'opera la più precoce e compiutamente bizantina dell'arte toscana e italiana in generale, non è ritenuta più credibile dalla maggior parte degli studiosi, che propendono invece per una datazione al 1270 circa, dopo l'arrivo in città di Coppo di Marcovaldo (1261)[2].

Tale equivoco alimentò una secolare sopravvalutazione dell'artista, quale patriarca della scuola senese e responsabile del primato rispetto ai fiorentini[1].

Già nel Sei e Settecento gli eruditi locali ne glorificarono la figura, seguiti poi da quelli di metà Ottocento, tra cui il Romagnoli che propose di identificarlo con quel Guido o Guidone di Ghezzo ricordato nel 1240. In quello stesso periodo però si fece avanti anche la difficoltà crescente di conciliare la precocità della data 1221 con lo stile dell'opera, così palesemente successiva. Fu Gaetano Milanesi a suggerirne per primo la non autenticità, trascrivendo varie notizie documentarie di pittori di nome Guido citati nei libri delle Biccherne. Propose di correggere la data con 1281 e identificare l'artista con Guido di Graziano, altra personalità di quel periodo che oggi si ritiene separata. Cavalcaselle poi chiarì la questione del restauro duccesco e appoggiò la proposta di Milanesi, ma all'inizio del Novecento tornò con preponderanza l'ipotesi del "primato", negli scritti di Zdekauer (1906), van Marle (1923-1938), Toesca (1927) e Brandi[1].

Il Dossale n. 7, Siena, Pinacoteca nazionale

Una nuova ondata di consapevolezza dell'inconciliabilità tra la data e lo stile si affacciò dopo la seconda guerra mondiale, con Sandberg Valvalà (1953), Carli (1955) e Longhi (1948), che ribadì la derivazione della Madonna da quella di Coppo di Marcovaldo nella basilica dei Servi, del 1261. Garrison arrivò a pensare che la data fosse stata in origine 1321, legata cioè al restauro, mentre Offner la pensava 1281. Infine Gardner, poi seguito dalla maggior parte della critica, riferì il 1221 a un evento altamente simbolico, quali la fondazione della basilica o la morte di san Domenico[1].

Nonostante ci siano stati contributi anche recenti tendenti a sottilineare la fama dell'artista (De Benedictis, 1986), con gli interventi di Luciano Bellosi (1991) il ruolo dell'artista venne fortemente ridimensionato, frondando una parte del suo catalogo in favore di Dietisalvi di Speme, e ponendolo a un livello meno sostenuto rispetto a quest'ultimo, a Rinaldo e a Guido di Graziano, i capiscuola della seconda metà del secolo, da una delle cui botteghe uscì certamente Duccio di Boninsegna.[1]

Giudizio Universale, Grosseto

Stilisticamente Guido mostra una formazione legata all'esempio di Coppo di Marcovaldo, del quale riprese i marcati effetti di chiaroscuro e una certa astrattezza derivata dalla cultura bizantina. Nel Dossale n. 7, datato 1270, si nota una pittura più vibrante e un chiaroscuro ammorbidito, adeguandosi ai colleghi Dietisalvi di Speme e Rinaldo da Siena che cominciavano a interessarsi dei primi esiti di Cimabue. Nella fase tarda (Crocifissione di Yale) si nota una conoscenza delle opere più mature del fiorentino, quali il Crocifisso di Santa Croce, che fece da modello per modellare i fianchi di Cristo, nonché un influsso dei rilievi del pulpito del Duomo di Siena di Nicola Pisano, completato nel 1268[1].

Tra le opere tarde, come il Giudizio finale del Museo d'arte sacra di Grosseto, la cromia è addolcita forse già ispirandosi ai primi capolavori di Duccio[1].

La Maestà di San Domenico

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Lo stesso argomento in dettaglio: Maestà di San Domenico.

La sua Maestà, conservata ancora oggi nella Basilica cateriniana di San Domenico a Siena[3], rappresenta la Madonna sul trono con il Figlio in braccio, assieme ai sei angeli; nella cuspide il Redentore Benedicente circondato da due angeli. L'opera, che misura 283x194 cm, è datata tra il 1265 e il 1270. La scritta posta nel dipinto:

"ME GUIDO DE SENIS / DIEBUS DEPINXIT AMENIS / QUEM CHRISTUS LENIS / NULLIS VELIT ANGERE PENIS - A.D. MCCXXI"
(Mi dipinse, in giorni felici, Guido da Siena che Cristo benigno non voglia angustiare con alcuna pena. a.D. 1221)

è quindi da considerare una manipolazione posteriore all'esecuzione della Maestà[4]. Questo è suffragato anche dallo stile dei volti, decisamente risalenti ad un periodo posteriore, forse la prima metà del Trecento. Tale "modifica" fu probabilmente dovuta a Duccio di Boninsegna o a un suo seguace.

La tavola di Badia Ardenga

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Adorazione dei Magi, dal Dossale di Badia Ardenga
Salita sulla croce, dal Dossale di Badia Ardenga
Lo stesso argomento in dettaglio: Dossale di Badia Ardenga.

Nel Settecento era documentata nella Badia Ardenga una tavola antica con storie di Cristo, poi smembrata e parzialmente dispersa. Si ritiene di poterla identificare con le sei Storie dell'infanzia di Cristo e le sei Storie della Passione di Cristo, databili al 1280 circa, oggi in musei diversi:

Dallo stesso insieme smembrato proviene probabilmente anche un'altra tavola attribuita a Guido:

Altre opere attribuite

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La Crocifissione di Yale

Inoltre:

Dittico del beato Andrea Gallerani
  1. ^ a b c d e f g Alle origini..., cit., pp. 60-61.
  2. ^ Duccio, Simone..., cit., p. 186.
  3. ^ per qualche tempo è stata custodita nel Palazzo pubblico della città; http://www.spsae-si.beniculturali.it/index.php?it/234/la-maest-di-guido-da-siena-in-san-domenico
  4. ^ alcuni studiosi hanno pensato che la data MCCXXI fosse una cattiva lettura di un originario MCCLXI (1261), MCCXCI (1291) o MCCLXXI (1271); ma il restauro recente ha dimostrato che le cifre presenti sono quelle originali; pertanto, secondo l'ipotesi oggi più accreditata, si ritiene che la scritta, forse trecentesca, riprenda quella originale nei versi leonini e poi faccia riferimento all'anno della presenza a Siena di san Domenico.
  5. ^ il recente restauro ha appurato che la data scritta sulla tavola è completa e dopo SEPTUAGESIMO non ci sono altre cifre ma solo caratteri pseudocufici; Sotto il duomo di Siena, p.145
  6. ^ Duccio. Alle origini della pittura senese, pp. 88-91.
  7. ^ Duccio. Alle origini della pittura senese, pp. 54-57.
  • Cesare Brandi, A proposito di una felice ricostruzione della celebre Madonna di Guido da Siena, in "Bullettino senese di storia patria", n.s. II, 1931, pp. 77-80.
  • Cesare Brandi, Una Madonna del 1262 ed ancora il problema di Guido da Siena, in "L'Arte", XXXVI, 1933, fasc. I, pp. 3-13.
  • E. Carli, Relazione sul restauro della Madonna di Guido da Siena del 1221, in "Bollettino d'Arte" 1951, pp.248-251
  • Evelyn Sandberg Vavalà, The Madonnas of Guido da Siena, in "The Burlington Magazine", LXIV, 1934, pp. 254-271.
  • James A. Stubblebine, Guido da Siena, Princeton University Press, Princeton 1964.
  • Piero Torriti, La Pinacoteca nazionale di Siena: i dipinti dal XII al XV secolo, SAGEP, Genova 1977
  • Luciano Bellosi, Per un contesto cimabuesco senese: a) Guido da Siena e il probabile Dietisalvi di Speme, in "Prospettiva", 61, 1991, p. 6-20 (poi in: Luciano Bellosi, "I vivi parean vivi". Scritti di storia dell'arte italiana del Duecento e del Trecento, Centro Di, Firenze 2006, pp. 56-70).
  • Walter Angelelli, ad vocem Guido da Siena, in Dizionario Biografico degli Italiani, vol. 61, Roma 2003, pp. 417-421
  • Sotto il duomo di Siena. Scoperte archeologiche, architettoniche e figurative, Silvana, Milano 2003
  • Duccio. Alle origini della pittura senese, catalogo della mostra (Siena 2003-2004), Silvana, Milano 2003. ISBN 88-8215-483-1
  • Luciano Cateni, Maria Pia Lippi Mazzieri, Duccio, Simone, Pietro, Ambrogio e la grande stagione della pittura senese, Siena, Betti Editrice, 2012, ISBN 978-88-7576-259-9.

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