Fallito attentato di Ostia

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Fallito attentato di Ostia
attentato
Un soldato sovietico imbraccia un lanciamissili terra-aria di tipo Strela
(SA-7 Grail in codice NATO)
Tiposequestro di sofisticate armi da guerra contraerei del FPLP da utilizzarsi contro obiettivi israeliani
Data5 settembre 1973
LuogoOstia
StatoItalia (bandiera) Italia
Obiettivoaereo di linea della compagnia aerea di bandiera israeliana El Al
Motivazioneconflitto arabo-israeliano
Fotoritratto di Golda Meir

Il fallito attentato di Ostia[1] fu un tentato attacco terroristico contro un aereo della compagnia di bandiera israeliana El Al, da attuare per mezzo di missili terra-aria[2] spalleggiabili Strela-2 (SA-7 "Grail" in codice NATO), dotati di sistema di guida autocercante a ricerca infrarossa di sorgenti di calore (dalle quali sono attirati), inseguendo il bersaglio fino ad esplodergli in prossimità per distruggerlo.

Di tale evento esistono varie versioni[3] (almeno quattro[4]), a partire dalla datazione: rivelato solamente[5] il 5 settembre 1973[5][2], probabilmente fu oggetto di una postdatazione[5].

Obiettivo reale dell'attacco sarebbe stato[5][4] l'aereo che aveva trasportato[6] il primo ministro israeliano Golda Meir[1][4][7]. Se l'ipotesi della postadazione dell'arresto fosse fondata, si tratterebbe dell'aereo atterrato a Fiumicino la sera[8] del 14 gennaio 1973[5] per la visita ufficiale a Roma del giorno seguente[8] dove ebbe un'udienza privata[9]: si trattò di un viaggio culminato con l'incontro con papa Paolo VI[5][8], nonché con un incontro al Quirinale con il presidente della Repubblica Giovanni Leone[5][8] e il presidente del Consiglio Giulio Andreotti[8].

L'azione fu sventata in extremis da agenti dei servizi segreti italiani che, dopo una soffiata ricevuta da quelli israeliani del Mossad, ufficialmente il 5 settembre 1973[5], facendo irruzione in un appartamento situato nella località del litorale romano, arrestarono 5 terroristi palestinesi[10].

I responsabili dell'attentato fallito erano legati all'organizzazione Settembre Nero[5] ed in un caso direttamente al capo del FPLP[11]. Essi erano: Mohammed Nabil Mahmoud Azmi Kanj con passaporto giordano; Amin al-Hindi[12], algerino; Gabriel Khouri, siriano (questi tre detenuti in carcere); l'iracheno Ahmed Ghassan al-Hadithi e il libico Ali al-Tayeb al-Fergani[13] (entrambi in libertà provvisoria)[14].

Allarme conseguente

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Il 12 ottobre 1973, dopo aver rinviato ad una descrizione della reazione di una delle organizzazioni palestinesi agli arresti, un «appunto» battuto a macchina - presumibilmente indirizzato dal servizio segreto dell'epoca al presidente del consiglio Mariano Rumor - confermava la necessità di intensificare ulteriormente: "l’attività di vigilanza presso i probabili obiettivi, con particolare riguardo per gli aeroporti ed i porti (la sottolineatura è del dattiloscritto, ndr); l’azione di controllo nei riguardi degli stranieri appartenenti ai Paesi direttamente interessati all’attuale conflitto arabo-israeliano; la ricerca informativa tendente a prevenire lo sviluppo dell’attività terroristica in argomento"[15]. Il testo, che "avrebbe dovuto far alzare il livello di guardia negli scali aerei del nostro Paese", fu diramato "due mesi e sei giorni prima della strage che sarebbe stata compiuta da un commando di fedayn arabi nell’aeroporto più grande d’Italia, Fiumicino"[16].

I due titolari di passaporto libico[17] furono rimessi in libertà il 30 ottobre 1973[18]. Essi furono sistemati in un appartamento della capitale messo a loro disposizione dai "servizi" e, il giorno seguente, dall'aeroporto militare di Ciampino, dopo una sosta a Malta[19] vengono esfiltrati nella Libia di Gheddafi a bordo dell'Argo 16 accompagnati da quattro funzionari del SID: il capitano Antonio Labruna, il tenente colonnello Enrico Milani, il colonnello Giovan Battista Minerva e il colonnello Stefano Giovannone[4].

Per gli altri tre terroristi fu fissato il processo al 17 dicembre 1973, dando a tale data ampio risalto anche sulla stampa; lo stesso giorno verrà compiuta una strage all'aeroporto di Fiumicino da parte di estremisti palestinesi che, distruggendo un aereo e dirottandone un altro, uccisero 34 persone e causarono il ferimento di altre 15.

Nel marzo 1974[20] furono liberati anche i restanti tre estremisti arabi. Dopo un rinvio a giudizio disposto il 14 dicembre 1973, i cinque – con sentenza del 27 febbraio 1974 – erano stati comunque ritenuti responsabili dei reati di introduzione, detenzione e traffico di armi da guerra e relativo munizionamento allo scopo di eseguire una strage e condannati alla pena di anni 5 e mesi due di reclusione ciascuno[5].

  1. ^ a b Cfr. a p. 45 in Alberto La Volpe, Diario segreto di Nemer Hammad, ambasciatore di Arafat in Italia, Editori Riuniti, 2002.
  2. ^ a b Cfr. a p. 338 in AA. VV., Venti anni di violenza politica in Italia (1969-1988) Archiviato il 14 ottobre 2017 in Internet Archive., tomo I, 1ª parte (1969-1973), Roma, La Sapienza, 1992.
  3. ^ Cfr. alle pp. 28-35 in Enzo Raisi, Bomba o non bomba. Alla ricerca ossessiva della verità, Bologna, Edizioni Minerva, 2012.
  4. ^ a b c d Cfr. alle pp. 181-190 in Eric Salerno, Mossad base Italia. Le azioni, gli intrighi, le verità nascoste, Milano, Il saggiatore, 2010.
  5. ^ a b c d e f g h i j Cfr. alle pp. 185-190 sul documento della Camera dei deputati
  6. ^ Golda Meir in quegli anni utilizzava quasi sempre aerei della El Al per le sue visite ufficiali. Cfr. sito della El Al; cfr. sullo Israeli Airline Museum; cfr. sull'archivio Granger
  7. ^ Cfr. alle pp. 28-30 in Enzo Raisi, op. cit..
  8. ^ a b c d e Cfr. alle pp. 222-224 in AA. VV., 1973 Testi e documenti sulla politica estera dell'Italia, Roma, Servizio storico e di documentazione del Ministero degli affari esteri.
  9. ^ La Santa Sede riconoscerà lo Stato di Israele soltanto il 15 giugno 1994.
  10. ^ Cfr. in Gabriele Paradisi, Una strage dimenticata. Fiumicino, 17 dicembre 1973; in "Informazione corretta".
  11. ^ Commissione parlamentare d'inchiesta sulla strage di Via Fani, sul sequestro e l'assassinio di Aldo Moro e sul terrorismo in Italia, UNITÀ 32 Seduta del 9 dicembre 1980 (9 dicembre 1980), Audizione del professor Giuliano Vassalli, in Archivio storico del Senato della Repubblica (ASSR), Moro (VIII leg.), 2.2.32, p. 67.
  12. ^ Amin el-Hindi, per quattro anni capo degli studenti palestinesi in Italia, risulterà poi essere il numero due dei servizi di sicurezza di al-Fatah e braccio destro di Abu Ayad. Cfr. in Tribunale di Roma, Sezione settima penale, Procedimento penale n. 5137/73 R.G., Sentenza di primo grado contro Mahmoud Nabil Mohamad Azmi Kanj et al., 27 febbraio 1974.
  13. ^ Ali al-Tayeb al-Fergani risulterà essere Atif Busaysu «stretto associato di grado elevato di Salah Khalaf alias Abu Ayad». Cfr. in Tribunale civile e penale di Venezia, Procedimento penale n. 318/87A G.I. contro Zvi Zamir ed altri (Argo 16), Sentenza-ordinanza emessa il 10 dicembre 1998 dal giudice istruttore Carlo Mastelloni, Appunto Sid del 25 ottobre 1973.
  14. ^ Cfr. su l'Unità.
  15. ^ Maurizio Caprara, Strage di Fiumicino del 1973, nelle carte segrete di Mariano Rumor l'appunto sul «terrorismo italo-palestinese» due mesi prima dell'attacco, Corriere della sera, 17 dicembre 2023.
  16. ^ Ibidem.
  17. ^ Li chiamò direttamente "libici" Tullio Ancora, nel corso dell'audizione in Commissione bicamerale Terrorismo e stragi il 10 febbraio 1999, facendo riferimento ad una lettera di Aldo Moro dalla prigionia: "credo che nella lettera a Pennacchini - che io naturalmente non lessi- c'era il ricordo dei libici. Pennacchini doveva essere addentro a quella vicenda; era sottosegretario, non era nei servizi segreti. Fece andare via i libici purché non facessero una strage".
  18. ^ Cfr. l'interrogazione di Mario Tedeschi (3 - 0918).
  19. ^ Cfr. in Il coinvolgimento libico nella strage di Fiumicino del 17 dicembre 1973
  20. ^ Maurizio Caprara, 50 anni fa la strage all'aeroporto di Fiumicino; attentati per cui nessuno ha pagato, Corriere della Sera, 17 dicembre 2023.

Voci correlate

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Collegamenti esterni

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