Federica Rampi's Reviews > Il colibrì
Il colibrì
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Perché separazione e perdita sono così dolorose?
Perché il dolore diventa qualcosa di totalizzante e non riusciamo invece a capire che c’è un tempo presente in cui possiamo e dobbiamo viverlo?
Conformismo e convenzioni sociali ci insegnano che il dolore, anche quello morale, va sedato, anestetizzato, ma soffrire non è uno sbaglio. E non è uno sbaglio nemmeno sapervi reagire, nei tempi e nei modi in cui riusciamo. La reazione è personale. Non c’è il prima e il dopo, c’è un soffio vitale che ci permette di andare avanti, che trasforma il dolore in energia e negarlo significherebbe solo ingannare sé stessi.
Marco Carrera, oculista quarantenne, è l’eroe conservatore che teme il cambiamento , è l’uomo che associa il cambiare a qualcosa di molto simile al regresso e così vive una vita faticosa, si danna per restare fermo e avanzare piano a piccoli passi, ma sa, che in quell’equilibrio fatto di resilienza, c’è il senso della sua vita.
Marco nasce in una famiglia borghese, è un bambino sveglio, vivace, gioca tennis di più e meglio dei suoi coetanei, ma Marco rispetto a loro è piccolo, non cresce e la madre, che lo chiama il colibrì per la sua statura minuscola, costruisce attorno a lui un’aura di leggenda. Quel figlio così piccolo ma forte è il suo guerriero in miniatura.
Quando il padre trova un medico disposto a sottoporlo a una terapia ormonale sperimentale, in poco tempo cresce, diventa alto come gli altri,ma la sua natura di colibrì rimarrà intatta.
Quando Marco si troverà di fronte alle perdite e al dolore, anche quello più grande che azzera tutto, saprà resistere senza cedere, senza mai perdere nulla, in primis sé stesso. E non cadrà mai.
Sente il dovere di restare al mondo, sa di avere dentro ancora tanto amore da ricollocare e da qualche parte c’è chi si aggrapperà a lui.
“Vi sono esseri che per tutta la loro vita si dannano allo scopo di avanzare, conoscere, conquistare, scoprire, migliorare, per poi accorgersi d’esser sempre andati alla ricerca solo della vibrazione che li ha scaraventati al mondo: per costoro il punto di partenza e il punto di arrivo coincidono. Poi ce ne sono altri che invece pur stando fermi percorrono una strada lunga e avventurosa perché è il mondo a scivolare sotto i loro piedi, e finiscono molto lontano da dove erano partiti: Marco Carrera era uno di essi.”
In una cronologia disordinata, scomposta, senza vincoli di montaggio, nei blocchi narrativi in terza persona, Veronesi salta anni e periodi interi mettendo in gioco tutte le emozioni che di getto arrivano e che sentono l’urgenza di farsi parola.
La sua scrittura straccia qualunque ordine temporale perché nel flusso di memoria, i ricordi e i loro contrasti si accavallano a episodi di vita borghese, alle lettere, perché come la vita, tutto può contenere tutto...
Un grazie a Sandro Veronesi per aver scritto qualcosa di unico e meraviglioso..
Perché il dolore diventa qualcosa di totalizzante e non riusciamo invece a capire che c’è un tempo presente in cui possiamo e dobbiamo viverlo?
Conformismo e convenzioni sociali ci insegnano che il dolore, anche quello morale, va sedato, anestetizzato, ma soffrire non è uno sbaglio. E non è uno sbaglio nemmeno sapervi reagire, nei tempi e nei modi in cui riusciamo. La reazione è personale. Non c’è il prima e il dopo, c’è un soffio vitale che ci permette di andare avanti, che trasforma il dolore in energia e negarlo significherebbe solo ingannare sé stessi.
Marco Carrera, oculista quarantenne, è l’eroe conservatore che teme il cambiamento , è l’uomo che associa il cambiare a qualcosa di molto simile al regresso e così vive una vita faticosa, si danna per restare fermo e avanzare piano a piccoli passi, ma sa, che in quell’equilibrio fatto di resilienza, c’è il senso della sua vita.
Marco nasce in una famiglia borghese, è un bambino sveglio, vivace, gioca tennis di più e meglio dei suoi coetanei, ma Marco rispetto a loro è piccolo, non cresce e la madre, che lo chiama il colibrì per la sua statura minuscola, costruisce attorno a lui un’aura di leggenda. Quel figlio così piccolo ma forte è il suo guerriero in miniatura.
Quando il padre trova un medico disposto a sottoporlo a una terapia ormonale sperimentale, in poco tempo cresce, diventa alto come gli altri,ma la sua natura di colibrì rimarrà intatta.
Quando Marco si troverà di fronte alle perdite e al dolore, anche quello più grande che azzera tutto, saprà resistere senza cedere, senza mai perdere nulla, in primis sé stesso. E non cadrà mai.
Sente il dovere di restare al mondo, sa di avere dentro ancora tanto amore da ricollocare e da qualche parte c’è chi si aggrapperà a lui.
“Vi sono esseri che per tutta la loro vita si dannano allo scopo di avanzare, conoscere, conquistare, scoprire, migliorare, per poi accorgersi d’esser sempre andati alla ricerca solo della vibrazione che li ha scaraventati al mondo: per costoro il punto di partenza e il punto di arrivo coincidono. Poi ce ne sono altri che invece pur stando fermi percorrono una strada lunga e avventurosa perché è il mondo a scivolare sotto i loro piedi, e finiscono molto lontano da dove erano partiti: Marco Carrera era uno di essi.”
In una cronologia disordinata, scomposta, senza vincoli di montaggio, nei blocchi narrativi in terza persona, Veronesi salta anni e periodi interi mettendo in gioco tutte le emozioni che di getto arrivano e che sentono l’urgenza di farsi parola.
La sua scrittura straccia qualunque ordine temporale perché nel flusso di memoria, i ricordi e i loro contrasti si accavallano a episodi di vita borghese, alle lettere, perché come la vita, tutto può contenere tutto...
Un grazie a Sandro Veronesi per aver scritto qualcosa di unico e meraviglioso..
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Il colibrì.
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Reading Progress
Finished Reading
November 1, 2019
– Shelved
November 1, 2019
– Shelved as:
to-read
November 12, 2019
– Shelved as:
narrativa-italiana