«Ero solo, in una casetta in Bretagna, davanti al computer,» ha raccontato una volta Emmanuel Carrère «e a mano a mano che procedevo nella storia ero sempre più terrorizzato». All’inizio, infatti, il piccolo Nicolas ha tutta l’aria di un bambino normale. Anche se allo chalet in cui trascorrerà la settimana bianca ci arriva in macchina, portato dal padre, e non in pullman insieme ai compagni. E anche se, rispetto a loro, appare più chiuso, più fragile, più bisognoso di protezione. Ben presto, poi, scopriamo che le sue notti sono abitate da incubi, che di nascosto dai genitori legge un libro, dal quale è morbosamente attratto, intitolato Storie spaventose, e che, con una sorta di torbido compiacimento, insegue altre storie, partorite dalla sua fosca immaginazione: storie di assassini, di rapimenti, di orfanità. E sentiamo, con vaga ma crescente angoscia, che su di lui incombe un’oscura minaccia – quella che i suoi incubi possano, da un momento all’altro, assumere una forma reale, travolgendo ogni possibile difesa, condannandolo a vivere per sempre nell’inferno di quei mostri infantili. Questo perturbante, stringatissimo noir è da molti considerato il romanzo più perfetto di Emmanuel Carrère – l’ultimo da lui scritto prima di scegliere una strada diversa dalla narrativa di invenzione.
Emmanuel Carrère is a French author, screenwriter, and director. He is the son of Louis Carrère d'Encausse and French historian Hélène Carrère d'Encausse.
Carrère studied at the Institut d'Études Politiques de Paris (better known as Sciences Po). Much of his writing, both fiction and nonfiction, centers around the primary themes of the interrogation of identity, the development of illusion, and the direction of reality. Several of his books have been made into films; in 2005, he personally directed the film adaptation of his novel La Moustache. He was the president of the jury of the book Inter 2003.
All’inizio sembra di essere in zona Giamburrasca: non è un collegio, ma una classe di bambini delle elementari con i loro insegnanti e istruttori chiusi dentro uno chalet di montagna per trascorrere la settimana bianca del titolo. Poi, man mano, la fantasia inarrestabile di Nicolas, il bambino protagonista, e il talento di Carrère, trasformano la fiaba in incubo, delirio, e infine horror: senza bisogno di colpi di scena, il mostro è arrivato tra noi.
Ma, a ben guardare, sin dall’inizio, nei giochi spensierati dei bambini, nell’allegria dell’insegnante di sci, nel bianco opprimente della neve, nella protezione accordata dal capetto del gruppo al timido e indifeso Nicolas, c’è il sentore di qualcos’altro, c’è traccia d’inquietudine. Lo zaino di Nicolas dimenticato nella macchina del padre, il padre che non torna a riportarlo… la tensione cresce, in modo naturale, e inevitabile.
Fin dal principio Nicholas si distingue dagli altri bambini: è taciturno, ombroso, cagionevole, chiuso. Ogni pagina è un passo che scende a esplorare la personalità del bambino, i suoi inespressi sensi di colpa, i suoi presentimenti inconfessabili. L’interesse di Carrère è focalizzato sulla fragilità, anche morbosa, della sua personalità e i suoi lati oscuri. C’è un senso d’ineluttabile, d’inesorabile, e inespiabile, una percezione lenta di contagio e distruzione che si costruisce via via più forte e si avverte subito che ricadrà sul più indifeso, che ricorda la tragedia greca.
Ha ragione Rosetta Loy nel suo commento in quarta di copertina, la scrittura è semplice, serrata, netta e chiara come lo sono certe giornate di gennaio, con l’aria secca che sembra crepitare.
La settimana bianca rimanda in qualche modo a L’avversario: è stato scritto durante una lunga pausa che ha interrotto la stesura di quell’altro libro, e stimolato dall’immagine di Jean-Claude Romand, l’assassino che lì è protagonista, che passeggia in una foresta coperta di neve. In entrambi i casi l’indagine sulle ragioni del crimine, sulla sua insensatezza, sull’assenza di senso che lo circonda e determina, è al centro del racconto. Ciò che cambia è il punto di vista: là entriamo nella testa di un carnefice, qui in quella di una vittima. Una vittima molto particolare, ma mi fermo per rischio spoiler.
Foto di gruppo per i protagonisti del film di Claude Miller, sceneggiato dallo stesso Carrère, che nel 1998 si aggiudicò il Premio della Giuria al Festival di Cannes. Emmanuel Carrère ha qualche ruga in meno.
PS Peccato ci scappi un bel refuso grosso come la differenza tra 4 e 25 – ma in fondo è veniale, sempre di Renault si tratta.
This novel was a best seller in France when published in 1995. It won France’s Prix Femina, awarded annually since 1904 by an all-female panel of judges.
Through the first half of the novel, the author lulls us with humor. The main character is a young boy, 10 or 11 or so, going on a class field trip for a week at a ski resort. He's small, shy, socially awkward, friendless. We sympathize with him, but we smile too, as he worries about bullies, about fitting in, about wetting his bed. He thinks “…he’d been right about ski school all along: it was going to be a dreadful ordeal.”
He starts off on the wrong foot before he even arrives. His over-protective father insists on driving him to the ski report for fear of a bus crash, so the boy feels singled out already as he’s the only one not arriving on the bus. Then he forgets his bag in his father’s car trunk and the teachers have to ask if any of the other boys have an extra pair of pajamas. Only the bully offers a pair and, since the bully is twice his size, he limps around in super-sized clothes. Of course he wets the bed and now worries about the bully finding out. He gets the flu. It goes on….
Back to the father. Not only is his father over-protective, but he instills fear in the boy about kidnappers and body snatchers looking for transplant organs from young kids. His father, who sells prostheses, tells him a horrible story of a boy who woke up from an operation blind, deaf, mute and paralyzed. We know from the boy’s thoughts that there is something broken in his parent’s relationship. His mother can’t confide in the boy and simply lies to him as if he were still five years old. For example, about why they had to hurriedly move away from their last home. He recalls an incident with his mother: “She had begun to cry, too, but since she wasn’t telling him the truth, they couldn’t even really cry together.”
Sure enough, while at the ski school, a local boy goes missing, the police are out in force and the students go into “lock-down.” Now the tone of the novel switches and Stephen King takes over. (And in this author’s photo from the book jacket, he looks like a young Stephen King, do you think?) This is no longer a saga of a fun class trip with growing pains – this is full-blown horror. And we think back to the boy’s earliest thoughts with totally new meaning: “…he’d been right about ski school all along: it was going to be a dreadful ordeal.” His entire life changes.
A short book; a good read; it kept my attention all the way through.
Photo of French ski resort from world-villa.co.uk Photo of the author from manigna.blogspot.com
No me ha dicho gran cosa. Lo mejor que puedo decir de él es que se lee muy fácil, entretiene y es breve, aunque en mi opinión debería haberlo sido aún más y pasar a ser un relato corto.
El inicio promete, después la intriga se va diluyendo junto al atractivo de su personaje principal, al que su edad, por otro lado, no parece cuadrarle en absoluto, y mucho menos al terrible Hodkann.
El final de la historia está bien llevado, mantiene la tensión… aunque el suspense en mi caso no funcionó: me olí muy pronto el desenlace.
I thought this would be a chilly psychological murder mystery with a classic French Existentialism™ gloss. Instead I read a haunting character study of a child filled with angst and dread, trying and failing to make sense of the disorienting world around him, never understanding the true nature of his existence in this meaningless, absurd, and often deadly world. Which is basically French Existentialism in a nutshell. Beautifully written, mysterious and moving and humane, and so very sad.
”Per lui in quella vita non ci sarebbe stato perdono”.
Il protagonista è un bambino. Fa sogni spaventosi e trova rassicurazione nell'amico più forte; si addormenta, solo, al freddo glaciale e gli adulti premurosi si prendono cura di lui con calore e senso di sicurezza; non viene pensato in modo sufficiente ma l'universo della sua fantasia recupera la tensione emotiva perduta. Storia di suspense e di mostruosità, il romanzo breve che il lettore percorre con un unico brivido è letteratura dell'orrore e psicologia infantile, è oscurità morbosa e amicizia misteriosa. Così il terrore, o meglio il terribile, è la materia stessa della narrazione, in una esperienza di passaggio che è classica fine dell'innocenza e insieme trasformazione onirica della sfera morale, attraverso la quale l'individuo è liberato dalla trappola vittimaria di un mondo segnato dal male inevitabile e maniacale. A volte punire se stessi è un modo per sentirsi speciali ed essere trattati come tali. Tra le mani di uno scrittore, questo archetipo può costituire l'origine di una inorganica e irresponsabile violazione. Può accadere che il senso del crescere finisca a somigliare a una nera coscienza, a una malattia invisibile che si diffonde, silenziosa e persecutoria.
”Aveva deciso di non parlare più, mai più. Ormai era l'unica forma di protezione che riuscisse a immaginare. Neanche una parola, da lui non avrebbero cavato più niente. Sarebbe diventato un blocco compatto di silenzio, una superficie liscia e scivolosa contro cui la sventura sarebbe rimbalzata senza trovare un accesso. Se avessero voluto, se avessero osato, gli altri gli avrebbero parlato, ma lui non avrebbe risposto. Non li avrebbe neanche sentiti. Non avrebbe sentito quel che gli avrebbe detto sua madre, verità o menzogna, senz'altro menzogna. Gli avrebbe raccontato che suo padre aveva avuto un incidente durante una trasferta, e che per una ragione o per l'altra non potevano andare a trovarlo all'ospedale. Oppure che era morto, e non sarebbero andati neanche al suo funerale, né a raccogliersi sulla sua tomba. Avrebbero di nuovo cambiato città, forse anche nome, nella speranza di lasciarsi alle spalle quel silenzio e quella vergogna che li avrebbero accompagnati ovunque, ma la cosa non l'avrebbe più riguardato, lui avrebbe taciuto, taciuto per sempre”.
Una settimana bianca in uno chalet con altri ragazzi. Uno zaino dimenticato nella macchina del padre. La scomparsa di un bambino e il ritrovamento qualche giorno dopo, morto. Una R5 grigia. E nella vita di Nicholas precipita in un incubo da cui non potrà più uscire.
Grande Carrère nel descrivere con precisione chirurgica gli stati d'animo dei protagonisti.
. اردوی زمستانی ماجرای پسری است به نام نیکلا که به اردوی مدرسه دعوت میشود. او پسری منزویست که در افکار و خیالات خودش محبوس است،به سختی با دنیای بیرون و آدمها ارتباط برقرار میکند ولی با همین تفاسیر او آدمها و ماجراها را از دید خودش و در ذهنش تجزیه و تحلیل میکند.در ذهن او سؤالات و شبهاتی مطرح میشود که خواننده تا پایان داستان با آنها همراه میشود. . در یکی از دهکدههای بخشهای اطراف، در یک کیلومتری محل اردوی زمستانی، یک بچه ناپدید میشود. . پدر نیکلا مدام این نگرانی را به او القا میکند که دنیا پر از بچهرباهایی است که آنها را میدزدند و اعضای بدن آنها را قاچاق میکنند ولی پایان داستان آنقدر غیرقابل انتظار است که ارتباط تمام این اتفاقات مشخص میشود... . کتاب خوب و کمحجمی بود. خود داستان خیلی خوب و هیجانانگیز بود، از اون دست داستانهایی که قلبمون رو مچاله میکنه🥺😭 #اردوی_زمستانی #امانوئل_کارر ترجمه #منیره_اکبرپوران
Abbiamo avuto tutti uno di quei braccialetti brasiliani che, immancabilmente, ti regalavano appena mettevi piedi in spiaggia no? Dovevi esprimere un desiderio e, quando il nastrino si fosse rotto, il desiderio sarebbe diventato realtà! Mai successo.....anche perché non ho mai ricordato cosa avessi espresso o solo perché non si rompevano mai quei dannati braccialetti.
Nicolas non è da meno, non ricorda nemmeno lui quale desiderio avesse espresso per quel braccialetto. Donatogli da Patrick all'arrivo della sua prima settimana bianca, come segno di benvenuto
Disturbante, angosciante e non vi nego che ho provato una profonda tristezza per quel bambino sempre alla ricerca di attenzioni, di uno sguardo, una parola amica e, per far fronte a queste mancanze, Nicolas si immagina scenari inquietanti, dove succedono cose orribile a chi lo circonda. Ma tesoro, il vero orrore sta accanto a noi, sta lì dove nemmeno immaginiamo. Non posso e non voglio pensare a tutto ciò che un adulto fa di sbagliato,quel tutto che si riversa inesorabilmente sui figli. Capire come sarebbe finito non era così impensabile....c'erano tutte le avvisaglie, le cose dette e non dette,ma è stato davvero un colpo al cuore ♡ Nicolas, forse è meglio che non ricordi, a volte è più bello desiderare quel qualcosa/qualcuno ...fidati
The intense and visceral horror of adolescence. The wild power of a child's imagination. Poisonous idolatry. The call coming from inside the house. In Class Trip, Emmanuel Carrère does such a painfully good job of evoking an age when desire is both exhilarating and terrifying, when being cocooned in the throes of illness can seem more joyful, childish comfort than hindrance, when any number of outlandish scenarios seem perfectly plausible. For our young protagonist, trapped between awakening instincts and the desire to remain a little boy, ordinary events become unknowable terrors – yet reality proves far worse than the nightmare.
10-year-old Nicolas is embarrassed that his father insists on driving him to the school ski trip instead of allowing him to take the bus with the other boys. Matters are made worse when he forgets to take his backpack out of the car, and later wanders outside in the middle of the sub-zero night and catches a fever. The revelation that a local boy disappeared that same night presents a dilemma. Nicolas may have seen something important during his excursion, but to avoid trouble, he's allowed his teachers to believe he was sleepwalking. Should he speak up?
Nicolas is an introspective child, prone to fantasies, some of which are delirious daydreams – being the confidant of the most popular boy in the class; forming a special bond with charismatic ski instructor Patrick. Others are more sinister, and he has a particular fixation on a story of his father's about gangs kidnapping children to harvest their organs. In the end, it's Nicolas's fantasising that damns him, invented boasts leading somewhat ironically to the horrible truth. Class Trip is often categorised or described as horror, and though I wouldn't do so myself I can completely see why people feel compelled to brand it as such. That compulsion perhaps points to a fear of the events depicted within, an aversion to the idea that these things (and far worse) happen in reality.
From the beginning, we are primed to expect a loss – the first line of the book is: 'For a long time afterward – even now – Nicolas tried to remember the last words his father spoke to him'. Body parts, prosthetics and organs are employed as motifs, giving the story a faint but undeniable streak of grotesquerie. The result is an atmosphere of tense anticipation that keeps your attention locked to the book until a conclusion that's somehow both revealing and disturbingly vague.
Preferisco Carrere come mi ha abituata con i suoi affondi nella cronaca o nella ricostruzione storica (se pur senza pretesa scientifica) come ne Il regno, per esempio, e mi sono mancati i suoi rigurgiti egocentrici, la presenza ingombrante del suo io narciso che infila abbondantemente tra le righe non in maniera occulta ma sfacciata.
Il genere fiction nelle sue mani risulta noioso, sciapo come questo noir. Oltretutto un bambino di nove, otto anni che si misura la temperatura per via rettale da solo è decisamente improbabile, ma le ascelle no? O non ha figli o non si è mai provato la febbre.
Secondo romanzo che leggo di Carrère, dopo il meraviglioso Limonov che, ovviamente, non ha niente a che vedere con questo romanzo. "La settimana bianca" è, come vuole il titolo, un romanzo di un viaggio verso quella che voleva e doveva essere una tranquilla e spensierata gita scolastica sulla neve. Ma già dalle prime pagine si capisce che non c'è affatto niente di normale e spensierato: Nicolas arriva in macchina col padre e non col pulmino proprio perché i suoi genitori non si fidano del conducente ed è subito chiaro in che ambiente iperprotettivo, ansiogeno e pieno di paure è inserito. Da quel momento in poi è un excursus di tensione, fantasmi che affiorano e incubi notturni e diurni per il povero bambino: tragedie delle cronache quotidiane, fantasie nere come rapimenti e traffici di organi, il tutto condito da una sua già ovvia personalità fragile e asociale, che portano il bambino a stare isolato e a preferire il calore di una febbre alle piste da sci con i compagni. Un romanzo che è un gioiellino, sottile nella sua analisi psicologica, lascia tanto di oscuro alla fantasia del lettore, in un gioco di tensione e angoscia fino all'epilogo finale.
Nicolas è un bambino che partecipa, assieme ai compagni di scuola, a una settimana bianca. Fin dall’inizio, però, si avverte qualcosa di strano: Nicolas non prende il pullman, ma arriva accompagnato dal padre e i genitori non sembrano affatto contenti di mandare il bambino in vacanza. Leggendo, veniamo colti da dubbi: si tratta della classica famiglia iperprotettiva? O, forse, il bambino ha dei problemi e necessita un trattamento speciale? O, ancora, la famiglia ha qualcosa da nascondere? Proseguendo con la lettura, la situazione si complica. Nicolas, infatti, non è un bambino qualunque: ha tante paure, incubi notturni che lo portano a bagnare il letto e fantasie macabre, che spesso contengono suicidi o omicidi. La tensione sale, la narrazione si fa sempre più claustrofobica, finchè scopriamo che, nella zona attorno allo chalet, un bambino è scomparso. Chi ha rapito il bambino? E c’è un collegamento con le fantasie di Nicolas?
Questo è il secondo libro che leggo di Carrere dopo “L’Avversario” e l’ho scelto sapendo che lo scrittore ha tratto ispirazione dal caso di Jean-Claude Romand, lo stesso caso trattato nell’”Avversario”. Le due opere sono, infatti, quasi complementari: “L’Avversario” è un’opera giornalistica che indaga la mente di un assassino; “La settimana bianca” è un’opera di totale finzione che indaga la mente di una vittima - una vittima molto particolare, come si capisce nel corso della lettura.
Il romanzo affronta tanti temi. Il primo è sicuramente quello del male, visto come assurdo, privo di motivazioni attendibili, una sorta di disfunzione della vita. Il male può abbattersi su chiunque e non si può fare niente per fermarlo. Nel caso di Nicolas, nessuno - nè la maestra, nè i compagni, nè la polizia - può salvarlo dal triste destino che lo aspetta. Il secondo tema è quello della menzogna. A causa del modello familiare, Nicolas ha la tendenza a mentire, a esagerare i fatti, a inventare storie. Ma le menzogne hanno quasi sempre delle conseguenze: nel caso specifico del romanzo, le conseguenze sono a dir poco paradossali. Il terzo tema è quello dell’inconscio. Nicolas, nel suo inconscio, sa che qualcosa non va e reagisce con un comportamento quasi autistico, isolandosi il più possibile - comportamento che raggiunge l’apice nel finale. L’inconscio, però, si manifesta continuamente attraverso incubi e fantasie che rivelano tutto il tormento interiore del bambino. Il romanzo tocca poi altri temi come il passaggio (o mancato passaggio) tra infanzia ed età adulta, l’integrazione con i compagni, il bullismo e il rapporto con la sessualità (il tormento di Nicolas gli causa anche un blocco dal punto di vista sessuale).
“La settimana bianca” è un romanzo breve ma molto intenso, che tiene incollati alle pagine, in un climax crescente. Ho preferito il Carrere dell’”Avversario”, ma consiglio sicuramente anche questo.
کتاب دائما تو رو میبره تو ذهن یه بچه (نوجوان؟) که در حال فکر کردن به بدترین سناریو ها و احتمالاتیه که ممکنه اتفاق بیفته، که طبعا به خاطر محیطی که توش بزرگ شده و رفتاری که پدر و مادرش مخصوصا پدرش باهاش داشتن، این دغدغه ها بی دلیل نیست. از اول قصه این هشدار رو بهت میده که یه اتفاق بد در انتظاره که بالاخره هم باهاش روبرو میشی واسه همین خیلی کشش داشت و روان پیش میرفت. خیلی فکر کردم که کتاب ارزش ۴ ستاره رو داره یا نه ولی خیلی راحت منو غرق ماجرا کرد و شخصیت پردازی و فضاسازی خیلی خوبی داشت جوری که سرما و برف کوهستان همراه نیکولا حس میکردم و انگار واقعا یه اردو رفتم و برگشتم. من ترجمه ابوالفضل اللهدادی از نشر مد خوندم که به نظرم عالی بود.
This book was very unsettling. Creepy. Moody. Eerie. Bleak. And amazingly well written. The slow and creeping dread was almost unbearable. To top it all off, at the end you can't quite be sure what horrible thing has occurred, but you think you might know, and the thinking and guessing is worse than if the author had just come right out and written it. Basically, it is the difference between a "Yo,come here so I can stab you" or a wide smiling "Come here, my pretty."
I am not usually fond of the horror/suspense genre, but I am always fond of anything well-written, and this qualifies big time.
Thriller psicologico che riesce a tenere il lettore incollato alle pagine. Domande su domande in un'atmosfera cupa e piena di suspance che lascia in chi legge un senso di inquietudine e scomodità.
U najboljem od svih mogućih čitalačkih svetova - tačnije u onome kako zamišljam moj najbolji čitalački svet - ovo bi bila obavezna osnovnoškolska lektira.
Za promenu: (fiziološki zavodljivo) pričanje priče, atmosfera i vožnja u romanu-u-jednom-sedu kroz frustracije i nelagode u tome šta (mi) se dešava i šta (li) će (mi) se desiti. Iskrenije, elementarnije i pratljivije napisano od, recimo, "Spasonosne razdaljine", a dovoljno "ublaženo", prevashodno narativnim odmacima, da bi preraslo u drastičnost "Velike sveske". Izazovno da uvuče u sebe mlađahnog čitaoca, da mu ne dozvoli da pobegne glavom bez obzira a da ga istovremeno drži u stanju da mu se sviđa da mu ne bude prijatno. Da se češe ne pogađajući tačku. [Je l' ja to opet o najboljem od svih mogućih čitalačkih svetova?]
Slutnja i atmosfera (neverice i konačnog prihvatanja), za Nikolasa, lepljivije su od "hudanita". Naposletku, nije važno ni kako ni zašto, nego šta mi to čini sa životom - od toga to nisam ja, to je moja trauma, do toga to sam ja, moja trauma.
Biti dete koje štrči i kome istodobno nije dobro u sopstvenoj koži, svrbi. Češem. Češem, krvari. Češem, krvari, svrbi i dalje.
نوشتن از «اردوی زمستانی» کار سختی است؛ نخستین بار با نویسنده بهواسطهی کتاب «سبیل» آشنا شدم اما تا به امروز فرصت مطالعهی کتاب را به دست نیاوردم؛ تا اینکه «خصم» از راه رسید و به قفسهی کتابهایی که میخواهم بخوانم اضافه شد اما شوربختانه فرصت مطالعهی آن هم دست نداد؛ پس از آن «اردوی زمستانی» از راه رسید و نظر نویسنده در رابطه با این کتاب مجابم کرد که پیش از «خصم» به مطالعهی این اثر بپردازم. امانوئل کارر میگوید: «بین این کتاب و خصم رابطهی بسیار نزدیکی وجود دارد. من اردوی زمستانی را زمانی نوشتم که برای اولینبار ماجرای ژان کلود رومان را کنار گذاشتم. تصویری اساسی را در این کتاب گنجاندم که شخصیت رومان آن را پدید آورده است. اما بعد رومان به من گفت که احساس کرده اردوی زمستانی داستانی از روزگار کودک�� خودش بوده است.»
کتاب قصهی پسرکی است به نام «نیکلا» که در خانوادهای کنترلگر زندگی میکند. پدر و مادرش تقریبا تمامی اعمال او را کنترل میکنند. در طول قصه نویسنده اجازه میدهد که با پدر نیکلا بیشتر آشنا شویم؛ از اینرو با قاطعیت میتوانم بگویم که پدر نیکلا، هیولایی به معنای دقیق کلمه است! «نیکلا» قرار است همراه همکلاسیهایش دو هفته را در اردوی زمستانی بگذرانند؛ اما خانوادهی کنترلگرش اجازه نمیدهد که او همراه دوستانش و با اتوبوس راهی اردو زمستانی خود شود، بلکه پدر تصمیم میگیرد شخصا «نیکلا» را به محل اردوی زمستانی برساند. همین جدا نگاه داشتن نیکلا از دوستانش که در بخشهای مختلف قصه هم به آن اشاره میشود، باعث میشود که «نیکلا» مانند همسن و سالانش نباشد.
به باور من؛ نویسنده شخصیتها را به خوبی پرداخته است. طوری که خواننده به خوبی میتواند «نیکلا» را بفهمد، شخصیت پدرش را درک کند و متوجه شود که «هودکان» چه پسر اعصابخردکنی است.
قصه کوتاه است، اما عمیقا اثرگذار... صحبت کردن در مورد آن سخت است، اما حتما خواندنش را به همهی علاقمندان به ادبیات توصیه میکنم. من بیش از آنکه حس کنم کتاب را خواندهام، تصور میکنم که کتاب را زیستهام/حس کردهام.
من کتاب را با ترجمهی روان، شیوا و بینقص ابوالفصل اللهدادی خواندهام. تجربهی دنبال کردن کارهای ایشان در سالهای اخیر مرا به این باور رسانده که حکما ایشان یکی از کاردرستترین مترجمان معاصر ایرانی است و قطعا شاهد درخشش بیش از پیششان خواهیم بود.
" Nicolas non aveva mai sentito niente di più bello, partecipava alla canzone con l'intero corpo, e avrebbe voluto che tutta la sua vita fosse così, viaggiare sempre sul sedile davanti ascoltando quel genere di musica, e in futuro assomigliare a Patrick: guidare bene come lui, con la stessa disinvoltura, la stessa sovrana libertà nei movimenti."
Nicolas, il protagonista di questo noir, è un bambino di quasi 9 anni che fatica ad integrarsi. Suo padre, despota e iperprotettivo, lo limita nelle sue scelte di voler fare delle esperienze collettive che lo facciano sentire al pari dei suoi coetanei. Sua madre, d'altro canto, sembra asservita completamente alla volontà del marito e appare fragile, spaventata, incapace di trasmettere sicurezze.
Nicolas vive spesso nell'imbarazzo e vorrebbe che le sue giornate fossero diverse. Per questo si affida alla sua immaginazione creando storie e situazioni fittizie, che possano fornirgli un' ancora di salvezza dalla tensione creata dalle storie che legge in un libro di racconti dell'orrore, o peggio, dalla paura degli aneddoti brutti della vita reale, che il padre gli propina con il tatto di un sadico, al fine di piegare la volontà di Nicolas ai suoi dettami.
Nelle "sue" storie immaginarie, per quanto truci e sanguinose, Nicolas si inventa come un protagonista coraggioso e affidabile, un punto fermo nella vita degli altri, rispettato e accolto: un vincente.
Ma Nicolas non è un bambino come gli altri: arriva alla gita con l'auto del padre e non, come i suoi compagni di classe e la maestra, con il pullman. Nicolas convive con l'ansia, si sente sempre inadeguato, è perennemente in tensione, come se avvertisse che qualcosa di brutto incombe su di lui.
E questa ansia, grazie alla scrittura di Carrère, la avverte anche il lettore, che procede nella lettura, in un crescendo di situazioni e angoscia, con il presentimento che qualcosa stia per accadere e che tutto possa precipitare inesorabilmente in un orrore destabilizzante.
Uno chalet in montagna, rifugio per una vacanza scolastica sulla neve. Nicholas, però, non è un bambino come gli altri o, per lo meno, i suoi genitori non glielo permettono. Già a scuola non ha mai pranzato alla mensa ed è sempre in disparte soffocato da un’ansia genitoriale paranoica. Mentre tutto il resto della classe è già arrivato il giorno prima, viaggiando in pullman, Nicholas, accompagnato dal padre, arriva dopo e ancora una volta sente il disagio di sentirsi un estraneo. Unico rifugio è la sua immaginazione. Una fantasia che però è torbida ed occupata da immagini cupe e truci...
Una storia non tanto misteriosa quanto oscura che ci parla di come tra le pagine di cronaca si nascondano altri dolori. Ogni atto efferato non ha mai una sola vittima...
Having recently finished Carrère's bizarre, unsettling novel 'The Moustache', it made such an impression to delve further into his work.
Carrère's writing has an air of simplicity, a clarity that makes it accessible - yet it is doused with an overbearing morbidity and stark horror. Tense and terse, pacey, and at times pitch-black dark.
Class Trip is the story of a group of young secondary pupils on an skiing trip. Told in third person narration from the viewpoint of little Nicolas, a young boy full of anxiety and dread and prone to vivid and nightmarish thoughts, with a dark, extravagant imagination.
His ghastly premonitions of kidnappings and theft of organs, along with exaggerated musings of bleak adventure overflow when a local child disappears.
Carrère is a master of grim narrative, another dismal masterpiece from the French author, screenwriter and director.
"Ero solo, in una casetta in Bretagna, davanti al computer e a mano a mano che procedevo nella storia ero sempre più terrorizzato".
Sono le parole di Emmanuel Carrère quando decide di mettere nero su bianco la storia di questo romanzo. Il terrore e l'ansia che vive lo scrittore sono gli stessi stati d'animo che prova anche il lettore durante la lettura. "La settimana bianca" del titolo dovrebbe essere un momento di svago e divertimento, ma purtroppo per Nicolas non è così. Nicolas è un po' un outsider, timido, introverso, con delle difficoltà a interagire con gli altri e che ama rifugiarsi nei libri di "Storie spaventose" ricchi di incubi, terrore che rischiano di tramutarsi anche nella realtà. Sin da subito, dalle prime righe, si avverte che su questo bambino comincia a palesarsi una terribile minaccia. Lo scrittore è molto abile a raccontare il noir, il male che si insinua nel bambino e intorno a lui. Il lettore entra nella testa di questo bambino, con i suoi turbamenti, le sue paure e malesseri. Un thriller psicologico dal quale è impossibile staccarsi e che è in grado di catturare chiunque nella propria morsa.
ترسهایی هستند که وجود ندارند اما همیشه توی ذهنمان با آنها کلنجار میرویم. گاهی بدترین احتمالها را ممکن میدانیم و آنوقت تخیّل تا میتواند جولان میدهد. خاصه اگر هنوز پا به دنیای بزرگسالان نگذاشته باشیم. راوی کتاب پسربچهی خیالبافی است با ذهنی که انبار داستانهایی با تصویرهای زد و خورد و کشتار و خونریزی است. او مدام در ترسها و تشویشهایش داستانهایی میسازد که هرچند با واقعیت اطراف همخوانی ندارند اما تاروپودی میشوند برای بافتن پایانهای که همهی تنشهای پسربچه را توجیه میکند.
Ecco la storia di Nicolas, bambino oppresso da una famiglia troppo protettiva e imbevuto del disagio degli adulti che lo circondano. La settimana bianca è il romanzo breve delle giornate più importanti e spaventose della sua vita. Con una mano tanto lieve quanto implacabile Carrère descrive l’aumentare del panico nella quotidianità fanciullesca e la crescita della consapevolezza che qualcosa di terribile non solo sta per accadere, ma è addirittura già successo, è sempre stato lì.
La discesa in questi inferi infantili è affabulata dall’autore con una sensibilità perfettamente calibrata su Nicolas, che vede le proprie paure irrazionali prendere forma e diventare realtà concrete, mentre nella sua testa si affastellano ricordi di fiabe terrorizzanti e leggende metropolitane a turbare le sue prime pulsioni (omo)sessuali.
Uno dei grandi pregi di Emmanuel Carrère è quello di riuscire a lavorare su temi delicatissimi senza mai sbagliare la misura. Curiosità: nel successivo L’avversario (già recensito qui su Tendenziosamente) affermerà di aver partorito questo romanzo in conseguenza all’interesse maturato verso il caso del pluriomicida Jean Claude Romand.
اردوی زمستانی در مورد نیکلا، پسری حدودا 10 ساله است که از طرف مدرسه به اردوی زمستانی قراره بره، از اول داستان حس تلخی مثل بختک روی داستان سواره، در طول قصه با ترس های نیکلا، دوری از دیگران و رویا پردازیای تلخش که نشونی ازعطش شدید برای محبت داره همراه میشیم. کسانی که در طول دوره کودکی از بولی شدن توسط همسالانشون آسیب دیدن و خانواده به شدت کنترل گری داشتن قطعا با نیکلا همذات پنداری بیشتری میکنن. یکی از نقاط قوت کتاب نحوه بیانشه، ما هیچوقت واضح تر از نیکلا نمیتونیم اوضاع و شرایط رو ببینیم، با اون جلو میریم، هم قد ترس ها و اضطراب هاش هستیم، و تنها از لابلای خاطرات و زاویه دید نیکلاست که میتونیم به اتفاقات نگاه میکنیم. داستان به خودی خود�� خوندنیه ولی این که بدونیم "اردوی زمستانی" به نحوی پیش درآمدی بر کتاب "خصم" بوده اون رو جالب تر میکنه. "خصم" روایت تکان دهنده و واقعی مردیست که 20 سال به همه در مورد همه چی دروغ گفته و در نهایت همسر، فرزندان 5 و 7 ساله و پدر و مادرش رو که تنها فرزندشون محسوب مشده رو در یک روز به قتل میرسونه. در مورد ترجمه: اول کتاب خصم و شروع کردم 30% اشو خونده بودم به جایی رسیدم که با توجه به اشاره نویسنده در کتاب متوجه شدم بهتره اول اردوی زمستانی و بخونم، در دسترس ترین ترجمه و از فیدیبو خریداری کردم (نشر مروارید - ترجمه منیره اکبرپوران) بعد از اتمامش قسمت هایی برام نامفهوم بود که حدس میزنم به دلیل فرار از چنگال سانسور عمدا گنگ ترجمه شده و در نتیجه در موارد این چنینی احتمال برداشت اشتباه و کج فهمی هست اماتعدادشون محدوده و به اصل داستان لطمه ای نمیخوره. این مساله و موقعی که بار دوم کتاب رو با ترجمه فوق العاده خوب آقای ابوالفضل الله دادی خوندم متوجه شدم و ایشون به خوبی این قسمتاو به فارسی برگردوندن و در کل کتاب خیلی روانتر و خوش خوان تره با ترجمه ایشون.
در مورد فیلم: فیلم class trip (1998) خوش ساخته و با وجود اینکه خیلی از بخش ها در درون نیکلا میگذره، به خوبی از عهده بیان حرف های نویسنده در اومده. البته تفاوت هایی جزیی داره مثل کمرنگ تر شدن نقش یسری افراد ولی در کل خوبه .
"مادرش می خواست او را در آغوش بگیرد تا دلداری اش بدهد. پیوسته تکرار می کرد نیکلا، نیکلا. پسرک می دانست که او چیزی را پنهان می کند و از همین رو به مادرش اعتماد نداشت. سرانجام مادرش هم به گریه افتاد، اما از آن جا که حقیقت را به نیکلا نمی گفت، آن ها حتی نمی توانستند با هم اشک بریزند."
ریویی که دور اول که کتابو خوندم نوشتم: کتاب واقعا خوندنی بود، مخصوصا با علم به این موضوع که امانوئل کارر از شخصیت رومان در خصم تاثیر پذیرفته برای نوشتن این کار. حرف هایی زیادی دربارهی عمق داستان، تلخی و جزییات نگارشش می شه گفت اما ایناو احتمالا بزارم بعد از تموم شدن کتاب خصم و دوباره خوندن همین کتاب با ترجمه اقای ابوالفضل الله وردی چون این ترجمه به نظرم حق مطلبو در نهایت ادا نکرده بود . هرچیم گشتم نسخهی الکترونیکی به انگلیسیو پیدا نکردم. هرچی میگذره بیشتر فکرمو مشغول میکنه، هی تو ذهنم میام اول کتاب و جزییاتو مرور میکنم بیشتر پی میبرم به ظریف کار��ای نویسنده و به موازاتش درد میکشم از تلخیِ کدگذاری شده لای صفحات کتاب. حتما بزودی با ترجمه بهتر میخونمش
Un romanzo molto breve, questo di Carrère, ma molto incisivo. Mentre ne "L’avversario" lo scrittore ha tentato di descrivere i pensieri di un assassino, qui si concentra sui pensieri di una vittima.
Carrère è bravissimo a generare un'atmosfera di ansia scegliendo di "non" descrivere esplicitamente. Una attesa angosciosa di una tragedia che è solo nell'aria. Il protagonista è un bambino, fragile, solo, taciturno, con le sue insicurezze e le sue fantasie che vive con estremo disagio la settimana bianca tra le risa spensierate dei suoi compagni di scuola. È un bambino che ha timore di tutto, dei suoi sogni, dei suoi coetanei, degli adulti.
Un libro di presentimenti, di sensi di colpa, dove pagina dopo pagina iniziamo a immaginare ciò che di terribile deve succedere.
Quello che si verrà a scoprire, senza nemmeno che sia esplicitato e senza che nessuna violenza sia descritta, ci colpisce soprattutto per le conseguenze sulla psicologia del bambino, che probabilmente rimarrà turbato e segnato a vita da fatti di cui non ha né colpa né responsabilità.
Qual è il senso di questo noir? La narrazione indaga sull'insensatezza del crimine, sulle sue cause e sul senso di vuoto che lo anticipa e lo determina. Vuole scuotere le coscienze, vuole metterci dei dubbi, vuole farci ragionare su fatti terribili e costringerci a pensare alle conseguenze di certi atti sulle persone più indifese.
Efficace, con tempi giusti, misurato, non eccessivo, non volgare, non truce, senza commissari e senza carneficine. Una delle prime prove di Carrère, direi molto ben riuscita!
All’inizio ho arrancato un po’ perché di base mi stavo annoiando. Poi, superata la metà, ho ingranato e ora della fine mi è piaciuto, ma non così tanto. Penso possa essere uno di quei libri di cui mi dimenticherò facilmente. Non è facile legare col bambino protagonista; mi sento un po’ come la maestra che all’inizio gli va dietro, si preoccupa, lo cura e poi a una certa non ne può più. Un bambino che sembra il tipico sfigato perché i genitori non lo fanno mangiare con gli altri, e non gli lasciano prendere l’autobus con gli altri e allora tu te la prendi con loro perché vuoi non vedere che così lo escludete? Ma fosse quello il problema! Il problema di questa creatura è che inconsciamente sa. Ed esorcizza con fantasie macabre, con terrori notturni, con paure innominabili, con letture horror. Poi quel sapere inconscio diventa piena consapevolezza. L’orrore diventa reale. E se già finora ha avuto un’infanzia piuttosto triste, come potrà mai essere la sua vita per il resto dei suoi giorni? Lo possiamo solo immaginare, Carrère lascia spazio alla nostra immaginazione, e di sicuro, quello che immaginiamo per Nicolas, non sarà un futuro roseo, proprio no.
Veamos, voy a quedar como una reseñista bipolar aquí, ya veréis jaja. Ya había leído otro libro de este autor, "El bigote", sin ir más lejos. Y aunque reconozco que es una absoluta pasada de historia, me dejó tan mal cuerpo que no me dieron ganas de repetir con el autor. Pero hete aquí (¿se dice "hete?) que va y me toca en el reto. Pensé que al menos tenía suerte ya que que, en mi opinión, escribe muy muy bien y podría ser una oportunidad de ver si el resto de su obra era igual a" El bigote "... Y ya puedo decir que sí, sí me gusta mucho como escribe, sí me engancha. Peeeeero, pero es tan bueno intentando perturbar al lector, que conmigo lo consigue de pleno y leo debatiendome entre el morbo, la fascinación, la molestia, el desagrado...en fin, que me gusta, pero me molesta. ¿Recomendaría este libro? Pues sí, a pesar de todo lo que haya podido parecer en mis anteriores líneas. Un autor que consigue despertar tantas cosas con una historia tan sencilla como esta (no confundir sencilla con ligera) se merece recibir el apelativo de "genio". ¿Volveré a leer a este hombre? ¿Quién sabe?