Arte longobarda

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Voce principale: Longobardi.

L'arte longobarda comprende le manifestazioni artistiche realizzate in Italia durante il regno dei Longobardi, giunti in Italia nel 568 e sconfitti nel 774, con residuale permanenza nell'Italia meridionale fino al X-XI secolo.

I Longobardi giunsero in Italia passando dal Friuli sotto la guida di re Alboino. Velocemente conquistarono ampi territori, anche per la poca resistenza operata dalle città da poco ritornate sotto dominio bizantino (Milano nel 569, Pavia, futura capitale longobarda, nel 572). I territori conquistati, divisi dalla sottile striscia di territori pontifici dal Lazio alla Romagna e con l'esclusione degli avamposti bizantini, si distinguevano in una parte a nord più compatta (la Langobardia Major) ed una a sud divisa in ducati frammentari e indipendenti (la Langobardia Minor).

Al loro ingresso in Italia, i Longobardi portarono con sé la propria tradizione artistica di matrice germanica, anche se già influenzata da elementi bizantini durante il lungo soggiorno del popolo in Pannonia (VI secolo). Tale matrice rimase a lungo visibile soprattutto negli elementi ornamentali dell'arte (simbolismo, decori fitomorfi o zoomorfi). In seguito al radicarsi dello stanziamento in Italia, ebbe inizio un vasto processo di fusione tra l'elemento germanico e quello latino-bizantino, dando vita a una società sempre più indistinta (quella che, da lì a breve, sarebbe emersa come sic et simpliciter "italiana"). In un simile contesto, per "arte longobarda" si intende genericamente l'intera produzione artistica prodotta in Italia durante il dominio longobardo, soprattutto durante il VII-VIII secolo: indipendentemente, quindi, dall'origine etnica (tra l'altro, spesso impossibile da definire) dei vari artefici.

Croce nastriforme, VII secolo, 10 cm, Verona, Museo di Castel Vecchio

Oreficeria

Lo stesso argomento in dettaglio: Oreficeria longobarda.
Evangeliario di Teodolinda, 603, Monza, San Giovanni Battista, Tesoro

Già prima della discesa in Italia la principale espressione artistica dei Longobardi è quella legata all'oreficeria, che fonde le tradizioni germaniche con influenze tardo-romane della provincia della Pannonia. Risalgono a questo iniziale periodo le crocette in lamina d'oro sbalzate, presero il posto delle monete bratteate di ascendenza germanica, già ampiamente diffuse come amuleti. Le crocette, secondo una tipologia di origine bizantina, erano usate come applicazioni sull'abbigliamento. Negli esemplari più antichi presentavano figure di animali stilizzati ma riconoscibili, mentre in seguito furono decorate da intricati elementi vegetali all'interno dei quali comparivano talvolta figurine zoomorfe.

Rientrano nella produzione di alto livello le croci gemmate, come la Croce di Agilulfo, al Museo Serpero di Monza (inizio del VII secolo), con pietre dure e di varie dimensioni incastonate a freddo in maniera simmetrica lungo i bracci. Un altro esempio simile è la copertura dell'Evangeliario di Teodolinda (Monza, Tesoro della Basilica di San Giovanni Battista), dove sulle placche d'oro sono sbalzate due croci con un motivo decorativo simile (603). Era in uso anche una tecnica di incastonatura a caldo, dove si usavano pietre e paste vitree fuse e versate in una fitta rete di alveoli.

Altri capolavori, anche se di datazione più discussa, sono la Chioccia con i pulcini o la Corona Ferrea.

Armi

La produzione e la decorazione di armi prese in prestito alcuni stilemi dell'oreficeria e sviluppò anche caratteri propri. Grazie a corredi funebri ritrovati, si è venuti a conoscenza di grandi scudi da parata in legno ricoperto di cuoio, sui quali potevano venir applicate sagome in bronzo: per esempio nello scudo di Stabio (Historisches Museum di Berna) erano inchiodate figurine di animali e figure equestri senza precedenti, di immediato e raffinato dinamismo.

Talvolta si cercava di recuperare modelli classici, come nella lastra frontale di elmo della Val di Nievole, detta Lamina di re Agilulfo ed oggi al Museo del Bargello (inizio del VII secolo), dove alcune figurine compongono una parata regale, che rappresenta simbolicamente il potere sovrano, con due vittorie alate quasi caricaturali, ma che testimoniano lo sforzo di riusare modelli antichi secondo il sintetico sentire longobardo.

Architettura

Cripta di Sant'Eusebio, Pavia

Il centro più importante della cultura longobarda fu Pavia, capitale del loro regno dal 625 al 774, dove però la maggior parte degli edifici eretti tra il VII e l'VIII secolo è andata distrutta o ha subito modifiche radicali. Restano però alcuni frammenti architettonici nel Museo Civico, che, con ricostruzioni grafiche e i resti ancora visibili, hanno permesso di valutare l'architettura longobarda come decisamente anticlassica.

La distrutta chiesa di Santa Maria in Pertica (fondata nel 677) aveva una pianta circolare con un deambulatorio che formava un anello delimitato da sei colonne. Il corpo centrale, a differenza di altre basiliche a pianta rotonda di Costantinopoli o di Ravenna, era estremamante slanciato ed fu il riferimento più immediato per architetture successiva come la Cappella Palatina di Aquisgrana o la chiesa di Santa Sofia a Benevento. Un esempio longobardo della stessa tipologia pervenutoci è il Battistero di Lomello.

A Pavia invece è interessante la chiesa di Sant'Eusebio, già costruita come cattedrale ariana da Rotari (636-652) e fulcro della conversione al cattolicesimo dei Longobardi promossa da Teodolinda. Del VII secolo resta oggi la cripta, che, sebbene rimaneggiata nell'epoca romanica, mostra ancora dei rarissima capitelli, senz'altro dall'aspetto grezzo, ma fondamentali per capire l'allontanamento dall'arte classica, con forme originali desunte dall'oreficeria. Forse addirittura in antico erano ricoperti da paste vitree o grosse pietre colorate, che avrebbero dato un aspetto più maestoso ed aggraziato. Uno è diviso in campi chiusi triangolari, che ricorda le coeve fibule alveolate, mentre un secondo presenta ovali longitudinali, assimilati a grandi foglie d'acqua, che sembrano derivare dalle fibule "a cicala", usate in tutta l'oreficeria barbarica da modelli orientali.

File:Tempietto di cividale del friuli.jpg
Tempietto di Cividale del Friuli

Il monumento longobardo più famoso e meglio conservato si trova comunque a Cividale del Friuli, ed è il cosiddetto Tempietto longobardo, edificato verso la metà dell'VIII secolo dove un tempo sorgeva la gastaldia, ovvero il palazzo del gastaldo, signore della città, e quindi probabile cappella palatina. Quando la gastalderia venne trasformata in monastero il tempietto assunse la denominazione di oratorio di Santa Maria in Valle. È composto da un'aula a base quadrata, con presbiterio sotto un loggiato a tre campate con volte a botte parallele. Il lato ovest era l'antica parete d'ingresso e su questo lato restano cospicui resti di una straordinaria decorazione a stucchi e ad affresco. La lunetta della porta è incorniciata da intrecci di vitigni con grappoli, mentre al centro è è raffigurato Cristo tra gli Arcangeli Michele e Gabriele, mentre nello stesso registro si trova una fascia affrescata con Martiri. La parte più interessante è comunque il "fregio" al livello superiore, liberamente sovrapposto ai reali elementi architettonici dell'edificio, come le finestre. Qui si trovano otto figure a rilievo di sante, in stucco, eccezionalmente ben conservate: le loro monumentali figure sono da collegare ai modelli classici, riletti secondo la cultura longobarda. I panneggi delle vesti riccamente decorate hanno un andamento accentuatamente rettilineo, e ricordano i modelli bizantini. L'abisde era anticamente decorata a mosaico, ma oggi non ne resta traccia.

Il tempietto è particolarmente imporatnte perché segna la convivenza di motivi prettamente longobardi (nei fregi per esempio) e una ripresa dei modelli classici, creando una sorta di continuità aulico ininterrotto tra l'arte classica, l'arte longobarda e l'arte carolingia (nei cui cantieri lavorarono spesso maestranze longobarde, come a Brescia) e ottoniana.

Altre tracce di architettura longobarda si trovano a Pavia (il Palazzo reale, la Basilica di San Pietro in Ciel d'Oro), a Monza (la Residenza estiva, il Duomo) o in altre località (per esempio, la Basilica Autariana di Fara Gera d'Adda, presso Bergamo, o la chiesa di San Salvatore a Brescia) sono state ampiamente rimaneggiate nei secoli seguenti.

Notevole, in ambito religioso, fu l'impulso dato da diversi sovrani longobardi (Teodolinda, Liutprando, Desiderio) alla fondazione di monasteri, strumenti al tempo stesso di controllo politico del territorio e di evangelizzazione in senso cattolico di tutta la popolazione del regno. Tra i monasteri fondati in età longobarda, spicca l'Abbazia di Bobbio, fondata da san Colombano.

Scultura

Pluteo "di Teodote", VIII secolo (Pavia, Musei Civici)
Pluteo "di Teodote", VIII secolo (Pavia, Musei Civici)

I migliori esempi di scultura longobarda si trovano a Cividale del Friuli ed a Pavia. Nel Museo Civico Malaspina di Pavia sono conservati due plutei dell'inizio dell'VIII secolo, provenienti dall'oratorio di San Michele alla Pusterla. Entro elaborate cornici con tralci ed elementi vegetali sono raffigurati dei pavoni che si abbeverano a una fonte sormontata dalla croce e dei draghi marini davanti all'albero della vita. Presentano un rilievo bidimensionale staccato incisivamente dal fondo, con un effetto calligrafico incisivo, che opera una stilizzazione altamente simbolica.

Sempre a Pavia è custodita la Lastra tombale del duca Adaloaldo, risalente al 718 e recante una lunga iscrizione arricchita da bassorilievi a soggetto vegetale.

Durante la cosiddetta Rinascenza liutprandea (inizio dell'VIII secolo, in particolare nel decennio 730-740 circa) furono scolpiti due opere di gran pregio ancora esistenti a Cividale:

  • L'Altare del duca Ratchis, nel Museo Cristiano di Cividale, composto da un unico blocco di pietra d'Istria scolpito sulle quattro facce laterali con figure fortemente bidimensionali e con un netto distacco della parte scolpita, rispetto allo sfondo, come un disegno a rilievo. Questo effetto, assieme alla marcata stilizzazione delle figure e il senso calligrafico, fa assomigliare l'altare più ad un monumentale cofanetto eburneo.
  • Il Battistero di Callisto, sempre nel Museo Cristiano di Cividale, con due lastre scolpite molto simili all'altare del duca Ratchis (forse addirittura dello stesso autore) e figure simboliche legate al sacramento del battesimo (pavoni e grifoni alla fonte, leoni ed agnelli, simboli cristologici e degli Evangelisti, ecc.). Presenta una forma ottagonale ed è sormontato da arcate a tutto sesto sostenute da colonne corinzie. Anche sulle arcate si trovano iscrizioni e motivi decorativi vegetali, zoomorfi e geometrici.

Notevole è anche la raffinatezza esecutiva della Lastra tombale di San Cumiano, presso l'Abbazia di Bobbio: risalente agli anni del regno di Liutprando, reca un'iscrizione centrale, racchiusa da una doppia cornice a motivi geometrici (serie di croci) e fitomorfi (tralci di vite).

Pittura

Olevano sul Tusciano, Grotta di San Michele, Battesimo di Cristo, affresco, IX secolo

Alcune straordinarie testimonianze si trovano in alcuni monasteri della Langobardia Minor, in particolare in Campania, Molise e Puglia, risalenti soprattutto tra la fine dell'VIII e il IX secolo, avendo avuto i ducati longobardi di questa zona una sopravvivenza più lunga che nei territori a nord degli Appennini. Tra centri monastici più importanti vi furono il Santuario di Monte Sant'Arcangelo sul Gargano (fondato nel VI secolo), la potente abbazia di Montecassino (fondata nel 529 e molto attiva nel periodo dell'abate longobardo Gisulfo, 797-817), San Vincenzo al Volturno (fondato alla fine dell'VIII secolo).

Nella cripta di San Vincenzo si è conservato un importante ciclo di pitture del tempo dell abate Epifanio (797-817), con uno stile legato alla coeva scuola di miniatura beneventana, con colori luminosi e ricchi di lumeggiature, dal disegno piuttosto sciolto.

Altri esempi di pittura nell'area beneventana si trovano nella chiesa di San Biagio a Castellammare di Stabia, la chiesa dei Santi Rufo e Carponio a Capua e nella Grotta di San Michele a Olevano sul Tusciano, ma i resti più importanti si trovano nella chiesa di Santa Sofia a Benevento, fondata nel 760 da Arechi II. Caratterizzata da una pianta centrale, con un'originale struttura con nicchie stellari, possiede tre absidi e notevoli resti di affreschi sulle pareti.

Tra i rari esempi di arte di epoca longobarda sopravvissuti ai secoli, alcuni collocano anche gli affreschi della Chiesa di Santa Maria foris portas di Castelseprio (provincia di Varese), anche se la loro datazione è molto dibattuta ed oggi sembra propendere per una artista bizantino, forse costantinopolitano operante tra l'VIII e il IX secolo in Italia, dopo la disapora di pittori seguita all'iconoclastia. Anche dal punto di vista dei contenuti simbolici il ciclo esprimerebbe una visione della religione perfettamente congruente con l'ultima fase del regno longobardo: eliminata, almeno nominalmente, la concezione di Cristo ariana, vi viene ribadita nelle scene dipinte la consustanzialità delle due nature, umana e divina, del Figlio di Dio.

Miniatura

La miniatura in età longobarda conobbe, soprattutto all'interno dei monasteri, un particolare sviluppo, tanto che è definita Scuola longobarda (o "franco-longobarda") una peculiare tradizione decorativistica. Questa espressione artistica raggiunse la più alta espressione nei codici redatti monasteri dalla seconda metà dell'VIII secolo.

Bibliografia

  • Pierluigi De Vecchi ed Elda Cerchiari, I tempi dell'arte, volume 1, Bompiani, Milano 1999.
  • Paolo Diacono, Storia dei longobardi, Milano, Electa 1985
  • Hubert et alli, L'Europa delle invasioni barbariche, Milano, Rizzoli editore, 1968.
  • Aa.vv., Magistra barbaritas, i barbari in Italia, Milano, Libri Scheiwiller 1984.

Voci correlate