Lo ferm voler qu'el cor m'intra
Lo ferm voler qu'el cor m'intra è una canso in lingua occitana antica composta dal trovatore Arnaut Daniel nel XII secolo.
È tra le opere medievali più studiate per i numerosi risvolti lirici e filologici che essa presenta.
Dal punto di vista metrico, si tratta del primo esemplare di sestina, di cui Arnaut è considerato l'iniziatore e che il decisivo contributo di Petrarca estenderà a tutta la successiva produzione poetica europea.
Analisi
modificaStruttura
modificaLei sei stanze sono ordinate secondo lo schema della sestina lirica in retrogradatio cruciata, ovvero con permutazione centripeta del rimante secondo la progressione metrica ABCDEF, FAEBDC, CFDABE, ECBFAD, DEACFB, BDFECA. La sestina è composta da un primo verso ottosillabi e da cinque decasillabi. Nella tornada, i 3 versi radunano le coppie di rimanti in schema -BE, -DC, -FA.
I sei rimanti
modificaLo ferm voler q’el cor m’intra | |
no.m pot ges becs escoissendre, ni ongla | |
de lausengier, qui pert per mal dir s’'arma; | |
e car no l’aus batr’am ram ni ab verga, | |
5 | sivals a frau, lai on non aurai oncle, |
jauzirai joi en vergier o dinz cambra. |
Le rime che ricorrono nell'intreccio della sestina sono intra (A), ongla (B), arma (C), verga (D), oncle (E), cambra (F).
Il «son cledisat»
modificaNell'ambito di una complessa revisione ecdotica dell'opera, nel 1982[1] il filologo Mario Eusebi ha introdotto il concetto di «cledisat» attraverso una rilettura speculativa dei vv. 38-39 della tornada.[2]
«a grat de lieis, qui de sa verj'a l'arma,
son Desirat qui pretz en cambra intra.»
«a Grant Desiei, qui de sa verg'a l'arma,
son cledisat qu'apres dins cambra intra.»
Eusebi propone un arretramento del senhal, che la vulgata[3][4] attribuisce al «Desirat» («Desiderato») dell'ultimo emistichio e che Eusebi colloca invece nel verso precedente come «Grant Desiei» («Gran Desiderato»). Cledisat è fatto derivare dal verbo cledisar, un termine tecnico edilizio riferito all'intelaiatura lignea "a incrocio" che fungeva da struttura nella costruzione di muri in mattoni[5]. Il frammento «son cledisat» risulterebbe così traducibile in "canto contesto a graticcio" o "testo poetico intrecciato"[6], mutando anche il valore pronominale di «son» (suo) in senso sostantivale (suono, canzone) e gli equilibri sintattici[1]. Questa rilettura è diffusamente ritenuta di difficile accettazione[7][8] e presentata come «congettura» dallo stesso Eusebi[1]; tuttavia, buona parte delle antologie[7][6] e degli studi di settore[9] ne fa correntemente uso, talvolta a scopo illustrativo del casus filologico.
Melodia
modificaIl componimento occorre in tutti i maggiori canzonieri trobadorici, ma l'unico testimone della linea melodica a noi pervenuto è il manoscritto G (Ambrosiano 71 sup.)[10]. Stando alla trascrizione[11], il brano è in modo misolidio, riconoscibile nell'incipit mediante l'esposizione dell'intervallo di settima minore. Notevole anche l'insistenza di frammenti sviluppati per terze ascendenti[5].
Fortuna
modificaDante: Al poco giorno e al gran cerchio d’ombra
modificaTra il 1296 e il 1297, Dante Alighieri prende le distanze dal Dolce stil novo e scrive le cosiddette Rime petrose. Sperimenterà - per sua stessa ammissione[12] - la cifra arnaldiana del trobar clus cimentandosi nell'uso della sestina con Al poco giorno e al gran cerchio d'ombra[13].
Al poco giorno e al gran cerchio d’ombra | |
son giunto, lasso, ed al bianchir de’ colli, | |
quando si perde lo color ne l’erba: | |
e ’l mio disio però non cangia il verde, | |
5 | sì è barbato ne la dura petra |
che parla e sente come fosse donna. |
Dante non conserva l'allusività sensuale di Arnaut, ma mantiene il riferimento stilistico della ricchezza semantica e delle assonanze, sviluppando il potenziale della sestina nel quadro tematico di una prigionia, di un labirinto filosofico entro il quale ha luogo l'incontro amoroso[14].
Note
modifica- ^ a b c Eusebi, Mario, «Lettura sinottica (con una congettura) della tradizione della sestina di Arnaut Daniel», in Cultura neolatina, n. 42, 1982, pp. 181-199.
- ^ Arnaut Daniel, Il sirventese e le canzoni, a cura di Mario Eusebi, Milano, Vanni Scheiwiller, 1984.
- ^ Ugo Angelo Canello, La vita e le opere del trovatore Arnaldo Daniello, edizione critica corredata delle varianti di tutti i manoscritti, di un’introduzione storico-letteraria e di versione, note, rimario e glossario, Halle 1883, p.118 (XVIII)
- ^ Arnaut Daniel, Canzoni, edizione critica, studio introduttivo, commento e traduzione a cura di Gianluigi Toja, Firenze 1960, p. 373 (XVIII)
- ^ a b (EN) Antoni Rossell, La tradizione musicale della sestina di Arnaut Daniel. Lo ferm voler qu’el cor m’intra (BDT 29,14): un artefatto lirico perfetto, in Cognitive Philology, vol. 5, n. 0, 2012. URL consultato il 28 aprile 2019.
- ^ a b Di Girolamo, Costanzo., I trovatori, 1. ed, Bollati Boringhieri, 1989, ISBN 8833905098, OCLC 21338706. URL consultato il 28 aprile 2019.
- ^ a b Gresti, Paolo, 1962-, Antologia delle letterature romanze del Medioevo, 2ª ed, Patròn, 2011, ISBN 9788855531337, OCLC 878789041. URL consultato il 28 aprile 2019.
- ^ Arnaut Daniel (29.14), su rialto.unina.it. URL consultato il 28 aprile 2019.
- ^ Milonia, Stefano,, Rima e melodia nell'arte allusiva dei trovatori, ISBN 9788868125615, OCLC 951912021. URL consultato il 28 aprile 2019.
- ^ 29014 | Troubadour Melodies Database, su troubadourmelodies.org. URL consultato il 28 aprile 2019.
- ^ Gennrich, Friedrich. Der musikalische Nachlass der Troubadours - 3 voll., Darmdstadt, 1958-1965
- ^ Dante Alighieri, 1265-1321., L'eloquenza in volgare, Biblioteca universale Rizzoli, 1998, ISBN 8817172286, OCLC 39789047. URL consultato il 28 aprile 2019.
- ^ Alighieri, Dante., Perugi, Maurizio. e Mondadori, Cles, tipografo trentino., Rime, Einaudi, 2007, ISBN 9788806190958, OCLC 799920643. URL consultato il 28 aprile 2019.
- ^ Al poco giorno e al gran cerchio d¿ombra | Treccani, il portale del sapere, su treccani.it. URL consultato il 28 aprile 2019.