Concilio di Costantinopoli II
Il secondo Concilio di Costantinopoli fu convocato dall'imperatore bizantino Giustiniano I (527-565) nel 553 con l'obiettivo di raggiungere una posizione comune alle Chiese d'Oriente e d'Occidente sulla condanna del monofisismo. Tutt'oggi i suoi decreti sono validi sia per la chiesa cattolica che per la chiesa ortodossa, per i vetero-cattolici e per i luterani.
Secondo Concilio di Costantinopoli | |
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Concilio ecumenico delle Chiese cristiane | |
Data | 553 |
Accettato da | cattolici, ortodossi, luterani, vetero-cattolici (V) |
Concilio precedente | Concilio di Calcedonia |
Concilio successivo | Concilio di Costantinopoli III |
Convocato da | Imperatore Giustiniano I |
Presieduto da | Eutichio di Costantinopoli, papa Vigilio non presente |
Partecipanti | 160, di cui 8 dall'Africa |
Argomenti | monofisismo, nestorianesimo e apocatastasi |
Documenti e pronunciamenti | "Sententia Adversus Tria Capitula, Quattordici Anatematismi"" |
È storicamente ricordato, oltre che per i suoi decreti, per aver originato lo Scisma tricapitolino, che divise la Chiesa d'Occidente per circa un secolo e mezzo.
Cause del concilio
modificaLa cristologia monofisita (secondo cui Cristo avrebbe solamente la natura divina e non più quella umana poiché quest'ultima è stata assorbita da quella divina) era stata condannata dal concilio di Calcedonia (451). Nonostante ciò, un secolo dopo i monofisiti erano ancora numerosi e conservavano molti agganci politici alla corte di Costantinopoli. Tra le massime figure a loro favorevoli, vi era la coniuge di Giustiniano, l'imperatrice Teodora.
Giustiniano, nella sua autorità di legislatore ecclesiastico, promulgò nel 543-544 un editto con cui si prefisse di ricucire i rapporti coi monofisiti. Si trattava della «condanna dei Tre Capitoli», testi scritti oltre un secolo prima da tre vescovi, nonché maestri, della scuola teologica di Antiochia (Teodoro di Mopsuestia, Teodoreto di Cirro e Iba di Edessa). In questo modo l'imperatore rigettava le idee diofisite sospettate di nestorianesimo, senza confutare i decreti dei concili ecumenici del passato.
Ottenuto l'assenso dei vescovi d'Oriente, l'approvazione dell'editto incontrò un primo ostacolo nella persona del patriarca di Costantinopoli, che si rimise al volere della sede apostolica romana. Giustiniano, volendo chiudere la questione in breve tempo, convocò il pontefice direttamente a Costantinopoli. Nel 546 Papa Vigilio fu prelevato da Roma e condotto forzosamente nella capitale bizantina: qui fu trattenuto e fu fatto oggetto di pressioni, al fine di ottenere la sua controfirma al decreto.
Vigilio invece giudicò l'editto imperiale in contrasto con il Concilio di Calcedonia e si rifiutò di firmarlo. Il "domicilio coatto" a Costantinopoli si protrasse per diversi mesi. Ma alla fine le pressioni della corte ebbero il loro effetto e l'11 aprile 548 (giorno di Pasqua) il pontefice inviò al patriarca Mena uno scritto (Iudicatum) che condannava i tre capitoli. Subito i vescovi d'Occidente e dell'Africa respinsero il documento pontificio. Dall'Africa arrivò addirittura una scomunica al papa. La chiesa era vicina ad uno scisma. Vigilio ci ripensò: ritirò il suo Iudicatum e propose all'imperatore la convocazione di un concilio ecumenico.
Giustiniano, stanco dei cambiamenti di posizione del pontefice, emanò un nuovo editto di condanna dei Tre Capitoli (agosto 551). L'editto ottenne l'adesione dei soli vescovi orientali. L'imperatore ed il patriarca Eutichio, successore di Mena, convocarono quindi un Concilio ecumenico a Costantinopoli. Il papa, che voleva che il concilio si tenesse in Italia o in Sicilia, non vi prese parte.
Giustiniano aveva convocato un numero di vescovi da tutti i cinque patriarcati, in pari numero. A causa dell'assenza del pontefice, parteciparono molti più vescovi orientali che occidentali. Il Concilio si riunì il 5 maggio 553 nella basilica di Santa Sofia, la cattedrale di Costantinopoli. Il patriarca di Costantinopoli Eutichio presiedette il sinodo: 165 vescovi, dei quali 8 africani, sottoscrisseo i decreti del concilio, nel quale vennero condannati i Tre Capitoli e l'origenismo. Per conto dell'imperatore, infine, il patriarca Eutichio pretese l'approvazione dei canoni conciliari di condanna del nestorianesimo.
La discussione
modificaIl concilio di Costantinopoli II, condannando gli scritti di Teodoro di Mopsuestia (maestro di Nestorio), di Teodoreto di Cirro e la lettera che Iba scrisse al persiano Mari (vescovo nestoriano di Seleucia-Ctesifonte dopo il 433), conferma la teologia dei precedenti quattro concili, Nicea I, Costantinopoli I, Efeso e Calcedonia ed attesta la canonicità degli insegnamenti di San Cirillo d'Alessandria che aveva avuto una parte essenziale al concilio di Efeso. Secondo la teologia di Cirillo, Gesù Cristo è una sola ipostasi con due nature, quella del Logos, cioè divina, e la carne, cioè l'umana. Le due nature, la divina e l'umana, sono diverse e distinte, e mantengono le loro caratteristiche, ma sono unite nell'unica persona, quella del Logos incarnato.
Al Concilio fu condannata come eresia anche la dottrina detta apocatastasi.[1]
Come si è detto, Teodoro di Mopsuestia era stato maestro di Nestorio, condannato dal concilio di Efeso del 431. Teodoreto di Cirro aveva scritto contro questo sinodo e contro i dodici anatematismi di Cirillo (approvati ad Efeso) ed in difesa di Teodoro e di Nestorio. Anche la lettera di Iba, dove si afferma che dalla vergine Maria è nato un puro uomo, accusa Cirillo di apollinarianesimo (eresia condannata al concilio di Costantinopoli I) ed incolpa il concilio di Efeso di avere condannato Nestorio senza il dovuto esame. Infine, chiama empi e contrari alla retta fede i dodici capitoli pronunciati ad Efeso da Cirillo contro Nestorio e difende Teodoro e Nestorio ed i loro scritti.
Condannando tali scritti, il concilio riconosceva la retta fede di S. Cirillo, accusato da alcuni di tendenze monofisite. Il concilio confermava, infine, la condanna di Apollinare e di Eutiche che avevano affermato un'unione secondo confusione. La santa Chiesa predica un'unione secondo composizione, cioè secondo sussistenza. Questa infatti: a) conserva senza confusione le parti che si unirono nel mistero di Cristo; b) non introduce divisione. Gesù Cristo è consustanziale a Dio secondo la divinità e consustanziale a noi secondo l'umanità, ma non deve essere diviso per parti.[2]
Il secondo Concilio di Costantinopoli proclamava infine la "verginità perpetua di Maria".[3]
Avvenimenti successivi
modificaQuantunque il Constitutum di papa Vigilio (14 maggio 553), sottoscritto da 16 vescovi, rigettasse 60 proposizioni di Teodoro di Mopsuestia, ma non la sua memoria e si rifiutasse di condannare Iba di Edessa e Teodoreto dai quali era assente ogni sospetto d'eresia e reintegrati nelle loro sedi episcopali già dal Concilio di Calcedonia, il sinodo, nella VIII sessione del 27 giugno condannò nuovamente i tre capitoli (Teodoro, Teodoreto ed Iba) nel medesimo modo con cui li aveva condannati Giustiniano, emettendo una sentenza che si concluse con 14 anatematismi.
Papa Vigilio, considerata attentamente la questione per sei mesi, temendo le persecuzioni di Giustiniano verso i suoi presbiteri, approvò il concilio con una lettera inviata ad Eutichio l'8 dicembre, con la quale "avendo seguito il consiglio di Agostino" ritrattò il suo parere precedente e condannò gli errori dei tre maestri della scuola antiochena.
I decreti del concilio non furono recepiti dal patriarcato di Aquileia e dai vescovi delle diocesi adiacenti, provocando lo Scisma tricapitolino. Inizialmente anche la Chiesa di Milano si oppose alle conclusioni del Concilio in concordanza con la Chiesa di Aquileia, ma ritornò in tempi abbastanza brevi (573) in comunione con il papa.
Fonti
modificaGli atti di questo concilio rimangono solamente in versione latina; in greco, invece, solamente in pochi passi, tra cui i 14 anatematismi. La ricerca più recente ha dimostrato che gli anatematismi contro Origene non sono da attribuirsi a questo concilio.[4]
Partecipanti
modificaGli atti conciliari[5] riportano diverse liste di vescovi che presero parte al concilio. Si tratta per la maggior parte delle liste delle presenze alle varie sedute, redatte dai segretari all'inizio di ogni sessione; tuttavia, solo per le prime quattro sedute e per quella conclusiva del 2 giugno, i segretari hanno messo per iscritto l'elenco completo dei vescovi presenti, copiando sostanzialmente l'elenco della prima seduta.
Nella seduta finale del concilio, gli atti riportano due liste: quella iniziale delle presenze, con 152 nomi di vescovi, e quella finale delle sottoscrizioni, con i nomi di 165 vescovi. Quest'ultimo elenco è anche l'unica lista di sottoscrizioni presente in tutti gli atti conciliari.
La maggior parte dei vescovi proveniva dalle province bizantine, sottomesse al patriarcato di Costantinopoli, dell'Asia Minore nelle diocesi civili di Ponto e di Asia, mentre minori erano i rappresentanti delle diocesi di Tracia e dell'Illirico. I patriarchi di Antiochia e di Alessandria, Domnino e Apollinare, erano personalmente presenti con un proprio gruppo di vescovi, mentre il patriarca di Gerusalemme era rappresentato da tre vescovi, Stefano di Rafia, Giorgio di Tiberiade e Damiano di Sozusa. Al concilio presero parte anche alcuni vescovi dell'Africa romana, tra cui Sestiliano di Tunes in rappresentanza di Primoso di Cartagine.
Diversamente da altri concili, la lista delle sottoscrizioni del 2 giugno non rispetta l'ordine gerarchico proprio delle Chiese orientali e non presenta perciò alcuna suddivisione dei firmatari in province ecclesiastiche. Inoltre, l'assenza degli atti originali in greco, rende in alcuni casi problematico ricostruire la forma esatta del nome dei vescovi e delle loro sedi di appartenenza.[6]
Elenco dei vescovi
modificaNell'ultima seduta conciliare si trovano le uniche sottoscrizioni riportate dagli atti del concilio. La lista comprende i nomi di 165 vescovi, a cui bisogna aggiungere il vescovo Diogene di Augustopoli, il quale, pur inserito nella lista delle presenze della seduta del 2 giugno, per motivi sconosciuti non sottoscrisse o non poté sottoscrivere gli atti, che furono firmati al suo posto da Megas di Mero.[7]
L'elenco che segue, con le sedi di appartenenza di ciascun vescovo, è quello riportato nell'edizione critica degli Acta Conciliorum Oecumenicorum.[8]
- Eutichio di Costantinopoli
- Apollinare di Alessandria
- Domnino di Antiochia di Siria
- Stefano di Rafia[9]
- Giorgio di Tiberiade[9]
- Damiano di Sozusa[9]
- Benigno di Eraclea[10]
- Teodoro di Cesarea di Cappadocia
- Andrea di Efeso
- Sestiliano di Tunes[11]
- Megezio di Eraclea di Tracia
- Anastasio di Tavio[12]
- Giovanni di Ilio[13]
- Eusebio di Tiro
- Giovanni di Nicomedia
- Stefano di Nicea
- Costantino di Calcedonia
- Pietro di Tarso
- Giovanni di Cucuso[14]
- Giovanni di Cesarea di Palestina
- Pompeiano di Vittoriana
- Amazonio di Edessa
- Alessandro di Gangra
- Tommaso di Apamea di Siria
- Eufranta di Tiana
- Teodoro di Gerapoli di Siria
- Bosforio di Neocesarea del Ponto
- Giovanni di Bosra
- Filippo di Mira
- Teodoro di Seleucia di Isauria
- Giuliano di Sardi
- Teodoro di Gortina
- Eustazio di Damasco
- Teodosio di Rodi
- Teodoro di Antiochia di Pisidia
- Eulogio di Perge
- Ciriaco di Amida
- Severiano di Afrodisia
- Severo di Sinnada
- Pietro di Side
- Abramo di Sergiopoli
- Asigno di Traianopoli di Frigia[15]
- Giovanni di Adrianopoli di Emimonto
- Giovanni di Maronea
- Teodosio di Giustinianopoli di Cappadocia
- Stefano di Laodicea di Siria
- Aussano di Gerapoli di Frigia
- Eustazio di Massimianopoli
- Paolo di Eno
- Domezio di Calcide
- Eterio di Anazarbo
- Valeriano di Obba
- Dionisio di Seleucia di Siria
- Teodoro di Drizipara
- Severo di Pompeopoli
- Giorgio di Cipsela
- Crescente di Cuicul
- Romano di Gabala
- Giorgio di Giustinianopoli di Armenia
- Giovanni di Nissa
- Basilio di Camuliana
- Giovanni di Barcuso
- Sergio di Cinopoli
- Cristoforo di Arcadiopoli
- Stefano di Clisma
- Teodosio di Biblo
- Leonzio di Arca
- Giovanni di Mirina
- Alessandro di Amfipoli
- Tommaso di Berissa
- Teodoro di Leontopoli
- Emiliano di Antipirgo
- Aristodemo di Filomelio
- Talelaio di Adrianopoli di Pisidia
- Teoctisto di Eritre
- Diogeniano di Sozopoli
- Basso di Damiata
- Anatolio di Cime
- Conone di Magido
- Diogene di Crazia
- Teoctisto di Prusa
- Giorgio di Tolemaide
- Elia di Dioclezianopoli
- Teonas di Cuse
- Teodoro di Limira
- Zosimo di Antandro
- Asincrezio di Arado
- Stefano di Botri
- Filippo di Fello
- Menas di Myriangelos
- Cipriano di Corico
- Restituto di Milevi
- Tommaso di Costantina
- Teodoro di Elenopoli
- Severo di Tabe
- Teoctisto di Alicarnasso
- Tommaso di Circesio
- Sotero di Aulona
- Gennadio di Zenonopoli
- Cosma di Mallo[16]
- Dionisio di Megara
- Callinico di Opo
- Pascasio di Aegium[17]
- Erasimo di Cibira
- Sergio di Emeria
- Giovanni di Neocesarea di Siria
- Talleleo di Isinda
- Cresconio di Zattara
- Anatolio di Sebaste[18]
- Nonno di Dausara
- Stefano di Balanea
- Vittore di Sinna
- Costantino di Mideo
- Macario di Primnesso
- Megas di Mero
- Genetlio di Dorileo
- Crescituro di Bossa[19]
- Niceta di Epifania
- Alessandro di Dionisiopoli
- Pelagio di Ezani
- Gerone di Anastasiopoli[20]
- Glauco di Alia
- Procopio di Antinoe
- Pietro di Domeziopoli
- Giovanni di Colonia
- Fronimo di Sinao
- Giovanni di Dorostoro
- Uranio di Tralle
- Giovanni di Cerasa
- Macedonio di Giustinianopoli di Bitinia
- Ecdizio di Tenos
- Eulogio di Danaba
- Teodoro di Corada
- Elpidoforo di Anastasiopoli di Caria
- Curione di Dadima
- Teodoro di Laodicea di Pisidia
- Silas di Tiberiopoli
- Diogene di Augustopoli[21]
- Teodoro di Ingila
- Giuliano di Zeugma
- Dorimene di Adraa
- Giovanni di Lero
- Teodoro di Gargara
- Teodoro di Comana
- Rufino di Sebastea
- Conone di Semnea
- Ciriaco di Case
- Sisinnio di Preneto
- Giuliano di Batne
- Anastasio di Raclea
- Teodoro di Portmo
- Paolo di Stettorio
- Stefano di Amasea
- Paolo di Adraso
- Evandro di Cnido
- Menas di Scarpanto
- Eleusio di Traianopoli di Rodope
- Sabazio di Arcadiopoli
- Stefano di Dara
- Stefano di Chersoneso
- Cipriano di Adrianothera
- Giovanni di Apamea di Pisidia
- Leonzio di Amadassa
- Teodoro di Bizia
- Paolo di Anchialo
- Conone di Adriani
Per completare l'elenco dei vescovi che presero parte al concilio, a questi 166 vescovi si devono aggiungere due vescovi che non risultano tra i firmatari delle decisioni dell'ultima sessione, ma che sono inseriti nelle liste di presenza delle diverse sedute conciliari, e cioè Foca di Stobi e Fermo di Tipasa.
Note
modifica- ^ (LA) DS 411.
- ^ Sententia Adversus Tria Capitula e Quattordici Anatematismi, in Conciliorum Oecumenicorum Decreta.
- ^ Sessione ottava del 2 giugno 553, canone 2 (Denzinger-Schönmetzer 422), dove viene usata l'espressione ἀειπάρθενος, aeipàrthenos, "sempre vergine".
- ^ J. Alberigo, Perikle-P.Joannou, C. Leonardi, P. Prodi e H. Jedin, Conciliorum Oecumenicorum Decreta, Centro di Documentazione Istituto per le Scienze Religiose, Bologna 1962.
- ^ Le informazioni di questa sezione sono tratte da: Sylvain Destephen, Prosopographie chrétienne du Bas-Empire 3. Prosopographie du diocèse d'Asie (325-641), Paris 2008, pp. 42-44.
- ^ A titolo di esempio, il nome della sede del patriarca di Antiochia è stata trasmessa nella forma «Theopolitanae civitas». Chrysos, Die Bischofslisten des V. Ökumenischen Konzils, p. 25, nº 3.
- ^ Nella lista riportata da Johannes Straub nell’edizione critica degli Acta Conciliorum Oecumenicorum» vol. IV/1, è presente anche Diogene, portando il numero dei vescovi a 166. Invece in quella di Chrysos nel Die Bischofslisten des V. Ökumenischen Konzils, il suo nome è omesso.
- ^ Concilium universale Constantinopolitanum sub Iustiniano habitum, 1891, pp. 220-231. Anche: Chrysos, Die Bischofslisten des V. Ökumenischen Konzil, 1966, pp. 25-33.
- ^ a b c Rappresentante (vicem agens) del patriarca di Gerusalemme.
- ^ Rappresentante (vicem agens) del metropolita Elia di Tessalonica.
- ^ Rappresentante (vicem agens) dell'arcivescovo Primoso di Cartagine.
- ^ Rappresentante (vicem agens) del metropolita Doroteo di Ancira.
- ^ Rappresentante (vicem agens) del metropolita Euprepio di Cizico.
- ^ Rappresentante (vicem agens) del metropolita Palladio di Melitene.
- ^ Rappresentante (vicem agens) del metropolita Giovanni di Laodicea di Frigia.
- ^ Sia Straub che Chrysos attribuiscono questo vescovo alla sede di Mallo in Cilicia e non alla diocesi di Malo in Pisidia.
- ^ Sia Straub che Chrysos attribuiscono questo vescovo ad una sede Aegium in Acaia, Grecia; Le Quien invece lo inserisce tra i vescovi di Egee in Cilicia.
- ^ Straub e Chrysos attribuiscono questo vescovo alla diocesi di Sebaste di Palestina; Le Quien invece inserisce Anatolio sia nella cronotassi dei vescovi di Sebaste di Frigia sia in quella di Sebaste di Cilicia.
- ^ Gli atti riportano l'indicazione episcopus sanctae ecclesiae Bossae; l'editore tedesco Straub lo assegna alla diocesi di Bossa. Altri autori invece (Mesnage) lo assegnano alla diocesi di Boseta.
- ^ Questa sede si trovava nella Frigia Pacaziana, come riportato dalla sottoscrizione di Gerone: Hieron episcopus Anastasiopolitanorum civitatis Phrygiae Pacatianae provinciae.
- ^ Pur inserito nella lista delle presenze della seduta del 2 giugno, per motivi sconosciuti Diogene non poté sottoscrivere gli atti, che furono firmati al suo posto da Megas di Mero.
Bibliografia
modifica- J. Alberigo, Perikle-P.Joannou, C. Leonardi, P. Prodi e H. Jedin, Conciliorum Oecumenicorum Decreta, Centro di documentazione Istituto per le scienze religiose, Bologna 1962.
- H. Denzinger et A. Schoenmetzer Enchiridion Symbolorum, Herder, 1965.
- A. Amato, Gesù il Signore, EDB, Bologna, 1991.
- (DE) Evangelos Chrysos, Die Bischofslisten des V. Ökumenischen Konzils (553), Bonn 1966
- (EL, LA, DE) Concilium universale Constantinopolitanum sub Iustiniano habitum, edidit Johannes Straub, volumen primum, «Acta Conciliorum Oecumenicorum» vol. IV/1, Berolini 1971
Voci correlate
modificaCollegamenti esterni
modifica- (EN) Second Council of Constantinople, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc.
- (EN) Concilio di Costantinopoli II, in Catholic Encyclopedia, Robert Appleton Company.
- I quattordici anatemismi del Concilio, su latheotokos.it.
- (EN) Second Council of Constantinople in the Nicene and Post-Nicene Fathers, su ccel.org. URL consultato il 14 aprile 2006 (archiviato dall'url originale il 13 giugno 2006).
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