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VENEZIA 2020 Settimana Internazionale della Critica

Alessandro Rossellini • Regista di The Rossellinis

“Credo sinceramente che il film mi abbia aperto gli occhi”

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- VENEZIA 2020 Abbiamo chiacchierato con Alessandro Rossellini, regista di The Rossellinis, una co-produzione italo-lettone presentata alla Settimana Internazionale della Critica

Alessandro Rossellini • Regista di The Rossellinis

Abbiamo colto l'occasione di chiacchierare con Alessandro Rossellini, regista di The Rossellinis [+leggi anche:
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intervista: Alessandro Rossellini
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, un documentario autobiografico sul suo tormentato percorso di vita e sulla sua celebre famiglia. Il titolo, una co-produzione italo-lettone, è il film di chiusura della Settimana Internazionale della Critica di quest'anno.

Cineuropa: Com'è nato il progetto?
Alessandro Rossellini: Il progetto è nato in un momento personale - anche di difficoltà economica - come un'idea per sbarcare il lunario, glielo dico molto sinceramente. Parallelamente, venivo fuori da qualche anno dalla tossicodipendenza e mi stavo ponendo delle domande. Avevo fatto terapia, gruppi di autoaiuto ed ero pronto ad un confronto con la mia famiglia. Così ho concepito il racconto su queste due basi: il bisogno di confronto personale e per mia necessità. Pensavo di avere una buona idea: ho questa grande famiglia in giro per il mondo e si prestava bene a diventare il soggetto per un documentario.

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Nel corso della lavorazione, quali sono state le maggiori difficoltà riscontrate?
Ho incontrato Raffaele Brunetti [il produttore della B&B film] e ho riscontrato le difficoltà che di solito arrivano sempre, ovvero scrivere un progetto che venga compreso dalle possibili emittenti e dai possibili distributori e cercare i finanziamenti, il più grande problema per chi fa documentari.

Com'è entrato in contatto con la VFS Films [il co-produttore lettone?]?
Tramite Raffaele Brunetti. Raffaele e Uldis Cekulis [il fondatore della VFS Films] sono grandi amici, avevano già lavorato insieme. Sono due società solide che stanno crescendo e hanno deciso di unirsi anche in questo progetto. Mi sono trovato benissimo con entrambi i produttori. Sento di aggiungere un'altra cosa: avevo molta poca esperienza, quindi avevo bisogno di alleati nella scrittura, nel montaggio ma anche nella co-regia, poiché ero spesso davanti alla camera. Mi sono affidato a Raffaele per farmi circondare di una serie professionisti che mi potessero aiutare nella costruzione della storia, nell'assemblaggio e nel confezionamento del prodotto.

Quant'è durata tutta la lavorazione, dall'idea al rilascio?
Ormai stiamo andando verso il sesto anno. Dal momento in cui l'ho concepito ero ospite presso una casa d'amici – all'epoca non potevo permettermi l'affitto di una casa – fino ad oggi. Per fortuna poi tante cose sono cambiate. Ora posseggo una casa.

I suoi familiari hanno visto il film? Come hanno reagito?
L'hanno visto, certamente. Le reazioni sono state di vario genere. A mio padre è piaciuto. Robertino su certe cose era d'accordo. Isabella - e soprattutto Ingrid - all'inizio si sono molto risentite per una visione abbastanza critica su mio nonno e si sono sentite anche loro un po' attaccate. Abbiamo poi trovato però il modo di venirci incontro. Io ho continuato a fare quello che penso sia un documentario onesto, senza entrare in un contrasto troppo duro con le persone a cui volevo bene.

Com'è cambiato il suo rapporto con la famiglia?
Credo sinceramente che il film mi abbia aperto gli occhi. Sento che il film sia stato per me realmente terapeutico perché, più di qualsiasi altra cosa, ho rivisto il mio approccio a determinati problemi, mi ha fatto fare delle riflessioni e mi ha portato a fare pace con alcuni aspetti di me stesso. Alla fine ha portato anche un po' di crescita, di emancipazione dal mio retaggio familiare.

Ha collaborato con Fellini, con Lynch, con Scorsese. Cosa può raccontare di quelle esperienze?
Con Scorsese e Fellini ero giovanissimo. Ho incominciato più ad essere un giovane professionista con Lynch, con il quale ho fatto il pilota di Twin Peaks e Cuore selvaggio. Lì ho fatto il fotografo di scena con un'altra ragazza e poi lavorato soprattutto in produzione. È stato molto divertente. Lynch è una persona con un grande carisma, molto affettuoso, molto simpatico. Mi regalava a fine settimana, oltre alla paga, 100 dollari per portare fuori a cena tutti quanti gli assistenti di produzione a sue spese.

C'è stato un momento in cui ha pensato di non poter proseguire nel progetto?
Mai. Devo dire che è andato tutto in maniera sorprendentemente fluida. Ho avuto una crisi di vedute con una persona con cui ho scritto il soggetto, dopodiché abbiamo deciso di interrompere la collaborazione e Brunetti mi ha affiancato Andrea Paolo Massara, un giovane sceneggiatore brillante e da lì il progetto è decollato. Tutto è andato nel migliore dei modi.

Sta già lavorando su altri progetti?
Ho un'idea difficile ed ambiziosa, che unisce queste mie esperienze personali sul lavoro. Io sono un counsellor riabilitativo per quanto riguarda la tossicodipendenza. Vorrei fare un documentario di otto puntate durante il quale spiego sia cos'è la tossicodipendenza, lavorando con i tossicodipendenti, sia come si fa ad uscirne. Il progetto è in fase di scrittura.

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